Immaginatevi un gruppo di ragazzini negli anni ’80, con la testa piena di sogni di viaggi spaziali e alieni, che armeggiano con pezzi di scarto in un garage per costruire un’astronave. Questo è il cuore pulsante di Explorers (1985), un film di fantascienza diretto da Joe Dante che, pur non avendo raggiunto lo status di cult come altri classici dell’epoca, rimane un gioiellino di creatività, nostalgia e ingenuità adolescenziale. Come un amico che ti racconta di un film visto per caso in una serata d’estate, vi porto dentro questo viaggio interstellare, tra circuiti stampati, alieni fan della TV e un giovanissimo Ethan Hawke.
Un sogno che prende forma
La storia ruota attorno a Ben Crandall (Ethan Hawke, al suo debutto cinematografico), un ragazzo con la testa tra le stelle, ossessionato dagli extraterrestri. Una notte, Ben sogna uno strano circuito stampato, una sorta di visione tecnologica che sembra uscita da un film di Spielberg. Con l’aiuto dei suoi amici Wolfgang (River Phoenix, in una delle sue prime prove attoriali) e Darren (Jason Presson), trasforma quel sogno in realtà. Usando pezzi di elettrodomestici e macchinari da luna park, i tre costruiscono un dispositivo che genera una “bolla di forza” capace di volare. Ma non si fermano qui: incastrano questa bolla in un’astronave fatta in casa, chiamata Thunder Road in omaggio a Bruce Springsteen, e si lanciano nello spazio. A pilotare il tutto? Un glorioso Apple IIc, con i suoi 128 KB di RAM e un processore da 1,4 MHz – una reliquia tecnologica che oggi fa sorridere, ma che all’epoca era pura magia.
Il film cattura perfettamente quell’energia adolescenziale di chi sogna in grande, senza lasciarsi fermare dai limiti della realtà. È un inno alla creatività DIY (do-it-yourself), a quel periodo della vita in cui un gruppo di amici può credere di conquistare l’universo con un po’ di ingegno e qualche vite arrugginita. Non vi ricorda un po’ le avventure di Stranger Things, ma con un tocco più fantascientifico e meno horror?
Alieni teenager e incomprensioni generazionali
Una volta nello spazio, i tre ragazzi vengono risucchiati in un’enorme astronave aliena, dove scoprono che gli extraterrestri non sono proprio come se li immaginavano. Invece di saggi esseri cosmici, incontrano dei “teenager verdi” ossessionati dalla cultura pop terrestre, in particolare dalla televisione. Questi alieni hanno assorbito tutto, dai vecchi film di fantascienza ai varietà anni ’50, e parlano come se fossero usciti da un episodio di Happy Days. Ma c’è di più: anche loro, come i protagonisti umani, sono in conflitto con i loro genitori. Il capofamiglia alieno, un tipo burbero e diffidente, vede i tre terrestri come “cattive compagnie” e li rispedisce sulla Terra senza troppe cerimonie.
Qui Explorers compie un passo audace: invece di un contatto alieno epico à la Incontri ravvicinati del terzo tipo, ci offre una riflessione leggera ma acuta sulle incomprensioni generazionali. Alieni o umani, adolescenti o adulti, il film sembra dirci che il vero viaggio non è nello spazio, ma nel capire chi siamo e come ci relazioniamo con chi ci circonda. È una svolta che potrebbe deludere chi si aspetta un’avventura epica, ma che regala al film un’anima unica, quasi intima.
Un cast di futuri talenti e un sapore anni ’80
Guardare Explorers oggi significa anche fare un tuffo nel passato, con un cast che brilla di talenti nascenti. Ethan Hawke, con i suoi occhi pieni di meraviglia, incarna alla perfezione il sognatore Ben, mentre River Phoenix porta un’intensità pacata al ruolo del genietto Wolfgang. La chimica tra i tre protagonisti è genuina, e si sente che si stanno divertendo sul set. Joe Dante, regista di Gremlins e The Howling, infonde al film il suo tipico mix di umorismo, cuore e un pizzico di stramberia, rendendo ogni scena visivamente accattivante, anche con un budget modesto.
Il film è anche un’istantanea degli anni ’80: dai computer vintage all’estetica da luna park, fino alla colonna sonora che urla nostalgia. La Thunder Road, costruita con rottami e speranze, è il simbolo perfetto di quell’epoca in cui la fantascienza sembrava a portata di mano, e ogni garage poteva diventare un laboratorio spaziale.
Perché guardarlo oggi?
Explorers non è perfetto. Il ritmo a volte inciampa, e la seconda metà, con il suo tono più stravagante, potrebbe spiazzare chi cerca una narrazione più lineare. Eppure, è proprio questa imperfezione a renderlo così affascinante. È un film che parla di sogni, di amicizia e di quella curiosità sfrenata che spesso perdiamo crescendo. È il tipo di storia che ti fa venir voglia di chiamare un vecchio amico e ricordare le avventure assurde che sognavate da bambini.
Se amate i film che mescolano fantascienza e cuore, come E.T. o The Goonies, Explorers merita un posto nella vostra lista. Magari non vi porterà su un’astronave aliena, ma vi farà sorridere ripensando a quando credevate che tutto fosse possibile
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