Donate

domenica 27 aprile 2025

Chi ha incastrato Roger Rabbit: un capolavoro senza tempo che ha riscritto le regole del cinema

 Immaginate un mondo dove i cartoni animati non sono solo immagini su uno schermo, ma creature in carne e ossa (o meglio, inchiostro e colore) che vivono, amano e, a volte, finiscono nei guai. Questo è il cuore pulsante di Chi ha incastrato Roger Rabbit, il film del 1988 diretto da Robert Zemeckis che ha fatto gridare al miracolo quando è uscito nelle sale, incassando la bellezza di 349 milioni di dollari e diventando il nono film di maggior successo degli anni ’80. Un mix esplosivo di noir, commedia e innovazione tecnica, questo capolavoro rimane, a distanza di oltre trent’anni, un’esperienza cinematografica unica, capace di divertire, emozionare e sorprendere ancora oggi.

Un viaggio a Cartoonia: dove i cartoni sono (quasi) umani
Ambientato in una Los Angeles del 1947, Chi ha incastrato Roger Rabbit ci porta a Cartoonia, un quartiere fantastico dove i personaggi animati vivono una vita parallela a quella degli umani. Qui incontriamo Roger Rabbit, un coniglio attore tanto adorabile quanto pasticcione, e sua moglie Jessica, una femme fatale che con la sua voce roca (doppiata dalla leggendaria Kathleen Turner, soprannominata “the voice”) e il suo fascino magnetico ruba la scena a ogni inquadratura. Quando Roger viene accusato dell’omicidio di Marvin Acme, il magnate che controlla Cartoonia, la coppia si rivolge a Eddie Valiant (un indimenticabile Bob Hoskins), un detective umano con un conto in sospeso con i cartoni animati. La trama si dipana come un classico noir, con intrighi, doppi giochi e un cattivo indimenticabile: il giudice Doom, interpretato da un Christopher Lloyd che trasuda pura malvagità.
Ma non lasciatevi ingannare dal tono giocoso: sotto la superficie, il film affronta temi complessi come il pregiudizio, la perdita e la redenzione. Valiant, segnato dalla morte del fratello (ucciso proprio da un cartone), rappresenta l’umanità diffidente e disillusa, mentre Roger incarna l’innocenza e la speranza. La loro improbabile alleanza, che culmina nella sconfitta di Doom e nel salvataggio di Cartoonia, è un inno alla collaborazione e al superamento delle differenze.
Una rivoluzione tecnica che ha fatto la storia
All’epoca della sua uscita, Chi ha incastrato Roger Rabbit era una meraviglia tecnologica. Mescolare attori in carne e ossa con personaggi animati in modo così fluido era una sfida senza precedenti, e il risultato fu così convincente che il pubblico rimase a bocca aperta. La regia di Zemeckis, unita all’animazione supervisionata da Richard Williams, creò un’illusione perfetta: i cartoni non sembravano semplicemente sovrapposti, ma interagivano fisicamente con gli umani, toccando oggetti, proiettando ombre e persino “sentendo” il peso delle azioni. Bob Hoskins, per prepararsi al ruolo, studiò il modo in cui sua figlia parlava con amici immaginari, un aneddoto che sottolinea la dedizione dietro questa magia cinematografica.
Il film vinse quattro Oscar (tra cui Miglior Montaggio e Migliori Effetti Visivi), un riconoscimento meritato per un’opera che ha ridefinito i confini del possibile nel cinema. Certo, oggi le tecnologie digitali hanno superato quelle di allora, ma la forza di Roger Rabbit non risiede solo nella tecnica: è il cuore della storia, il ritmo incalzante e la chimica tra i personaggi a renderlo intramontabile.
Perché guardarlo (o riguardarlo) oggi
Chi ha incastrato Roger Rabbit è molto più di una curiosità storica. È un film che parla a tutte le età: i bambini ridono delle gag slapstick di Roger e dei camei di icone come Bugs Bunny e Paperino, mentre gli adulti apprezzano il sottotesto noir e le battute ammiccanti (Jessica che dice “Non sono cattiva, mi disegnano così” è ormai leggenda). È anche un omaggio all’epoca d’oro dell’animazione, con un cast di personaggi che spazia da Disney a Warner Bros, un’impresa diplomatica non da poco per l’epoca.
E poi c’è il cattivo, il giudice Doom, la cui rivelazione come cartone animato mascherato da umano è uno dei colpi di scena più memorabili degli anni ’80. La scena in cui si scioglie nell’acido, urlando con quella voce stridula, è tanto grottesca quanto soddisfacente. È il tipo di villain che ti rimane impresso, un simbolo della minaccia che incombe sull’innocenza di Cartoonia – e, per estensione, sull’arte dell’animazione stessa.
Curiosità per veri cinefili
  • Il punto interrogativo scomparso: Il titolo del film è una domanda, ma nelle locandine non vedrete mai il “?”. A Hollywood, si dice che porti sfortuna. E a giudicare dagli incassi, forse hanno ragione.
  • Crediti da record: Con quasi 8 minuti di titoli di coda, il film detiene il primato per i crediti più lunghi della storia del cinema all’epoca. Un tributo al lavoro titanico di animatori e tecnici.
  • Jessica, icona senza tempo: Disegnata per essere l’incarnazione del fascino hollywoodiano, Jessica è ispirata a dive come Rita Hayworth. La sua performance canora, con quella voce sensuale di Kathleen Turner, è un momento che non si dimentica.
Un film che non invecchia
In un’era di effetti speciali sempre più sofisticati, Chi ha incastrato Roger Rabbit potrebbe sembrare datato a prima vista. Ma basta guardarlo per capire perché continua a conquistare: è un film fatto con amore, audacia e un pizzico di follia. È una lettera d’amore al cinema, all’animazione e alla capacità di credere nell’impossibile. Che siate fan del noir, delle commedie o semplicemente di storie ben raccontate, questo è un viaggio a Cartoonia che non potete perdervi. E se lo avete già visto, beh, non c’è mai un momento sbagliato per tornare a ridere con Roger e sospirare con Jessica. Come direbbe lei: “Perché mi ami, vero? Non solo per i miei disegni!”.



Nessun commento:

Posta un commento

COMICS MANIA COMICS POWER

COMICS MANIA COMICS POWER