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mercoledì 31 ottobre 2018
L’isola sulla terra di Edoardo Micati (I Libri di Icaro)
L’Isola in Terra è
un’isola che non vede il mare che pure gli è vicino. L’autore l’ha pensata per
quarant’anni girando per la Puglia e la Basilicata come agente di commercio.
Qui ha fatto nascere Scarfagnano, una cittadina costruita prendendo dai suoi
ricordi i piccoli paesi, vie intere o una singola casa, una piazza, un
castello, bar, osteria, chiesa, ecc. ecc. , insomma parti di territorio legate
a fatti e avvenimenti, e l’ha popolata con tutte le persone care conosciute,
pure quelle meno simpatiche, gli amici con i quali spesso ci scappava la
partita a scopa o a tressette, seduti attorno a un traballante tavolino del
caffè del paese. Spesso, le partite s’interrompevano nel momento in cui il
barbiere, il salumiere, il farmacista, o il solito nullafacente, sempre
disponibile, attaccava a contare li cunti. Storie piccanti, sarcastiche, di
spasso nel caso dei guai capitati al bello del paese, di sdegno per
l’assassinio d’un certo Pantaleo, divertenti per le disavventure capitate al
podestà ed ai suoi avanguardisti, misteriose come quella della Luna di Maometto
ecc. ecc. E ogni storia finiva con la solita frase: …. e t’aggiu cuntatu lu
cuntu.
Tutte le volte che ne
ascoltava una nuova, mentre era solo nell’auto pensava: quando smetterò con
questo lavoro scriverò un libro…
Leggiamo di vicende che
si snocciolano dal 1933 fino a giungere ai giorni nostri. Il fascismo, la
caduta del regime, gli anni del benessere e della democrazia, tenuti insieme da
una scrittura dialogativa che tesse trame e sempre si volge al finale
“curioso”, ironico.
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martedì 30 ottobre 2018
Di me e degli altri di Lucia Iovino (collana Z, curata da Nicola Vacca) euro 10
Gentile e severa è la
voce di Lucia Iovino in Di me e degli altri. Certa che nell’Io si assuma il
cosmo e che dunque “gli altri” non siano, come asseriva Sartre, l’inferno, ma
lo specchio franto di cui ogni scheggia è pixel della propria immagine, Lucia
Iovino non soccombe alla tentazione di Narciso, non affoga nel proprio riflesso
ma combina sé stessa nella Moltitudine cantata da Whitman. Dunque quello che ci
propone giammai sarà un selfie modarolo, catturato dalla precarietà di un
social che è cortile di tutti e di nessuno, quanto un vero e proprio
autoritratto deliberato in un Io plurale, dove i versi ambiscono a farsi tinta,
a restituire il senso profondo del colore sfidando l’impossibilità del dire che
è l’eterno agone della poesia (…nel giallo del sole, \dove il nero e il bianco si
perdono; Il verde di un varco \sui confini di una identità \perché la libertà non
sia solitudine; …Il rosso dell’arte \che incendia una tela.). Il NOI si
esplicita come empatia vitale. È una indulgenza materna che desume del prossimo
la gioia e il dolore per restituirli in versi, liberi e compatti, come piccoli
grandi doni che risarciscano di quella vita che deve diventare esistenza
(Finisce la vita \ comincia l’esistenza). La vita per Lucia Iovino è cosa
“terribile e meravigliosa” (Navigo a vista \sul mio veliero di emozioni
\tenendo la, \concretezza e lucidità, \rotta fra nebbia e follia solcando le
tempeste e le lagune \della mia terribile, splendida vita) e si declina in
anafore che sciolgono mantra per impetrare la felicità e rendere ragione della
sofferenza secondo l’idea orientale del duale, yin e yang, il Bene e il Male,
il bianco e il nero (La vita è un gioco di vuoto e pieno) che affinché la vita
sussista devono coesistere. (Antonella Del Giudice)
Lucia Iovino è nata a Torre
Annunziata. Ha lavorato nella scuola ma la poesia è da sempre la sua passione. Questo
è il suo primo libro.
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Benvenuti a Cipìernola ovvero: Don Fefè e Ciccillo coinvolti nell'intricata vicenda che riguardò la gatta immobile Brici, la lotta di classe, la Sacra Reliquia di Sant'Antonio Abate e la cacciata del Satanasso Gasparotto di Giuse Alemanno ( I libri di Icaro)
Quella del “Don Fefè” di Giuse Alemanno, comincia
ad assumere i connotati di una vera e propria “saga”. “Benvenuti a Cipìernola”,
infatti, è il naturale prosieguo del noto “Le vicende notevoli di Don Fefè”,
nobile sciupafemmine e grandissimo figlio di mammaggiusta e del suo fidato
servitore Ciccillo”. Sono trascorsi cinque anni dal debutto del personaggio di
Felice Rizzo Torregiani Cìmboli, da tutti chiamato Don Fefè, e della sua
Cipìernola sulla scena letteraria. Ed eccolo che ritorna, e con lui vicende
sempre giocate sulla linea del paradosso e dell’humor, soprattutto linguistico.
Qui la storia fa capolino, anzi irrompe a gamba tesa, e del Novecento, di
quello nostro soprattutto, leggeremo le pagine più belle ed eroiche.
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