Se vi dico Hannibal Lecter, probabilmente la vostra mente vola subito a Anthony Hopkins, con quel suo sguardo glaciale e il ghigno sardonico ne Il silenzio degli innocenti. Ma c’è un altro Lecter, più sottile, più insinuante, che ha fatto il suo debutto sul grande schermo anni prima, in un thriller che è una gemma nascosta degli anni ’80: Manhunter - Frammenti di un omicidio (1986), diretto da Michael Mann. Questo film, tratto dal romanzo Red Dragon di Thomas Harris, è un viaggio teso e ipnotico nella mente di due predatori – uno dietro le sbarre, l’altro a piede libero – e di un uomo, Will Graham, che rischia di perdere sé stesso per catturarli. Se amate i thriller psicologici che vi tengono incollati allo schermo, questo è un capolavoro che merita di essere riscoperto.
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sabato 21 giugno 2025
Manhunter - Frammenti di un omicidio: il thriller che ha dato vita a Hannibal Lecter
Un thriller che pulsa di tensione
La storia segue Will Graham (William Petersen, il futuro Grissom di CSI), un profiler dell’FBI con un talento inquietante: riesce a pensare come i serial killer, a entrare nelle loro menti contorte. Ma questo dono ha un prezzo. Dopo aver catturato il brillante e mostruoso Hannibal Lecter (qui interpretato da un superbo Brian Cox), Will si è ritirato, segnato nel corpo e nell’anima. Ora, però, un nuovo assassino, soprannominato “Denti di Fata” (Tom Noonan), sta seminando il terrore, uccidendo intere famiglie con un rituale macabro e inspiegabile. Per fermarlo, Will deve tornare in azione e, contro ogni buonsenso, chiedere aiuto proprio a Lecter, il suo vecchio mentore diventato mostro.
Manhunter non è solo un gioco del gatto col topo: è una discesa negli abissi della psiche umana. Michael Mann, con il suo stile visivo inconfondibile – fatto di neon, colori saturi e una fotografia che sembra pulsare – crea un’atmosfera di tensione costante. La colonna sonora, con pezzi come In-A-Gadda-Da-Vida degli Iron Butterfly, amplifica l’adrenalina, specialmente in una sequenza di 10 minuti che è pura magia cinematografica: il primo confronto tra Will e l’assassino, Francis Dollarhyde, è un capolavoro di montaggio e ritmo, tra i momenti più memorabili del genere thriller.
Hannibal Lecter, il diavolo che sussurra
Dimenticate per un momento il Lecter di Hopkins. Brian Cox ci regala un Hannibal diverso, ma altrettanto magnetico. È meno teatrale, più controllato, un serpente che ti ipnotizza con la voce calma e uno sguardo che ti trapassa. La sua interpretazione è così efficace perché rende Lecter umano – un genio della psicologia, un amante della musica classica, un gourmet raffinato – ma con una freddezza che ti gela il sangue. Quando parla con Will, chiuso nella sua cella bianca e asettica, ogni parola è una trappola, ogni frase un gioco di potere. E il colpo di genio? Lecter non è solo un consulente: mentre aiuta Will, manipola segretamente Dollarhyde, orchestrando un duello finale che è tanto psicologico quanto fisico.
Will Graham e Francis Dollarhyde: due facce della stessa medaglia
William Petersen porta sullo schermo un Will Graham tormentato, fragile ma determinato. Non è l’eroe d’azione tipico degli anni ’80: è un uomo che lotta per non perdere la sua umanità mentre si immerge nella mente dei mostri. La sua performance, intensa e understated, regge il confronto con il carisma di Cox e la presenza disturbante di Tom Noonan, che interpreta Dollarhyde. Quest’ultimo non è solo un “cattivo”: è un uomo spezzato, ossessionato da un ideale di trasformazione ispirato al dipinto Red Dragon di William Blake (un dettaglio che, curiosamente, nel film è accennato ma non mostrato, a differenza del remake del 2002).
Perché Manhunter è un capolavoro (e perché è stato dimenticato)
Manhunter è un thriller che funziona su ogni livello: la regia di Mann è visionaria, il cast è perfetto, e la sceneggiatura bilancia suspense e introspezione. Eppure, all’epoca, non ebbe il successo che meritava. Colpa, forse, del titolo cambiato all’ultimo minuto (da Red Dragon a Manhunter, per scaramanzia dopo il flop di L’anno del dragone) o di un pubblico non ancora pronto per un thriller così cerebrale. Fu solo dopo il trionfo de Il silenzio degli innocenti che il mondo si accorse di Lecter, relegando Manhunter a un cult per cinefili.
E che cult, però! Ci sono dettagli che lo rendono unico: la chimica tra Cox e Petersen, che sembra un duello di scacchi; l’uso della luce e del colore per riflettere gli stati d’animo; e quella sensazione di essere intrappolati in un incubo elegante. È un film che ti sfida a guardare dentro di te, chiedendoti: quanto sei disposto a sacrificare per fermare un mostro? E se, per farlo, rischi di diventarlo?
Un consiglio da amico cinefilo
Se non avete mai visto Manhunter, recuperatelo subito. È su alcune piattaforme di streaming (controllate Prime o Criterion Channel, a seconda della regione) o in Blu-ray per i puristi. Preparatevi a un’esperienza che vi farà dimenticare il remake Red Dragon e vi farà vedere Lecter sotto una nuova luce. E se l’avete già visto, riguardatelo: ogni visione rivela nuovi dettagli, come il modo in cui Mann usa i riflessi per suggerire la dualità dei personaggi.
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