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domenica 13 aprile 2025

PLATOON

 La giungla filippina, umida e selvaggia, prende vita con un gruppo di attori stremati che mangiano razioni militari, marciano di notte e si preparano a rivivere uno dei capitoli più brutti della storia americana. Questo è il dietro le quinte di Platoon, il capolavoro di Oliver Stone del 1986 che non è solo un film sulla guerra del Vietnam, ma un pugno nello stomaco che ti fa sentire il peso di ogni colpo sparato. E fidati, c’è molto più di quello che vedi sullo schermo: ci sono storie, scelte audaci e dettagli che rendono questo film un’icona.

Partiamo dal cuore pulsante della pellicola: Charlie Sheen, che interpreta Chris Taylor, un giovane soldato catapultato nell’orrore della guerra. La sua voce narrante guida lo spettatore, un po’ come quella di suo padre Martin Sheen in Apocalypse Now. È quasi poetico, no? Una staffetta familiare che lega due film leggendari. Ma sapevi che quel ruolo non era destinato a lui? Inizialmente, Oliver Stone aveva puntato su Kyle MacLachlan – sì, il futuro agente Cooper di Twin Peaks – ma il destino ha voluto diversamente. E forse è stato meglio così: Sheen porta una vulnerabilità perfetta, un ragazzo spaesato che diventa il nostro specchio nella follia.
Poi c’è il sergente Barnes, quel cattivo che ti fa gelare il sangue, interpretato da un magistrale Tom Berenger. Eppure, pensa un po’, quel ruolo era stato offerto a Kevin Costner! Immagina Costner con quella cicatrice in faccia e quell’aria spietata… avrebbe funzionato, ma Berenger ha dato a Barnes un’intensità che ti resta appiccicata addosso. E mentre parliamo di Stone, non possiamo ignorare il suo cameo: un ufficiale al telefono in un bunker sotto attacco. È un attimo, ma è come se il regista dicesse: “Sono qui, in trincea con voi”.
Il realismo di Platoon non è casuale. Gli attori hanno vissuto due settimane di addestramento brutale nelle Filippine: niente comodità, solo razioni militari e ronde notturne nella giungla. È stata una scelta geniale di Stone, che voleva facce stanche e sguardi veri, non recitazione finta. E per i dettagli? Ha convinto persino la Marlboro a creare pacchetti di sigarette identici a quelli degli anni ’60, per immergerci completamente in quell’epoca. È questa ossessione per l’autenticità che rende ogni scena così viva, quasi soffocante.
Platoon non è solo un film di guerra; è una riflessione sulla natura umana, divisa tra il bene (il sergente Elias di Willem Dafoe) e il male (Barnes). È sporco, caotico, emotivo. Ha vinto 4 Oscar, ma il suo vero premio è il modo in cui ti lascia a pensare, magari con un nodo in gola.



sabato 12 aprile 2025

NUOVO CINEMA PARADISO

 Immaginatevi una Sicilia polverosa, appena uscita dalle ferite della Seconda Guerra Mondiale. È il 1947, la vita è dura, ma c’è un luogo dove i sogni prendono forma: il Nuovo Cinema Paradiso. Qui, tra il ronzio del proiettore e l’odore di pellicola bruciata, un piccolo orfano di guerra, Salvatore – detto Totò – scopre un amore che gli cambierà la vita. Questo non è solo un film: è un viaggio, un ricordo, un abbraccio al cinema come lo intendevano i nostri nonni, quando una sala buia era un portale per l’immaginazione. E Giuseppe Tornatore, con Nuovo Cinema Paradiso, ci ricorda perché amiamo ancora quelle storie.

La trama è semplice, ma densa di cuore. Totò, interpretato da un Salvatore Cascio che all’epoca rubò il cuore a mezzo mondo, è il piccolo aiutante di Alfredo, il proiezionista burbero ma saggio del cinema gestito dal parroco del paese. Il prete, con le sue forbici sempre pronte, censura ogni bacio, ogni scena “scandalosa”, lasciando dietro di sé una scia di pellicola tagliata che, anni dopo, diventerà il regalo più prezioso per Salvatore. Poi c’è l’incidente: un incendio divampa nella cabina di proiezione, Alfredo perde la vista, e Totò, con il coraggio di un bambino che non si arrende, lo salva. Da lì, il ragazzino prende il posto del maestro, e il cinema diventa la sua scuola di vita. Anni dopo, Salvatore è un regista di successo, ma il ritorno al paese e l’eredità di Alfredo – una bobina con tutti i baci censurati – lo riportano a quel tempo magico.
Questo film non è solo una storia: è un’opera cesellata, quasi artigianale, come un mobile fatto a mano. Tornatore, al suo secondo lungometraggio, trasforma un racconto personale in un omaggio universale al cinema. La Sicilia diventa un personaggio, con le sue piazze rumorose e i suoi silenzi carichi di nostalgia. La colonna sonora di Ennio Morricone, poi, è una carezza che ti accompagna dall’inizio alla fine, amplificando ogni emozione. Non a caso, Nuovo Cinema Paradiso ha vinto l’Oscar come miglior film in lingua straniera nel 1990: è un film che parla a tutti, ovunque.
Cosa lo rende speciale ancora oggi? Forse il modo in cui cattura l’innocenza di un’epoca in cui il cinema era un rito collettivo. Penso alle scene in cui la folla ride, piange e si arrabbia davanti allo schermo: è un’immagine che scalda il cuore, ma che fa anche riflettere su quanto ci siamo allontanati da quell’esperienza condivisa. O forse è il rapporto tra Totò e Alfredo, un’amicizia che cresce tra le bobine e si trasforma in un’eredità di vita. E poi c’è quel finale: quando Salvatore guarda la pellicola dei “baci proibiti”, ti senti quasi in colpa per non aver vissuto quell’epoca di sogni semplici.
Se amate il cinema – non solo guardarlo, ma sentirlo – questo è un film che non potete perdervi. È per chi crede che una storia possa cambiare il modo in cui vedi il mondo, o per chi, come me, si ritrova a sorridere pensando a quel ragazzino con gli occhi pieni di stelle. E sì, Salvatore Cascio è stato un fenomeno: un talento puro, spontaneo, che rende ogni scena indimenticabile.

George Simenon, l'artigiano della letteratura

A proposito di Casanova di Miklós Szentkuthy (Adelphi)

  Miklós Szentkuthy, saggista, memorialista, romanziere – paragonato a Borges per l’erudizione e a Joyce (ne aveva tradotto l’ Ulisse ) per ...