Commento di Marika Famà sul tardomodernismo letterario
Mi piace il tuo stile, e il tuo progetto, ma il fatto che piaccia a me è molto relativo perché ritengo che non tutti riusciranno a capire. Non so se ti sei accorto che anche dentro questo mezzo la gente non riesce a leggere ciò che supera le tre righe e che non esistono più le metafore perché tutto viene decifrato alla lettera. Comunque a me piace.
PROVA, PROVA, PROVA, BREVITAS
Il
tardomodernismo mi obbliga a non essere breve
ti verso 2/3
di redbull e 1/3 di vodka, 3/3 vodka e taurina,
con la massima
attenzione, psicotropa, leggi i miei versi sotto la neve
sudore,
freddo, sudore, freddo, mi cedi il controllo della tua neurina.
I miei versi
attaccano come GdF e magistratura
controlla
l’attacco della tua capigliatura,
col regalo, a
tutti i cojoni, della legge Bacchelli
la mia arte ti
trasforma, in rasta, senza capelli.
Nonostante la
mia fama si sia accreciuta
rimango, senza
remora, il solito hijo de puta.
LA MASNADA DI KUBLA KHAN
Nell’universale
universo di stasera il solito cazzaro lirico/elegiaco,
senza intuire
lontanamente il senso dei miei trattati di sociologia dell’arte
nella lettura
di un testo teoretico sei finisci a cadere nell’egomaniaco
non distingui
tra elenchi e citazioni, a bloccare la tua ipofisi c’è un fermacarte.
Lo sconosciuto
metronomo mi accusa di scrivere «rime telefonate»,
smetto di
leggere il commento, non c’è in Italia chi riesca a avvicinarsi alla mia rima
funambolica,
tutti
nascosti, dietro una lira al metro o un metro alla lira, arrivano max al ritmo
delle baciate
del culo di
critici e autori XX, senza raggiunger la mia frequenza neanche con l’uso di una
parabolica,
mi accingo a
leggere i suoi testi, una marea di orfismi e stro...banalità che nemmeno Morfeo
occorre la
morfina, se non vuoi andare in coma, ha il ruolo di comparsa in un cameo
nel film
Ciobar La fabbrica di cioccolato, il terzo Umpa Lumpa, a destra, di
Willy Wonka,
ha
l’originalità, In WWF, del mitico Ultimate
Warrior travestito da Tatanka.
Poi,
investigando sull’identità dell’Innominato, mi accorgo che negli anni del
famoso bridge
era nel
direttivo di una mezza rivista CZ, LAM, implorava i miei frammenti
Jekyll/Hyde
come Voce
un’eroina, e io eroe dei due mondi, concedevo i testi minori con le mie rime Skype,
venduto a
Crocetti, col nucleo Kubla Khan o sono ignoranti o si riferiscono alla novità
di Coleridge,
Хубилай хаан
non scriveva in tetrametri e trimetri giambici, avendo uno stile Brullo,
non ci
arriverebbe nemmeno Giuliano, non ha l’eccellenza stilistica di un trullo,
oh, nascono
come voci (da 1/2 volume in bibliografia) con l’animo fuori dal coro
e li ritrovi
tutti, a saltare e urlare e commentare, come i mongoli dell’Orda d’Oro.
OGNI LIMITE HA UNA PAZIENZA
G'ho un mal in del cul, stanotte, a torso nudo, dipinto
di vernice rossa (come la Gisella di Guareschi),
finito
l’azzurro dei guerrieri britanni, ogni limite ha una pazienza, non tollero la
sociocrazia
che condanna,
sfotte, bullizza, senza argomentazione, Democrazia dell’Amplifon, sine
rischi,
il leader
neofascista Antonio Gallardo è condannato dalla sua obesità, siamo in regime
d’acrobazia
è ciccione
e sostiene che l’immigrato ci ruba il cibo, argomentazione habermas/apeliana,
e centinaia e
centinaia e centinaia di stronzi a ridondare, con like, come cammelli in una
carovana
mi è venuta
voglia di tirare fuori il busto di Mussolini di mio nonno e di ritornare
neo-fascista,
fascio in
fasce, chi la capisce è bravo, Griso, la limitiamo questa catena
neo-consumistica fordista?
La sociocrazia
tollera che un fallito minacci una donna, coi cojoni, senza nessun coro di
scorno
la mia milizia
NSEAE hijacking attende autorizzazione e si organizza a levarselo di
torno,
la sociocrazia
tollera che una bellissima donna desideri sparire, creando continue paranoie
DCA
Иван Поцони,
sociopatico, distrugge ogni suo blocco invadendo le sue crisi come un parà,
la sociocrazia
difende Babbazzi, uno scribacchino dell’85 con tre romanzi ghostwriters,
non riesce a
mantenersi come artista, milioni in Italia, e non accetta l’offerta di
McDonald’s,
di lavare i
cessi, o sei mestierante dell’arte o trovati un mestiere, o scrivi su Atelier,
non scrivere, marketing,
che un loft a Milano costa troppo, se non hai steso la Chanson de
Roland.
Rivendico, con
forza, la mia «neurodiversità», artista
AuDHD, da un lato autistico senza emozioni
organizzo i
miei riots con metodo intransigente, dall’altro artista senza attenzione
verso i cojoni
cento e cento
e cento epigoni di epigoni di epigoni (epigoni Rubik), tutti con la medesima
scrittura,
il medesimo
stile, metro, mood, ritmo, lanciato dai seducenti dictatores del
regime Mondazzoli,
acquisto il
ruolo del leader dell’opposizione, circondato da bersaglieri ottuagenari, con
agile andatura,
annettiamo,
con voto forzato, le markette dello Stato Pontificio e arriviamo a Roma, città
a priori,
come la Lega
Nord, fuck-simile della mia Lega Lombarda, Dama, ti devi associare alle
collette
del Kolektivne
NSEAE, nell’attuale sono l’artista italiano con maggior dimensione delle
tette.
SIAMO TUTTI HULK HOGAN
Siamo tutti
Hulk Hogan, Terry Bollea, vittime del neo-consumismo statunitense
l’american
dream tardomoderno di Bukowski, the new american dream,
ottenuto con doping,
anfetamine e anabolizzanti, stare in piedi con suspense,
dieci
operazioni causa botte ricevute, volando nel cielo con l’eleganza di uno
Zeppelin,
morti di
infarto da marketing come i due amici André e Randy Savage
siete veri
artisti del XX, meglio del camorrista orfico (auto-dichiarato) Montale,
vittime della blague
situationniste del nomadic capitalism scopo surmenage,
seguiti da
milioni di individui affascinati dalla finzione clericale.
Ricordiamo
tutti, >93.000 followers, Ungaretti e Quasimodo, 200, l’incontro con
André the Giant
al Pontiac
Silverdome di Detroit, maggiori presenze di Wojtyla, l’affluenza di un cafe-chantant
cosa si
diranno Hulk Hogan e Ozzy nel Valhalla, Hogan va di big boot e leg
drop
alza 250 kg e
il mondo esplode, la praxis batte l’ermetismo egomaniaco di Ossi di
seppia,
Ozzy si mangia
la colomba della distrofia artistica della pace erotomanica da porno-shop,
entrambi
vittime e oppositori del neo-consumismo, non ufficializzato dalla Bibbia,
performances create a tavolino, da agenzie e marketing, con
massima reazione reazione all’ἐπίδειξις
che
surclassano la mancanza di πάθος dell’arte scribacchina, votata alla disgrazia
della ὕβρις.
Il
neo-consumismo americano spinge all’eccesso nelle performances, sollevi
Bundy,
sconfiggi Savage
e Ultimate, le faide con Undertaker, come bere una bottiglia di
brandy,
cambi
federazioni, come un manager scafato, e non ti accorgi di essere
flexibilityzzato,
i dollari
arrivano a milioni, fai un serial in WWF e WWE e uno alla televisione
d’apparato,
performances su performances su performances (performances Rubik),
diventando invalido,
ti hanno
asportato i nervi delle gambe e, finalmente ti sei fermato, accusando la
struttura,
con una
critica woke culture, o cancel culture, Hogan non era un
intelle(a)ttuale valido,
consacrato a
lui la nostra a-dolescenza, con il successo internazionale abbiamo segnalato
una rottura.
C’è un
mini-critico, sconosciuto, che nel 2025, mi accusa di fare rime telefonate
con le offerte
TIM e Omnitel ogni lirico non è in grado di fare scopate e baciate
dream/Zeppelin, Savage/surmenage, leg drop/porno-shop,
nella mediocre Italia nessuno ci riesce,
funziona la
rima sole/cuore/amore, nelle centinaia di asini che abusano di una scrittura
che non esce
dal canon,
cave canon!, del modernismo novecentesco dell’epigonismo cucchiano
serve un butt-plug
estetico ad allenare, con le sciocchezze seduttive elegiache, i muscoli
dell’ano.
IL POETA PROSSENETA
Dopo vent’anni di spiegazione -
come base il diritto oggettivo- non c’è verso
che l’artista intenda che non ha
nessun diritto fondamentale ad essere retribuito,
al di fuori che ottenga un
contratto di lavoro con un editore, cosa rara in tempo avverso
e c’è chi, asino di Galantara,
sostiene, in nome del versoliberismo una necroeditoria in cortocircuito
lamentandosi, da mestierante, che
oggetto del suo duro lavoro non sia adeguatamente remunerato
l’arte di consumo è merce, io
vendo la mia merce all’editore che ricava miliardi sul mercato.
Peccato. Il contadino coltiva un
cavolo, oggetto di consumo, merce che espone su una bancarella
acquistata o affittata al mercato
ortofrutta, non vende e chiede risarcimento all’azienda di servizi
che affitta o vende bancarelle,
grazie al cavolo, scontando il rischio del suo fallimento alla scarsella
del CEO dell’azienda di
intermediazione tra domanda e offerta, dotato di una decina di orifizi,
tu scrivi un libro, oggetto di
consumo, merce, che esponi in una collana di un microeditore
che, con l’ipertrofia del volume
dei volumi stampati ogni 10 minuti, dovrebbe vendere il tuo cavolo
di libro (secondo reports
statistici chiunque vende max 1 copia/mese) condannato all’inceneritore
assumendosi il rischio del tuo fallimento, non essendo Camilleri o Faletti, come se fosse un broccolo.
Mestierante, non esiste una norma
che obblighi un editore, associazione o azienda di servizio,
a chiudere un contratto di
edizione tra autore ed ente, tutto sta all’attività di negoziazione
tra contadino e imprenditore, che
è in grado di imporre un contratto di servizi senza nessun vizio
chiedendo una contribuzione,
equa, ai costi di lavorazione, son finiti i tempi di Pantalone
l’editore spinge la tua merce con
marketing e markette, se nessuno acquista ti attacchi
se crei un best seller coi
bonus milionari sulle vendite ti compri una Jaguar con lo schermo tv
non capisco le tre carte del
rischio di impresa, contrattualizzare a scatola chiusa è da allocchi,
la merce è tua, l’editore
intermedia, il cliente attenziona o snobba (99%), il cretino sei tu.

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