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domenica 29 giugno 2025

Halloween II: Il terrore continua, tra legami di sangue e omaggi horror

Immaginatevi il 1981. Dopo il successo di Halloween - La notte delle streghe, John Carpenter passa il testimone della regia a Rick Rosenthal, ma resta nell’ombra come produttore, sceneggiatore e, ovviamente, genio dietro l’iconica colonna sonora. Halloween II riparte esattamente dove il primo film ci aveva lasciati, con il cuore che ancora batte all’impazzata: Michael Myers, l’implacabile assassino mascherato, è svanito nel nulla dopo che il dottor Sam Loomis (Donald Pleasence) gli ha sparato sei colpi, salvando la giovane Laurie Strode (una Jamie Lee Curtis ancora agli albori della sua carriera da scream queen). Ma, come ogni fan dell’horror sa, la morte in queste saghe è un concetto... relativo.
La trama: un gioco di famiglia e sangue
Halloween II si apre con una Laurie sotto shock, trasportata d’urgenza in un ospedale di Haddonfield dopo il massacro della notte di Halloween. Qui, mentre è sotto l’effetto di anestetici, frammenti della sua infanzia riaffiorano, svelando un colpo di scena che cambia tutto: Laurie è la sorella minore di Michael Myers, adottata dagli Strode dopo che il fratello, da bambino, aveva già mostrato il suo lato oscuro uccidendo la sorella maggiore. Questo legame di sangue diventa il motore della furia di Myers, che si lascia dietro una scia di cadaveri (dieci, per la precisione) mentre si dirige verso l’ospedale per finire ciò che ha iniziato.
L’atmosfera del film è claustrofobica: l’ospedale, con i suoi corridoi deserti e le luci al neon, diventa un labirinto di terrore. Myers, silenzioso e inarrestabile, è una forza della natura che trasforma ogni angolo in una minaccia. Una delle scene più memorabili, un omaggio a Profondo rosso di Dario Argento, vede un’infermiera annegata in una vasca di acqua bollente – un’immagine tanto cruda quanto visivamente potente, che testimonia l’influenza del cinema italiano sull’horror americano.
Laurie e Loomis: un duo contro il male
Jamie Lee Curtis, costretta a indossare una parrucca per ritrovare la chioma del primo film (eh sì, si era tagliata i capelli nel frattempo), dà vita a una Laurie vulnerabile ma astuta, che nel finale dimostra di avere più risorse di quanto sembri. Il dottor Loomis, con il suo mix di ossessione e eroismo, si conferma un personaggio chiave: il suo sacrificio per salvare Laurie, intrappolando Myers in un’esplosione infuocata, è uno di quei momenti che ti fanno trattenere il fiato. Ma, come il film ci ricorda con un ghigno, “morire” per Michael Myers è solo un inconveniente temporaneo.
Perché guardarlo?
Halloween II non raggiunge le vette dell’originale – il primo Halloween di Carpenter è un capolavoro di tensione e minimalismo – ma ha il suo fascino. La regia di Rosenthal, pur meno ispirata, mantiene un ritmo serrato, e la colonna sonora di Carpenter, con quel tema ormai leggendario, continua a far accapponare la pelle. Il film approfondisce il mito di Myers, aggiungendo il twist del legame familiare che, pur criticato da alcuni fan per la sua audacia, dà una nuova dimensione alla saga.
Se amate l’horror anni ’80, con il suo mix di gore, suspense e quel tocco di ingenuità artigianale, Halloween II è una tappa obbligata. È un film che sa di popcorn, urla e notti insonni, perfetto per chi cerca un viaggio nel terrore puro, senza fronzoli. E poi, diciamocelo: chi non vorrebbe vedere Jamie Lee Curtis affrontare il “boogeyman” ancora una volta?
Curiosità per i cinefili:
  • Il conteggio dei morti (10) è un bel salto rispetto al primo film, ma resta “contenuto” per gli standard degli slasher successivi.
  • L’omaggio a Dario Argento non è casuale: Carpenter era un grande ammiratore del maestro italiano, e il richiamo a Profondo rosso è un piccolo regalo per gli intenditori.
  • La parrucca di Jamie Lee Curtis? Un dettaglio che fa sorridere, ma dimostra quanto il film tenesse alla continuità visiva con il predecessore



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La Mosca di David Cronenberg: un incubo kafkiano tra scienza e orrore

Immaginate di essere uno scienziato brillante, sul punto di cambiare il mondo con un’invenzione che sfida le leggi della fisica. Ora immaginate che, per un errore minuscolo, un intruso insignificante come una mosca, il vostro sogno si trasformi in un incubo grottesco. Questo è il cuore pulsante di La Mosca (1986), il capolavoro di David Cronenberg che prende il racconto fantascientifico de Lo strano esperimento del dottor K (1958) e lo trasforma in un viaggio viscerale, psicologico e profondamente umano. Come un amico che vi racconta un film che lo ha scosso, vi porto dentro questo cult dell’horror, un’opera che mescola scienza, amore e terrore in un cocktail indimenticabile.
Un genio, una mosca, un disastro
Jeff Goldblum, con il suo carisma nervoso e il fascino da nerd eccentrico, dà vita a Seth Brundle, uno scienziato che ha creato i telepods, capsule di teletrasporto che sembrano uscite da un sogno cyberpunk (e, curiosità, ispirate ai cilindri della Ducati di Cronenberg!). La sua invenzione attira l’attenzione di Veronica Quaife (Geena Davis, intensa e vulnerabile), una giornalista che fiuta la storia del secolo. Tra i due nasce una storia d’amore, ma il vero dramma esplode quando Seth decide di testare il teletrasporto su se stesso. Tutto sembra andare per il meglio, finché non si scopre che una mosca era nella cabina con lui. Da lì, il film si trasforma in una discesa agli inferi.
Il DNA umano e quello dell’insetto si fondono, dando il via a una metamorfosi tanto fisica quanto psicologica. All’inizio, Seth sembra potenziato: è più forte, instancabile, con un appetito vorace (non solo per il cibo, ma anche per… beh, lo sapete). Ma presto, il suo corpo inizia a tradirlo: la pelle si squama, i denti cadono, e quello che emerge è un mostro che sembra uscito da un quadro di Francis Bacon. Cronenberg non ci risparmia nulla: le scene di trasformazione, con un trucco prostetico che richiese fino a 5 ore di applicazione su Goldblum, sono tanto disgustose quanto affascinanti. È un horror che non si limita a spaventare, ma ti fa sentire il peso della perdita di umanità.
Un horror che parla di noi
Perché La Mosca è così potente? Non è solo un film di mostri. È una meditazione kafkiana sulla fragilità dell’identità e sul prezzo dell’ambizione. Seth Brundle non è solo uno scienziato che gioca a fare Dio; è un uomo che, come tutti noi, cerca di lasciare un segno nel mondo. La sua trasformazione è una metafora brutale: quante volte ci siamo persi nel perseguire un obiettivo, sacrificando ciò che ci rende umani? Cronenberg, il maestro del body horror, esplora il confine tra mente e corpo, tra ciò che siamo e ciò che temiamo di diventare. E lo fa con una sensibilità psicanalitica che rende ogni scena un pugno nello stomaco.
Geena Davis, poi, è il cuore emotivo del film. Veronica non è solo la “fidanzata” del protagonista: è una donna che assiste impotente alla disgregazione dell’uomo che ama, mentre porta in grembo il frutto di un amore ormai mostruoso. La scena onirica in cui Cronenberg stesso appare come un ostetrico che mostra a Veronica il “bambino-mosca” è puro incubo, un’immagine che ti si pianta nella mente e non ti lascia più.
Un remake che supera l’originale
Rispetto al film del 1958, dove il dottor K si ritrovava con una testa da mosca e la mosca con una testolina umana (un’immagine più bizzarra che spaventosa), il remake di Cronenberg alza la posta. Grazie ai progressi nel trucco e agli effetti speciali, la trasformazione di Brundle è graduale, credibile e straziante. Ogni fase della metamorfosi è un’opera d’arte: dal corpo ancora umano ma “sbagliato” alla creatura finale, un ibrido che sembra un mostro della palude. Non a caso, il film vinse un Oscar per il miglior trucco, un riconoscimento meritato per un lavoro che ancora oggi regge il confronto con la CGI moderna.
Perché guardarlo oggi?
Se cercate un film che vi spaventi, vi commuova e vi faccia riflettere, La Mosca è una scelta perfetta. È horror, sì, ma è anche una storia d’amore tragica, una parabola sulla hybris scientifica e un’esplorazione della nostra paura di perdere noi stessi. Cronenberg dirige con una precisione chirurgica, e Goldblum e Davis offrono interpretazioni che restano impresse. È un film che ti fa rabbrividire, ma anche pensare: cosa faresti se il tuo sogno più grande ti trasformasse in un mostro?




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