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mercoledì 25 giugno 2025

Chucky: L’Anima Nera di una bambola che ha Conquistato il Cinema Horror

 Immaginate un negozio di giocattoli, luci al neon che sfarfallano, un criminale in fuga e un rituale voodoo che dà vita a uno degli antagonisti più iconici della storia del cinema horror. La bambola assassina (Child’s Play, 1988) non è solo un film, ma un fenomeno culturale che ha trasformato un innocuo bambolotto dai capelli rossi in un simbolo di terrore. Come esperto di cinema, vi porto dentro la genesi di Chucky, un villain che, con un ghigno malefico e una scia di sangue, ha saputo conquistare il pubblico e lasciare un’impronta indelebile nel genere.

Un’Idea Geniale: Il Male in Formato Tascabile
La premessa di La bambola assassina è tanto semplice quanto geniale: Charles Lee Ray, un serial killer braccato dalla polizia di Chicago, si ritrova morente in un negozio di giocattoli. Con un ultimo colpo di scena, usa un rituale voodoo per trasferire la sua anima in un bambolotto “Chucky Bello”, un giocattolo dal sorriso inquietante pensato per essere il regalo perfetto. Da qui parte una spirale di omicidi, tradimenti e caos, con il piccolo Andy Barclay, il bambino che riceve Chucky come regalo di compleanno, al centro di un incubo che nessuno, nemmeno la polizia, vuole credere reale.
Il film, diretto da Tom Holland (nessuna parentela con l’attore di Spider-Man!) e scritto da Don Mancini, gioca su un terrore primordiale: la corruzione dell’innocenza. Un giocattolo, simbolo di gioia infantile, diventa un mostro assetato di sangue. È un’idea che colpisce dritto al cuore, sfruttando la nostra paura di ciò che sembra familiare ma nasconde un lato oscuro. E Chucky, con la sua risata stridula e i suoi occhi di plastica che sembrano guardarti davvero, incarna alla perfezione questo contrasto.
Un Successo Costruito con Sangue e Ingegno
La bambola assassina non è solo un film horror, ma un piccolo miracolo produttivo. Realizzato con un budget modesto di circa 9 milioni di dollari, incassò oltre 44 milioni al botteghino, un trionfo che convinse la Universal a rilevare i diritti dopo che la MGM, spaventata dalle proteste dei “benpensanti” che vedevano nel film un’istigazione alla violenza, abbandonò il progetto. La Universal, con il fiuto per gli affari, trasformò Chucky in una gallina dalle uova d’oro, producendo cinque seguiti (e poi altri ancora, fino alla recente serie TV).
Ma cosa rendeva Chucky così speciale? In parte, la sua fisicità. Per le scene più complesse, il bambolotto fu realizzato in ben 10 esemplari diversi, ognuno progettato per esigenze specifiche: alcuni per movimenti meccanici, altri per primi piani. Incredibilmente, in alcune sequenze, Chucky fu interpretato da una piccola attrice in carne e ossa, la sorella del giovane Alex Vincent (Andy), per dare un tocco di realismo ai movimenti. Questo mix di animatronica, effetti pratici e creatività manuale è ciò che dà al film un fascino artigianale, lontano dalla CGI moderna ma incredibilmente efficace.
Un Villain con Personalità
A rendere Chucky memorabile non è solo la sua natura di bambola posseduta, ma la sua personalità. Doppiato da Brad Dourif, Charles Lee Ray infonde a Chucky un carisma perverso: è volgare, sarcastico, e ha un’energia quasi anarchica. Non è un mostro silenzioso come Jason Voorhees o Michael Myers; Chucky parla, insulta, e pianifica con una malizia che lo rende quasi umano. È un cattivo che ti fa ridere e rabbrividire allo stesso tempo, una combinazione rara che lo ha reso un’icona al pari di Freddy Krueger.
La storia si arricchisce di tensione psicologica: il piccolo Andy, interpretato con sorprendente naturalezza da Alex Vincent, è costretto a confrontarsi con un mondo adulto che non gli crede. La scena in cui Chucky martella la babysitter o quella in cui costringe Andy a portarlo dall’ex socio per farlo esplodere sono momenti che mescolano orrore e dramma, mettendo in luce il terrore di un bambino intrappolato in un incubo che nessuno capisce.
Un’eredità che Non Muore
Il finale, con il detective Norris che pianta una pallottola nel cuore di Chucky, sembra chiudere la storia, ma il film ci insegna che la morte, per un’anima come quella di Charles Lee Ray, è relativa. La magia voodoo, il desiderio di trasferire la sua anima nel corpo di Andy, e la scia di cadaveri lasciata lungo il cammino sono solo l’inizio. I cinque seguiti (e oltre) hanno ampliato l’universo di Chucky, portandolo da horror puro a una miscela di gore e umorismo nero, con titoli come La sposa di Chucky che hanno abbracciato il lato più autoironico del personaggio.
Ma il vero successo di La bambola assassina sta nella sua capacità di parlare a più livelli. È un film che spaventa, certo, ma è anche una riflessione sul potere della credulità e sull’innocenza violata. Chucky non è solo un mostro; è il simbolo di un male che si nasconde dietro una facciata rassicurante, un tema che risuona ancora oggi.
Perché Guardarlo Oggi?
Se sei un appassionato di horror, La bambola assassina è un must. Non solo per la sua importanza storica, ma per il suo ritmo serrato, i suoi effetti pratici e la performance indimenticabile di Brad Dourif. È un film che sa essere spaventoso senza prendersi troppo sul serio, e il suo successo al botteghino dimostra che il pubblico, nel 1988 come oggi, ama essere terrorizzato da qualcosa di così apparentemente innocuo come un bambolotto.
Se ami l’arte, apprezzerai il lavoro artigianale dietro Chucky; se cerchi emozioni forti, troverai scene che ti faranno sobbalzare; e se vuoi solo divertirti, il mix di horror e umorismo ti conquisterà. E tu, sei pronto a giocare con Chucky? O preferisci tenere i giocattoli a distanza di sicurezza?




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martedì 24 giugno 2025

Creepshow: l’orrore a fumetti che ti striscia sottopelle

 


















Se c’è una cosa che gli anni ’80 ci hanno regalato, è quel mix irresistibile di horror, umorismo nero e un pizzico di nostalgia per i fumetti che odoravano di cantina. Creepshow (1982), diretto da George A. Romero con una sceneggiatura firmata dal maestro Stephen King, è proprio questo: un’antologia di cinque storie macabre, ispirate ai leggendari comic book EC Comics degli anni ’50 e ’70, che ti fanno rabbrividire e ridere nello stesso momento. È un film che sembra scritto da un gruppo di amici in una serata di Halloween, con una birra in mano e una torcia sotto il mento. E, credetemi, è un viaggio che ogni amante del genere dovrebbe fare almeno una volta.
Un omaggio ai fumetti dell’orrore
Creepshow non è solo un film, è una lettera d’amore ai fumetti horror come Tales from the Crypt. La struttura a episodi, incorniciata da un prologo con un giovane Joe King (sì, il figlio di Stephen!) che si ribella al padre censore, ci catapulta in un mondo dove ogni storia è un racconto dello Zio Tibia – o, per noi italiani cresciuti con Italia Uno, di quel telefilm che ci faceva venire gli incubi ma non riuscivamo a smettere di guardare. Ogni episodio è un mix di noir, splatter e dark comedy, con quel tocco di esagerazione che rende l’orrore quasi… giocoso. E poi ci sono i dettagli: un cavallo di vetro e un portacenere che spuntano in ogni segmento, come Easter egg per i più attenti.
Le storie: un cocktail di brividi e risate
  1. La festa del papà
    Immaginate un padre tirannico che torna dalla tomba per reclamare la sua torta di compleanno. Sette anni dopo essere stato ucciso dalla figlia, questo patriarca zombie non è esattamente in cerca di abbracci. È un episodio che mischia vendetta e grottesco, con un finale che ti strappa un ghigno. Perfetto per aprire le danze.
  2. La morte solitaria di Jordy Verrill
    Qui Stephen King si ritaglia un ruolo da protagonista, interpretando un contadino un po’ tonto che trova un meteorite nel suo giardino. Spoiler: non è il biglietto vincente della lotteria. La “sostanza” che fuoriesce dal meteorite dà vita a una trasformazione… verde e rampicante. King è esilarante nel suo eccesso, e l’episodio è un mix di body horror e umorismo camp che ti resta incollato addosso.
  3. La marea ti sommergerà
    Leslie Nielsen, sì, quello di Una pallottola spuntata, qui è un marito tradito che architetta una vendetta crudele seppellendo la moglie e il suo amante sulla spiaggia, lasciando che la marea faccia il resto. Ma, come recita il detto, “a volte ritornano”. È un episodio teso, con un Nielsen sorprendentemente inquietante e un finale che sa di giustizia ultraterrena.
  4. La cassa
    Una cassa misteriosa, nascosta per oltre un secolo, contiene qualcosa di affamato e feroce. Per un marito stanco della moglie petulante, potrebbe essere la soluzione perfetta. Con un cameo della moglie di John Carpenter (e la cassa indirizzata a un certo “Juan Carpenter” – strizzata d’occhio!), questo segmento è un racconto di avidità e ironia, con un mostro che non dimenticherai facilmente.
  5. Ti strisciano addosso
    Il mio preferito, e non solo perché sono un fan della dark comedy. Un maniaco della pulizia vive in un appartamento sterile come un’astronave, ma il suo incubo peggiore – un’invasione di scarafaggi – diventa realtà. E che realtà: 25.000 scarafaggi veri furono usati per le riprese (e poi, ahimè, gasati). Questo episodio è un trionfo di disgusto e ironia, ma attenzione: l’edizione cinematografica è stata tagliata, quindi cercate la versione in videocassetta per godervelo appieno.
Perché guardarlo oggi?
Creepshow non è solo un film horror, è un’esperienza. È il tipo di film che guardi con gli amici, con una pizza e un po’ di birre, ridendo delle esagerazioni e sobbalzando nei momenti giusti. La regia di Romero è solida, con un uso di colori vivaci e transizioni a fumetto che rendono ogni scena un quadro. La sceneggiatura di King, poi, è puro divertimento: ogni storia ha quel tocco di morale contorta tipica dei suoi racconti, ma senza prendersi troppo sul serio.
E poi c’è il cast: oltre a King che si diverte un mondo, abbiamo Ted Danson, Hal Holbrook, Adrienne Barbeau e persino E.G. Marshall che combatte contro un’orda di scarafaggi. È un film che trasuda passione per il genere, e si sente.
Curiosità per i fan
  • Scarafaggi a bizzeffe: L’ultimo episodio è un incubo per chi ha la fobia degli insetti. Quei 25.000 scarafaggi? Reali. E il set doveva essere un inferno.
  • Cameo di famiglia: Joe King, il bimbo del prologo, è il figlio di Stephen. E la moglie di John Carpenter è la protagonista de La cassa.
  • Easter egg: Cercate il cavallo di vetro e il portacenere in ogni episodio. Sono come il marchio di fabbrica del film.
  • Zio Tibia vibes: Se siete cresciuti con i telefilm horror di Italia Uno, questo film vi farà sentire a casa.

Creepshow è un gioiellino per chi ama l’horror con un sorriso. Non è il film più spaventoso del mondo, ma non vuole esserlo: è un rollercoaster di storie che ti fanno rabbrividire, ridere e, a volte, coprire gli occhi. Se siete fan di Stephen King, di Romero o semplicemente dei fumetti horror, non potete perdervelo. E se lo guardate, fatelo con la versione integrale – quegli scarafaggi meritano tutto il loro spazio.

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