FATE FOGLI DI POESIA,
POETI (manifesto poetico di Antonio Leonardo Verri)
Cominciate, poeti, a
spedire fogli di poesia
Ai politici, gabellieri d’allegria
A chi ha perso l’aria di
studente spaesato
A chi ha svenduto lo
stupore di un tempo
Le ribalte del non
previsto,
ai sindacalisti, ai
capitani d’industria
ai capitani di qualcosa,
usate la loro stessa
lingua
non pensate, promettete
…”disarmateli” se potete!
(al diavolo le eccedenze,
poeti
Le care eccedenze, le
assenze anche,
i passeri di tristezza, i
rapimenti
i pendoli fermi, i voli
mozzi, i sigilli
le care figure accostate
al silenzio
gli addentellati, i
germogli, gli abbagli…
al diavolo, al diavolo…)
disprezzate i nuovi eroi,
poeti
cacciateli nelle secche
del mio gazebo oblungo
(ricco di umori
malandrini, così ben fatto!)
Fatevi anche voi un
gazebo oblungo
Chiudeteci le loro parole
di merda
I loro umori, i loro
figli, il denaro
Il broncio delle loro
donne, le loro albe livide.
Spedite fogli di poesia,
poeti
Dateli in cambio di poche
lire
Insultate il damerino,
l’accademico borioso
La distinzione delle sue
idee
La sua lunga morte,
fatevi poi dare un
teatro, un qualcosa
raccontateci le cose più
idiote
svestitevi, ubriacatevi,
pisciate all’angolo del locale
combinate poi anche voi
un manifesto
cannibale nell’oscurità
riparlate di morte, dite
delle baracche
schiacciate dal cielo
torvo, delle parole di Picabia
delle rose del Sud, della
Lucerna di Jacca
della marza per l’innesto
della tramontana greca
che viene dalla Russia
del gallipolino piovoso
(angolo di Sternatia)
dell’osteria di De Candia
(consacratela a qualcosa!).
osteggiate i Capitali
Metropolitani, poeti
i vizi del culto. Le dame
in veletta, i “venditori di tappeti”
i direttori che
stupiscono, i direttori di qualcosa,
i burocrati, i falsi
meridionalisti
(e un po’ anche i veri) i
surrogati
Le menzogne vendute in
codici, l’urgenza dei giorni sfatti,
non alzatevi in piedi per
nessuno, poeti
… se mai odorate la madre
e il miglio stompato
Le rabbie solitarie, le
pratiche di rivolta, il pane.
Ecco. Fate solo quello
che v’incanta!
Fate fogli di poesia,
poeti
Vendeteli e poi
ricominciate.
Fatevi disprezzare,
dissentite quanto potete
Fatevi un gazebo oblungo,
amate
Gli sciocchi artisti
beoni, i buffoni
Le loro rivolte senza
senso
Le tenerezze di morte, i
cieli di prugna
Le assolutezze, i
desideri di volare, le risorse del corpo
I misteri di donna
Catena.
Fate fogli di poesia,
poeti,
vendeteli per poche lire!
Il manifesto di Antonio
Leonardo Verri l’ho fatto da sempre mio, nell’agire poesia, nell’ascoltare
poesia, nel pubblicare poesia, nel condividere poesia, nell’assaporare poesia,
nel pensare poesia come fine e mezzo di scandaglio sociale, di critica, di arma
potente e devastante contro tutte le mimesi possibili ed immaginabili del
nostro vivere culturale quotidiano, fuori e dentro il mainstream. Il manifesto
di Antonio Leonardo Verri l’ho fatto da sempre mio, anche quando ho deciso di
diventare un editore, forse incautamente, forse nel migliore dei modi possibili
che ho potuto realizzare (non certo in uno dei migliori mondi possibili come
avrebbe detto Spinoza). Ed eccomi ogni tanto a rileggermelo questo testamento
di Verri, che poi tutto è tranne che un testamento, visto che i sepolcri
imbiancati lui, li odiava a morte. E nel sorprendermi a immaginare un Antonio
ancora vivo oggi alle mie latitudini (in quel Salento odiato/amato dal
futurista Vittorio Bodini, dagli irregolari e s/regolati Salvatore Toma e Claudia
Ruggeri solo per citarne alcuni) che incanta con i suoi progetti editoriali e
regala sogni a poeti e narratori, che hanno il sapore del pane sotto la neve
in ogni parola che mettono nero su bianco … penso al valore della Poesia,
per me dico … solo per me, rintanato nella mia piccola officina delle parole
che si chiama I Quaderni del Bardo Edizioni. Lascio ai manuali di storia della
letteratura e di teoria della letteratura, tutte le possibili e plausibili
spiegazioni di cosa sia stata, di cosa è e di cosa sarà la Poesia. La Poesia
deve ritornare ad uno stato magico (dove la parola crea e modifica la realtà),
deve cominciare a risporcarsi le mani della materia dei sogni, confezionarli,
regalarli, farne dono di condivisione non ex cathedra, ma in circolo, anzi in
un circolo ermeneutico che porti sollievo e innalzi lo spirito dinanzi alle
miserie delle derive quotidiane. La Poesia deve cominciare a essere Veglia e
Sveglia tra la gente, che punti l’indice, che scenda in campo, che sbatta i
pugni sul tavolo, che sia monito e ammonimento, che sputi la verità fuori dei
denti, fuori dai salotti letterari, fuori dalla accademie, fuori dal mercato
dei soliti noti, fuori dalle colonne di un giornale. Non so quale abito abbia
indossato quando ho deciso il mestiere che avrei fatto con orgoglio da grande,
ma di certo non quello dell’editore. Forse un saio, una clamide, una veste
sacerdotale o un semplice grembiule da sguattero. La Poesia, per me lo è, una
missione quasi sacerdotale, sacra, perché sacro è il suo dire e il suo agire,
il suo stare con, il suo essere per, il suo divenire tra ,,. E allora i poeti
non cerchino solo gli allori, i concorsi letterari, gli editori non scelgano
solo il business, il packaging, il marketing, e la bella recensione, siano
cercatori del vero e dell’autentico, del comunicare senza peli sulla lingua,
accontentandosi delle briciole semmai solo per tirare a campare, poi per il
resto siano sempre più esigenti di amore, abbracci, tenerezze, affinità
elettive, buoni propositi mettendo la propria vita a disposizione del lettori
deboli, dei lettori forti, dei non lettori, del prossimo imparandolo ad amare
come la parte più bella di sé!
L'immagine è un ritratto ad Antonio Leonardo Verri realizzato dall'artista Antonio Massari
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