C'è un'arte sottile nel populismo moderno, un manuale non scritto che Donald Trump ha trasformato in vangelo politico: candidarsi contro il sistema, governare contro il sistema, e non smettere mai di attaccare il sistema, anche quando quel sistema sei tu. L'analisi che emerge dal dibattito attuale, e che paragona la strategia europea di Giorgia Meloni alla "America anti-americana" di Trump, non è solo una provocazione intellettuale. È la diagnosi esatta della più grande contraddizione del potere sovranista.
La tesi è affilata: Meloni non vuole un'Italexit. Quella è roba vecchia, un'opzione rozza, da prima della classe. La strategia odierna, molto più sofisticata, è costruire un'"Europa anti-europea".
Non si tratta più di abbattere il palazzo, ma di occuparne i piani alti per lamentarsi delle fondamenta.
Il parallelismo con Trump è perfetto. L'ex (e forse futuro) presidente USA ha costruito una carriera politica convincendo l'America profonda che il nemico fosse Washington D.C., il "deep state", le élite federali. Lo ha fatto dal Bureau Ovale. Ha delegittimato l'FBI, la CIA, il Dipartimento di Giustizia, ovvero l'architrave stessa del governo che presiedeva. Ha creato un'America ostile alla propria stessa struttura di potere.
Giorgia Meloni sta applicando lo stesso copione, con le dovute traduzioni. Il suo nemico non è (più) l'Euro in sé, ma la "burocrazia di Bruxelles", i "tecnocrati senz'anima", i "poteri forti" che minacciano la nostra identità. E lo fa dal pulpito di Palazzo Chigi, lo stesso pulpito da cui annuncia i successi nell'ottenimento dei fondi del PNRR, fondi che sono l'Europa.
Questa è la grande illusione del "sovranismo 2.0". Si partecipa ai vertici, si stringono mani, si negoziano accordi, e un minuto dopo si torna in patria per denunciare quegli stessi vertici come un covo di nemici. È una strategia politicamente geniale per il consenso interno: ogni successo è merito del governo nazionale, ogni fallimento – dall'inflazione alla crisi migratoria – è colpa dell'Europa.
Ma qui sta il punto critico, l'inganno che un giornalismo serio ha il dovere di smascherare. L'America di Trump, per quanto divisa, resta un'unica nazione sovrana. L'Unione Europea, invece, è un patto volontario tra ventisette Stati. Giocare a fare Trump a Bruxelles ha conseguenze infinitamente più pericolose.
Quando si attacca il "sistema americano" dall'interno, si logora la fiducia nelle istituzioni nazionali. Quando si attacca il "sistema Europa" dall'interno, si logora l'unica vera rete di sicurezza economica e geopolitica che l'Italia possiede. Non si può chiedere solidarietà allo spread alla BCE e contemporaneamente dipingere Francoforte come un avversario. Non si può implorare una soluzione comune sui migranti e definire l'UE un'entità ostile.
La strategia dell'"Europa anti-europea" è un gioco di prestigio retorico. È un tentativo di avere i benefici della stabilità comunitaria (i soldi, il mercato unico, lo scudo politico) senza pagarne il prezzo in termini di cessione di sovranità, o quantomeno di lealtà.
È una performance per la platea nazionale, ma il rischio è che, a forza di recitare, il teatro crolli davvero. E sotto le macerie, a differenza dell'autosufficiente America, l'Italia si ritroverebbe tragicamente sola. (Stefano Donno)

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