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mercoledì 29 ottobre 2025
Meloni-Orbán: l'amicizia di comodo e il "Patto del Diavolo" che logora l'Europa - ecco cosa ne penso
C'è un gioco delle parti che va in scena a Bruxelles e nelle capitali europee, e i due protagonisti più discussi sono, ancora una volta, Giorgia Meloni e Viktor Orbán. L'articolo de Linkiesta analizza gli "obiettivi" e la natura di questa "amicizia", ma la verità, spogliata dai convenevoli diplomatici, è molto più cruda: quella tra la Premier italiana e il leader ungherese non è un'alleanza strategica, è un baratto tattico. Un patto di convenienza che serve a entrambi, ma che rischia di costare caro all'Italia e all'Unione.
Da un lato, abbiamo un Viktor Orbán sempre più isolato. Con il Gruppo di Visegrád spaccato dalla sua posizione ambigua (per usare un eufemismo) sull'Ucraina e la sua deriva illiberale che lo ha reso un paria nel Partito Popolare Europeo, Orbán ha un disperato bisogno di legittimazione. Ha bisogno di un "cavallo di Troia" in una capitale che conta.
Giorgia Meloni è quel cavallo. Anzi, è la sua porta d'accesso al tavolo dei Grandi.
Dall'altro lato, abbiamo una Giorgia Meloni che gioca la partita più difficile: quella del "doppio forno". A Washington e a Bruxelles, veste i panni della leader atlantista, pragmatica, affidabile; la "nuova Merkel" per alcuni, la garante dello status quo mediterraneo per altri. A Roma, e soprattutto al suo elettorato di destra, deve però dimostrare di non essersi "venduta" all'establishment.
Ecco che Orbán diventa funzionale. L'amico Viktor serve a Meloni per blindare il gruppo dei Conservatori e Riformisti (ECR) al Parlamento Europeo, mantenendo una massa critica sovranista che le dia potere negoziale. È il suo asset per tenere sotto scacco i Popolari, per ricordare a Ursula von der Leyen che l'alternativa di destra esiste ed è compatta.
Ma a che prezzo?
Qui sta il punto critico, l'ipocrisia di fondo che Linkiesta giustamente sottintende. Non si può essere contemporaneamente il partner più affidabile di Joe Biden e il migliore amico dell'unico leader UE che flirta apertamente con Vladimir Putin e Xi Jinping. Non si può presiedere il G7 parlando di difesa della democrazia liberale e, il giorno dopo, difendere (o tacere) sulle strette alla stampa, alla magistratura e ai diritti LGBTQ+ che avvengono a Budapest.
L'analisi degli "obiettivi" è impietosa. L'obiettivo di Orbán è chiaro: smantellare l'UE dall'interno, trasformandola in un bancomat senza vincoli sui valori. L'obiettivo di Meloni è più complesso: cambiarla, ma restando al comando.
Il problema è che questo abbraccio tattico sta diventando tossico. Ogni volta che Meloni legittima Orbán, delegittima sé stessa sulla scena internazionale. Ogni volta che l'ungherese usa il veto sull'Ucraina, l'ombra di quell'"amicizia" si allunga sul governo italiano.
Meloni crede di usare Orbán per costruire la sua egemonia conservatrice. È un calcolo pericoloso. La storia recente insegna che i "cavalli di Troia" hanno la pessima abitudine di non obbedire al cavaliere una volta dentro le mura. L'amicizia, in politica, è la maschera dell'interesse. E in questo caso, gli interessi divergono su tutto ciò che conta: NATO, Russia, stato di diritto.
La Premier italiana sta giocando con il fuoco. Pensa di poter "normalizzare" l'illiberale di Budapest, ma il rischio concreto è che sia Orbán a "orbanizzare" il dibattito della destra europea, trascinando anche l'Italia in una zona grigia dove i confini tra alleati e avversari diventano pericolosamente sfumati. (Stefano Donno)
L'ultimo segreto di Via Volpi di Paola Minussi (BERTONI)
martedì 28 ottobre 2025
Meloni, Orbán e l'illusione della "normalizzazione". A Palazzo Chigi va in scena il vertice dell'equilibrismo? - ecco cosa ne penso
La stretta di mano a Palazzo Chigi c'è stata. E, come da copione, le foto ufficiali mostreranno due leader alleati, sorridenti, membri della stessa famiglia (o quasi) conservatrice europea. Ma l'incontro tra Giorgia Meloni e Viktor Orbán è tutto tranne che un vertice di routine. È il più plastico esempio della "doppia anima" della Premier italiana: atlantista di ferro a Washington e Bruxelles, ma costretta a gestire l'alleato più "scomodo" d'Europa, proprio mentre quest'ultimo si prepara a prendere il timone della Presidenza di turno del Consiglio UE.
Chiamatelo realismo, chiamatelo equilibrismo. A me pare, soprattutto, un esercizio di contenimento del danno.
Analizziamo il "menù" ufficiale, come riportato dalle cronache: competitività e difesa. Nomi altisonanti che nascondono voragini.
Sulla competitività, si parla di "dottrina Draghi", di come rendere l'UE più forte di fronte alla concorrenza cinese e americana. Un'ottima intenzione. Peccato che il modello economico di Orbán sia l'esatto opposto: un sistema illiberale, ultra-sovranista, drogato di fondi UE (quando non bloccati) e fondato sul cherry-picking delle regole del mercato unico. Chiedere a Orbán di guidare una riforma della competitività europea è come chiedere a una volpe di progettare un pollaio più sicuro.
Poi, la difesa comune. Qui l'ipocrisia raggiunge vette quasi artistiche. Meloni è, giustamente, la portabandiera del sostegno incrollabile a Kyiv. Orbán è, palesemente, il Cavallo di Troia di Vladimir Putin in Europa. Per mesi ha posto veti, rallentato sanzioni, bloccato aiuti militari, giocando sulla stanchezza dell'Occidente.
Come può Meloni "sondare le mosse" del leader ungherese su un piano di difesa comune, quando Orbán rema attivamente contro la strategia di difesa basilare dell'Unione, che oggi si chiama Ucraina?
Il punto non è cosa c'era sul tavolo, ma cosa c'era sotto il tavolo.
La vera partita non è la competitività, ma il potere. Orbán sta per diventare Presidente di turno del Consiglio UE. È un ruolo che, sebbene formale, offre un pulpito e un'agenda. Può rallentare, inquinare, deviare il dibattito. Meloni, da leader dell'ECR (Conservatori e Riformisti Europei), sa di aver bisogno dei voti di Fidesz (il partito di Orbán) per costruire la sua agognata maggioranza di destra a Strasburgo, magari tentando la storica ricucitura con il PPE.
Il vertice di Chigi non è servito a "smarcare Orbán dall'abbraccio di Putin", come qualche ingenuo stratega forse spera. Quell'abbraccio non è tattico, è strategico; per Orbán è sopravvivenza politica ed energetica.
No, questo incontro è servito a Meloni per tastare il polso all'incendiario prima di consegnargli i fiammiferi della Presidenza UE. È il tentativo disperato di ottenere rassicurazioni minime, di tracciare qualche linea rossa, sapendo già che Orbán le ignorerà alla prima occasione utile.
L'illusione della "normalizzazione" di Orbán è un gioco pericoloso che l'Europa ha già giocato e perso. L'ospite "scomodo" non è venuto a Roma per convertirsi sulla via dell'atlantismo. È venuto a farsi legittimare dalla leader italiana più forte del momento, per poi tornare a Budapest e continuare il suo metodico sabotaggio dall'interno.
Quella di Giorgia Meloni non è diplomazia. È gestione del rischio. Ma il rischio, con Orbán, non si gestisce: si subisce (Stefano Donno)
AMERICA LATINA: in libreria il saggio sulle visioni contemporanee di architettura sostenibile (Gangemi Editore)
Esce in libreria AMERICA LATINA. Vivere nella contemporaneità. Visioni di architettura sostenibile, un imponente progetto editoriale senza precedenti, promosso dall’IILA – Organizzazione Internazionale Italo-Latino Americana, curato da Paola Pisanelli Nero, pubblicato da Gangemi Editore e realizzato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano (DGCS/MAECI), e il sostegno di CAF - Banco de desarrollo de América Latina y el Caribe.
Il volume si aggiunge alla mostra realizzata nel 2024 presso la Galleria Candido Portinari dell’Ambasciata del Brasile a Roma e raccoglie 49 progetti rappresentativi delle più significative esperienze di architettura sostenibile contemporanea nei venti paesi membri dell’IILA, restituendo un’immagine concreta e articolata della cultura che si esprime oggi nella progettazione architettonica e negli spazi costruiti in America Latina.
Non si tratta di un semplice catalogo, ma di un’opera autonoma, trilingue (italiano, spagnolo e inglese), che si presenta come uno studio ragionato di casi studio declinati per assi tematici ed analizzati nel loro sviluppo progettuale, dal concept alla realizzazione, attraverso testi, immagini e disegni. I progetti, selezionati in anni di ricerca dall’autrice, che collabora con IILA dal 2003, si estendono dal paesaggio andino alle foreste tropicali, dalle metropoli alle aree rurali, e sono accomunati da una visione profonda e differenziata della sostenibilità, intesa non solo come attenzione all’intorno naturale per preservare gli ecosistemi, ma anche come rispetto per la cultura locale, uso responsabile dei materiali, partecipazione delle comunità e rilettura delle tecniche e delle tradizioni costruttive da mantenere, aggiornare e tramandare
L’approccio curatoriale rifugge ogni stereotipo: il libro non privilegia i paesi più esposti mediaticamente, ma dà spazio a una molteplicità di voci, studi, territori. Come sottolinea Paola Pisanelli Nero, «nel corso del tempo mi sono resa conto che opere e progetti dell’architettura latinoamericana più diffusa erano soprattutto quelli risultati dall’esportazione di modelli europei contaminati con i materiali dell’America latina. La narrazione architettonica era assente in molti contesti internazionali, né venivano esportati i progetti. Ho pensato così di voler dare voce e spazio anche ai contesti più decentrati, dimostrando che l’innovazione, quando è radicata nel territorio, può superare ogni moda e ogni geografia. Un esempio su tutti è il peruviano Luis Longhi, che ha costruito su una collina a pochi chilometri da Lima, vicino a resti pre-inca, una casa ipogea, realizzata in pietra con tecniche artigianali e maestranze locali, lasciando al paesaggio il compito di suggerire la destinazione d’uso dello spazio. Essendo l’architettura l’espressione di un popolo, ogni progetto diventa qui una chiave per leggerne le radici e la prospettiva in cui è nato, e al contempo ogni architetto un interprete della propria cultura materiale.»
Tra i progetti illustrati troviamo la “Casa Parásito” a Quito, un prototipo urbano di micro-abitazione o tiny house, che posta sulla copertura di fabbricati, rappresenta la risposta sostenibile ed inclusiva per risolvere le esigenze abitative delle giovani generazioni in coppia o single, la “Casa Fortunata” costruita attorno a un albero millenario e monumentale nel sud del Brasile, la “Vivienda Ara Pytu” in Paraguay, che si integra nel bosco secondo la visione cosmologica guaraní e che impiega il tetto- giardino per ridurre la temperatura interna e migliorare l'efficienza energetica, e la “Casa de la lluvia (de ideas)” a Bogotá, uno spazio sociale autogestito realizzato con tecniche di autocostruzione e materiali locali. E, ancora, il “Jardín Hospedero y Nectarífero” a Cali, il “CIVAC Parque Lineal” in Messico, il recupero di un vecchio caseggiato “Conventillo de La Boca” a Buenos Aires o la “Casa Pachacamac” scavata nella roccia vicino Lima, che disegnano una geografia architettonica che si nutre della diversità e della memoria dei luoghi. La “Iglesia sin religión” dell’architetto colombiano Simón Vélez, costruita in bambù guadua, rappresenta poi uno degli esempi più emblematici di questa visione organica e comunitaria dell’architettura.
Il libro è introdotto da un testo di Antonella Cavallari, Segretario Generale dell’IILA, che evidenzia l’importanza della cultura come leva per la trasformazione sostenibile: «Dobbiamo adeguare i nostri modelli per renderli compatibili con il rispetto del Pianeta Terra, e quale miglior mezzo per produrre tale cambio se non la cultura?». E della cultura è parte integrante l’architettura, che offre un contributo fondamentale: tutti noi abitiamo spazi pubblici e privati e questi spazi sono la prima dimostrazione della sostenibilità del nostro modello di vita». L’iniziativa editoriale si inserisce infatti in un più ampio impegno dell’IILA per promuovere la transizione verde attraverso progetti mirati e una narrazione condivisa.
Parallelamente alla pubblicazione, è stato sviluppato un sito web dedicato – www.americalatinarchitettura.
Il volume, distribuito da Messaggerie, è attualmente disponibile presso tutte le principali librerie e piattaforme digitali.
Paola Pisanelli Nero, architetto italo-panamense laureata in Architettura all’Università degli Studi di Roma La Sapienza, ha poi conseguito la laurea magistrale in Architettura presso la Facultad de Arquitectura de Panamá. Già “Cultore della Materia” in Tecnologia dell’Architettura presso la Facoltà
di Architettura della Sapienza di Roma, studia la tecnologia dei materiali da costruzione. Nel 2003 ha co-fondato “MATMAT Materia e Materiali”, associazione con la partecipazione di docenti universitari e industrie dei materiali per diffondere la cultura dei materiali da costruzione. Ha partecipato a convegni e corsi. Cura progetti ed esposizioni internazionali di arte e architettura con particolare attenzione all’America Latina. Dal 2003 è consulente dell’IILA.
lunedì 27 ottobre 2025
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