Immaginate un collegio immerso nel verde del Vermont, anno 1959. L’aria è carica di disciplina, rigore e aspettative: il Welton College, un’istituzione prestigiosa dedicata a plasmare la futura classe dirigente americana. In questo mondo di uniformi impeccabili e libri polverosi, irrompe un personaggio che è come una folata di vento fresco: il professor John Keating, interpretato da un indimenticabile Robin Williams. L’Attimo Fuggente (Dead Poets Society, 1989), diretto da Peter Weir, non è solo un film: è un manifesto sulla libertà di pensiero, sull’urgenza di vivere pienamente e sull’eredità che un insegnante può lasciare nei cuori dei propri studenti.
Un professore fuori dagli schemi
Robin Williams, scelto personalmente da Weir (che scartò un Liam Neeson ancora poco noto), dà vita a un Keating che è al tempo stesso mentore, poeta e ribelle. Ispirato da Walt Whitman e dallo spirito romantico, Keating non si limita a insegnare letteratura: la vive. Le sue lezioni sono performance, momenti di teatro in cui invita i ragazzi a salire sui banchi, a guardare il mondo da una nuova prospettiva, a strappare le pagine di un manuale che riduce la poesia a grafici e formule. Il suo mantra, “Carpe diem, cogliete l’attimo, ragazzi, rendete straordinaria la vostra vita”, non è solo una citazione da Orazio, ma un invito a ribellarsi alla mediocrità, a inseguire i propri sogni in un mondo che spesso li soffoca.
La scelta del titolo italiano, L’Attimo Fuggente, rispetto all’originale Dead Poets Society, sottolinea proprio questo messaggio. Non si tratta solo della “setta dei poeti morti”, il circolo segreto fondato da un gruppo di studenti ispirati da Keating per leggere poesie, esplorare la creatività e sfidare le convenzioni. Il cuore del film è quel “cogliete l’attimo”, un richiamo a vivere con intensità, a non lasciare che la giovinezza scivoli via sotto il peso delle aspettative altrui.
Una storia di crescita e conflitto
La trama si sviluppa attorno a un gruppo di giovani studenti – tra cui i memorabili Neil Perry (Robert Sean Leonard) e Todd Anderson (Ethan Hawke) – che trovano in Keating una guida per scoprire sé stessi. La “setta dei poeti morti” diventa il loro rifugio, un luogo dove la poesia di Whitman, Shelley e Thoreau si mescola a confessioni personali, sogni e paure. Ma il Welton non è pronto per questa rivoluzione. La scuola, simbolo di un sistema rigido e conformista, vede nel professore un pericolo, un sovversivo che minaccia di trasformare futuri avvocati e medici in “teatranti romantici”. Quando una tragedia colpisce il gruppo, Keating viene allontanato, accusato di aver instillato idee pericolose. Eppure, in una delle scene più iconiche del cinema, i suoi studenti gli rendono omaggio salendo sui banchi e gridando “Capitano, mio capitano!”, dimostrando che le sue lezioni hanno lasciato un segno indelebile.
Il film, scritto da Tom Schulman (che vinse un Oscar per la sceneggiatura), nasce da un’idea potente: cosa significa davvero educare? Non si tratta di trasmettere nozioni, ma di accendere una scintilla, di spingere i giovani a interrogarsi sul senso della vita. La regia di Weir, sobria ma emozionante, amplifica questa riflessione, alternando momenti di leggerezza – le battute di Keating, il suo umorismo contagioso – a sequenze di grande intensità emotiva, come il confronto finale tra gli studenti e il preside.
Curiosità e retroscena
L’Attimo Fuggente è un film che avrebbe potuto essere molto diverso. Inizialmente ambientato in Georgia, la produzione si spostò in Delaware per ragioni pratiche: creare neve finta per ricreare l’autunno del Vermont sarebbe stato troppo costoso. Ancora più interessante, nello script originale Keating doveva morire di leucemia, un espediente che avrebbe spostato l’attenzione sul suo dramma personale. Weir, saggiamente, decise di concentrarsi sugli studenti, dando al film una prospettiva più universale: non è la storia di un solo uomo, ma di una generazione che cerca la propria voce.
La scelta di Robin Williams si rivelò perfetta. All’epoca, Williams era noto soprattutto per ruoli comici (Good Morning, Vietnam era uscito due anni prima), ma in Keating riesce a bilanciare umorismo, calore umano e profondità drammatica. È impossibile non emozionarsi quando i suoi occhi brillano mentre recita versi di Whitman o quando, nel finale, guarda i suoi ragazzi con orgoglio e malinconia. La chimica tra Williams e i giovani attori, molti dei quali all’inizio della loro carriera (Ethan Hawke, ad esempio, era praticamente un esordiente), dà al film un’autenticità che ancora oggi colpisce.
Perché guardarlo (o riguardarlo) oggi
A distanza di oltre trent’anni, L’Attimo Fuggente non ha perso un briciolo della sua forza. È un film che parla a chiunque abbia mai sentito il peso delle aspettative – dei genitori, della società, del sistema – e abbia desiderato, anche solo per un momento, di strapparne le pagine e scrivere la propria storia. È una celebrazione della poesia, non solo come arte, ma come modo di vivere: con passione, coraggio e autenticità.
Se non l’avete mai visto, preparatevi a ridere, commuovervi e, forse, a salire idealmente su un banco. Se invece lo conoscete già, riguardatelo: vi ricorderà perché il cinema, quando è fatto con il cuore, può cambiare il modo in cui vediamo il mondo. E, come direbbe Keating, “non importa cosa vi dicono, le parole e le idee possono cambiare il mondo”. Oh Capitano, mio Capitano!
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