Immaginate di trovarvi in una New York degli anni '80, avvolta da un fascino decadente, dove ogni angolo sembra nascondere un segreto. È in questo scenario che Brian De Palma, maestro del thriller psicologico, tesse la tela di Vestito per uccidere (Dressed to Kill, 1980), un film che è al contempo un omaggio a Hitchcock e una provocazione audace, capace di far discutere ancora oggi. Se amate i film che vi tengono incollati allo schermo, mescolando tensione, erotismo e colpi di scena, preparatevi a un viaggio che non dimenticherete facilmente.
Una trama che seduce e spaventa
Al centro della storia c’è Kate Miller (Angie Dickinson), una casalinga quarantenne intrappolata in una vita di insoddisfazioni. La sua uscita dallo studio del dottor Robert Elliott (Michael Caine) segna l’inizio di un’escalation drammatica: un incontro impulsivo con uno sconosciuto, un momento di passione e un errore fatale – lasciare la fede nuziale nell’appartamento dell’amante. Ma il destino ha in serbo qualcosa di più oscuro: una misteriosa donna bionda, alta e implacabile, la aggredisce in ascensore, tagliandole la gola con una lama affilata. È un omicidio brutale, che dà il via a un gioco di specchi e identità.
Qui entra in scena Liz Blake (Nancy Allen, allora moglie di De Palma), una prostituta di alto bordo che, per un caso fortuito, diventa testimone del delitto. Da questo momento, Liz non è solo una spettatrice, ma una preda, braccata dalla stessa assassina. Ad aiutarla c’è Peter (Keith Gordon), il figlio adolescente di Kate, un giovane brillante e determinato a scoprire la verità. Insieme, i due scavano in un mistero che li porta a confrontarsi con Bobbi, un transessuale che sembra essere il colpevole, e con il dottor Elliott, il cui ruolo si rivela molto più complesso e disturbante di quanto sembri.
Non voglio spoilerare troppo, ma vi basti sapere che il finale è un vortice di rivelazioni che vi farà ripensare a tutto ciò che avete visto. De Palma gioca con la nostra percezione, usando il tema del doppio e dell’identità nascosta per costruire un thriller che è tanto psicologico quanto viscerale.
Un cocktail di stile e provocazione
Vestito per uccidere è un film che non passa inosservato, e non solo per la sua trama. De Palma, con il suo stile inconfondibile, rende ogni inquadratura un’opera d’arte. Dalle lunghe sequenze silenziose nel museo, che trasudano tensione erotica, alla scena dell’ascensore, carica di un’ansia claustrofobica, il regista dimostra una padronanza tecnica che rende omaggio a Psycho di Hitchcock, ma con un tocco moderno e audace. La telecamera di De Palma danza, seduce, spia, come se fosse un personaggio a sé.
E poi c’è l’elefante nella stanza: le scene di nudo e sesso, che all’epoca fecero scalpore. La sequenza iniziale sotto la doccia, con Kate che sembra abbandonarsi a fantasie sensuali, è stata tanto criticata quanto iconica. Curiosità: quella non è Angie Dickinson, ma Victoria Lynn, modella di Penthouse, chiamata a sostituirla per la scena. Questo dettaglio, insieme alla scelta di non mostrare mai esplicitamente alcune violenze, dimostra come De Palma giochi con l’illusione, lasciando che sia la nostra immaginazione a fare il lavoro sporco.
Un cast che brilla (e qualche retroscena succoso)
Il cast è un altro punto di forza. Angie Dickinson porta una vulnerabilità magnetica a Kate, rendendo il suo personaggio tragico e umano. Nancy Allen, nei panni di Liz, è un mix perfetto di cinismo e fragilità, una donna che lotta per sopravvivere in un mondo che la giudica. E poi c’è Michael Caine, che dona al dottor Elliott una calma inquietante, perfetta per il ruolo. Sapete che inizialmente il ruolo di Elliott era destinato a Sean Connery? L’ex 007 dovette rinunciare per conflitti di programmazione, lasciando a Caine l’opportunità di brillare in un personaggio che è tutto fuorché prevedibile.
Perché guardarlo oggi?
Vestito per uccidere non è solo un thriller, ma un’esperienza che sfida le convenzioni. Certo, alcune scelte – come la rappresentazione della transessualità, che oggi appare datata e problematica – riflettono il contesto degli anni ’80 e possono far storcere il naso. Ma il film resta un capolavoro di tensione e stile, capace di intrattenere e provocare. È il tipo di opera che ti fa venir voglia di discuterne con gli amici davanti a un bicchiere di vino: “Ma davvero ti aspettavi quel colpo di scena?”.
Se cercate un film che vi tenga col fiato sospeso, che vi faccia ridere nervosamente e che vi lasci con più domande che risposte, Vestito per uccidere è una scelta perfetta
Nessun commento:
Posta un commento