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venerdì 20 giugno 2025

"Ore 10: Calma Piatta" - Un thriller psicologico che naviga tra tensione e introspezione

Immaginate di essere in mezzo al mare, su uno yacht, con il sole che brilla e l’acqua immobile come uno specchio. Sembra il paradiso, no? Ma in Ore 10: Calma Piatta (1989), diretto da Phillip Noyce, questo scenario idilliaco si trasforma in un incubo claustrofobico, dove il silenzio dell’oceano amplifica ogni battito del cuore. Questo thriller psicologico, con una giovanissima Nicole Kidman e un cast ristretto ma potente, è un viaggio teso, viscerale, che mescola dramma personale, suspense e un pizzico di follia. Come un amico che vi racconta un film davanti a un caffè, vi porto dentro questa storia, con qualche riflessione e curiosità per farvi venir voglia di (ri)vederlo.
Un dramma che si trasforma in thriller
La storia inizia con un peso emotivo schiacciante. John Ingram (Sam Neill), comandante della marina australiana, e sua moglie Rae (Nicole Kidman) sono una coppia distrutta dalla perdita del figlio in un tragico incidente stradale. Per sfuggire al dolore, si rifugiano in una crociera sul loro yacht, cercando di ricucire le ferite in mezzo al mare. Ma il mare, si sa, è imprevedibile, e non solo per le tempeste. In un giorno di calma piatta, l’orizzonte porta un mistero: una goletta silenziosa, senza risposta via radio, e un giovane naufrago, Hughie (Billy Zane), che si avvicina su una scialuppa con una storia inquietante. Tutti i suoi compagni sarebbero morti per del cibo avariato. Ma qualcosa non torna.
John, con il suo istinto da marinaio e un pizzico di paranoia, decide di indagare sulla goletta. Qui, il film ci trascina in un’escalation di tensione: la scoperta di un massacro a bordo conferma i sospetti. Nel frattempo, Hughie rivela la sua vera natura, un mix di fascino disturbante e instabilità mentale, e prende il controllo dello yacht, portando con sé Rae. Da questo momento, Ore 10: Calma Piatta si trasforma in un gioco al gatto e al topo, con John che insegue la moglie e il rapitore, mentre Rae, intrappolata con un psicopatico, deve trovare dentro di sé la forza per sopravvivere.
Nicole Kidman: una performance che buca lo schermo
Se il film funziona, gran parte del merito va a Nicole Kidman, che all’epoca aveva solo 22 anni. Rae non è solo una vittima: è una donna che, pur devastata dal lutto, trova una determinazione feroce per combattere. La Kidman, che si è preparata al ruolo imparando a manovrare davvero lo yacht (tanto da non aver bisogno di controfigure), dona al personaggio un’intensità che alterna vulnerabilità e coraggio. C’è una scena in cui Rae, con il cuore in gola, cerca di sabotare Hughie: la sua paura è palpabile, ma anche la sua astuzia. È una performance che mostra già il talento che l’avrebbe consacrata come icona.
Billy Zane, dal canto suo, è un villain perfetto: il suo Hughie è tanto carismatico quanto inquietante, con quel sorriso che nasconde una follia pronta a esplodere. Sam Neill, come John, offre una solidità calma, quasi stoica, che contrasta con la crescente tensione del film. In un cast così ristretto, ogni attore deve essere al top, e qui lo sono tutti.
Un’atmosfera che soffoca
Phillip Noyce, regista australiano che avrebbe poi firmato film come Patriot Games, usa il mare come un personaggio a sé. La “calma piatta” del titolo non è solo una condizione meteorologica, ma una metafora per la tensione che si accumula, pronta a esplodere. L’isolamento dello yacht, il silenzio rotto solo dal rumore dell’acqua, crea un senso di claustrofobia anche in mezzo all’oceano infinito. La fotografia di Dean Semler cattura questa dualità: paesaggi mozzafiato che diventano una prigione.
Un dettaglio curioso: il soggetto del film non è originale. Orson Welles aveva provato a realizzarne una versione anni prima, ma il progetto si arenò in post-produzione. Noyce, però, prende questa premessa e la trasforma in un thriller moderno, con un ritmo che tiene incollati allo schermo. La sceneggiatura di Terry Hayes bilancia momenti di pura suspense con il dramma psicologico della coppia, anche se il finale, con il ritorno di Hughie e la gravidanza di Rae, potrebbe dividere il pubblico. È un tocco melodrammatico, quasi da soap opera, ma serve a chiudere il cerchio emotivo della storia: la lotta per la sopravvivenza non è solo fisica, ma anche interiore.
Perché guardarlo oggi?
Ore 10: Calma Piatta è un film che regge il passare del tempo. È un thriller compatto (solo 96 minuti), che non spreca un secondo e sa come tenerti sulle spine. È anche un’occasione per vedere una Nicole Kidman agli esordi, già capace di rubare la scena. Se amate i thriller psicologici alla Cape Fear o The Hitcher, questo film vi catturerà. E poi, c’è qualcosa di universale nel tema: la lotta per superare un trauma, la paura dell’ignoto, la forza che trovi quando non hai altra scelta.
Se siete curiosi di un film che mescola tensione, dramma e un pizzico di follia, date una chance a Ore 10: Calma Piatta




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