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martedì 10 giugno 2025

The Shining: il film di Kubrick che ha ridefinito l'horror

Se dovessi scegliere un film che incarna il terrore psicologico, non avrei dubbi: The Shining di Stanley Kubrick. Non è solo un thriller, ma un viaggio claustrofobico nella mente umana, un labirinto di follia e ossessione che ti cattura e non ti lascia andare. Basato sul romanzo di Stephen King, ma trasformato in qualcosa di unico dal genio visionario di Kubrick, questo film del 1980 è una pietra miliare che ancora oggi fa scuola. Preparati a un articolo che ti porterà nei corridoi infestati dell’Overlook Hotel, con un mix di analisi, curiosità e quel brivido che solo The Shining sa regalare.
La trama: un uomo, un hotel, una discesa nella pazzia
Immagina Jack Torrance (un indimenticabile Jack Nicholson), uno scrittore frustrato, intrappolato dal blocco creativo e da una vita che gli sta stretta. Per sfuggire al suo lavoro da insegnante e ritrovare l’ispirazione, accetta un incarico apparentemente semplice: fare il custode invernale dell’Overlook Hotel, un maestoso albergo isolato tra le nevi del Colorado. Con lui ci sono la moglie Wendy (Shelley Duvall), dolce ma remissiva, e il figlio Danny, un bambino con un dono speciale: lo “shine”, una sorta di potere psichico che gli permette di vedere frammenti del passato e del futuro. E fidati, in un posto come l’Overlook, non è una benedizione.
All’inizio, tutto sembra andare per il meglio. La famiglia si sistema, l’hotel è silenzioso, quasi accogliente. Ma poi arrivano le crepe. Le storie di fantasmi che circolano sull’albergo, le voci nei corridoi, le visioni inquietanti che tormentano Danny. L’isolamento invernale inizia a pesare, e Jack, già fragile, comincia a scivolare. L’incontro con il fantasma del precedente custode, un uomo che massacrò la sua famiglia in preda alla follia, è la scintilla finale. E quando Jack scopre il bar dell’hotel, sempre rifornito di liquori spettrali, la sua mente crolla.
Da qui, The Shining si trasforma in un incubo. Jack, ormai posseduto da una furia omicida, dà la caccia a Wendy e Danny attraverso i corridoi dell’hotel. Danny, con il suo “shine”, cerca di salvarsi, richiamando telepaticamente Dick Hallorann, il cuoco dell’hotel che conosce il suo dono. La sequenza finale, nel labirinto di siepi innevato, è da antologia: Danny usa la sua astuzia per sfuggire al padre, mentre Jack, ormai un mostro, si perde nella bufera e muore congelato. È un finale che ti lascia senza fiato, con quel senso di vuoto e mistero che solo Kubrick sa evocare.
Perché The Shining è un capolavoro?
Come appassionato di cinema, ti dico: The Shining non è solo un film horror, è un’esperienza. Kubrick prende il romanzo di King e lo riscrive con il suo linguaggio, fatto di immagini ipnotiche, silenzi opprimenti e un uso rivoluzionario della tecnica. La steadycam, usata per la prima volta in modo così fluido, segue Danny mentre pedala nei corridoi, creando una tensione che ti incolla allo schermo. La fotografia di John Alcott trasforma l’Overlook in un personaggio: ogni stanza, ogni angolo, sembra vivo, minaccioso.
E poi c’è Jack Nicholson. La sua interpretazione è titanica, un’escalation di follia che passa da sorrisi inquietanti a sguardi demoniaci. La scena in cui sfonda la porta con l’ascia urlando “Here’s Johnny!” è entrata nella storia del cinema, ma è il suo lento scivolare nella pazzia che ti gela il sangue. Shelley Duvall, spesso sottovalutata, regge il confronto con una performance viscerale: il suo terrore è così reale che sembra di sentirlo. E Danny Lloyd, con i suoi occhi spalancati, rende il piccolo Danny un mix perfetto di vulnerabilità e mistero.
Kubrick non si limita a spaventarti: ti fa riflettere. The Shining parla di isolamento, dipendenze, traumi familiari, ma anche di forze oscure che forse esistono solo nella nostra mente. O forse no. L’ambiguità è la chiave: quella foto finale, con Jack in una festa dell’Overlook del 1921, ti lascia con più domande che risposte. È reincarnazione? Un loop temporale? O solo un simbolo della sua follia? Come direbbe un amico davanti a un caffè: “Amico, ci sto ancora pensando!”
Curiosità che ti faranno amare ancora di più il film
Se sei un nerd del cinema come me, queste chicche ti faranno impazzire:
  • Kubrick e il perfezionismo: Il regista era ossessionato dai dettagli. La scena in cui Dick Hallorann viene ucciso fu girata 40 volte (non 70, come voleva Kubrick, perché l’attore Scatman Crothers si sentì male). Shelley Duvall ripeté una scena 127 volte, un record che la distrusse emotivamente. E la scena del sangue che fuoriesce dall’ascensore? Girata “solo” tre volte, ma ogni take richiedeva tre giorni di preparazione!
  • Il sangue finto e la censura: Per ottenere il visto censura per il trailer, Kubrick fece passare il sangue dell’ascensore per “acqua sporca”. Genio assoluto.
  • La frase di Jack: La celebre “All work and no play makes Jack a dull boy”, che Jack scrive ossessivamente, fu tradotta da Kubrick in ogni lingua. In italiano divenne “Il mattino ha l’oro in bocca”, una scelta tanto bizzarra quanto inquietante.
  • Il set in fiamme: Gli interni della Colorado Lounge presero fuoco durante le riprese. Con i resti, Steven Spielberg costruì il pozzo di serpenti per I predatori dell’arca perduta. Cinema che si ricicla!
  • Kubrick vs. King: Il regista chiamava Stephen King a qualsiasi ora, anche alle tre di notte, per discutere del film. King, però, non amò l’adattamento: trovava il Jack di Nicholson troppo “già pazzo” dall’inizio. Tu da che parte stai?
Un film che non invecchia
The Shining è un film che non puoi guardare una volta sola. Ogni visione rivela nuovi dettagli: un’ombra sospetta, un quadro che cambia posizione, un simbolo nascosto. È un thriller psicologico, ma anche un horror soprannaturale, un dramma familiare, un puzzle metafisico. Kubrick ha creato un’opera che sfida le categorie, un labirinto in cui perdersi e ritrovarsi.
Se sei curioso di cinema, ti consiglio di guardarlo con attenzione ai dettagli tecnici: la simmetria delle inquadrature, il suono che anticipa l’orrore, le transizioni che sembrano aprire porte su un’altra dimensione. E se ami le serie TV, pensa a come The Shining abbia influenzato show come American Horror Story o The Haunting of Hill House. È un film che ha cambiato le regole del gioco.
Un consiglio da amico
Se non l’hai ancora visto, spegni le luci, prendi una coperta (per il freddo dell’Overlook!) e immergiti in The Shining. Ma attento: una volta entrato in quel labirinto, non si torna indietro. E se l’hai già visto, dimmi: qual è la scena che ti ha fatto venire i brividi? Per me, è il momento in cui Danny vede le gemelle nel corridoio. Da pelle d’oca.
The Shining non è solo un film. È un’esperienza che ti resta dentro, come un’eco nei corridoi di un hotel che non esiste, ma che sembra fin troppo reale. Pronto a tornare all’Overlook?




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