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lunedì 10 novembre 2025

CINQUE RIOTS TARDOMODERNISTI DI IVAN POZZONI

 Commento di Marika Famà sul tardomodernismo letterario

Mi piace il tuo stile, e il tuo progetto, ma il fatto che piaccia a me è molto relativo perché ritengo che non tutti riusciranno a capire. Non so se ti sei accorto che anche dentro questo mezzo la gente non riesce a leggere ciò che supera le tre righe e che non esistono più le metafore perché tutto viene decifrato alla lettera. Comunque a me piace.

 

PROVA, PROVA, PROVA, BREVITAS

 

Il tardomodernismo mi obbliga a non essere breve

ti verso 2/3 di redbull e 1/3 di vodka, 3/3 vodka e taurina,

con la massima attenzione, psicotropa, leggi i miei versi sotto la neve

sudore, freddo, sudore, freddo, mi cedi il controllo della tua neurina.

 

I miei versi attaccano come GdF e magistratura

controlla l’attacco della tua capigliatura,

col regalo, a tutti i cojoni, della legge Bacchelli

la mia arte ti trasforma, in rasta, senza capelli.

 

Nonostante la mia fama si sia accreciuta

rimango, senza remora, il solito hijo de puta.

 

 

LA MASNADA DI KUBLA KHAN

 

Nell’universale universo di stasera il solito cazzaro lirico/elegiaco,

senza intuire lontanamente il senso dei miei trattati di sociologia dell’arte

nella lettura di un testo teoretico sei finisci a cadere nell’egomaniaco

non distingui tra elenchi e citazioni, a bloccare la tua ipofisi c’è un fermacarte.

 

Lo sconosciuto metronomo mi accusa di scrivere «rime telefonate»,

smetto di leggere il commento, non c’è in Italia chi riesca a avvicinarsi alla mia rima funambolica,

tutti nascosti, dietro una lira al metro o un metro alla lira, arrivano max al ritmo delle baciate

del culo di critici e autori XX, senza raggiunger la mia frequenza neanche con l’uso di una parabolica,

mi accingo a leggere i suoi testi, una marea di orfismi e stro...banalità che nemmeno Morfeo

occorre la morfina, se non vuoi andare in coma, ha il ruolo di comparsa in un cameo

nel film Ciobar La fabbrica di cioccolato, il terzo Umpa Lumpa, a destra, di Willy Wonka,

ha l’originalità, In WWF,  del mitico Ultimate Warrior travestito da Tatanka.

 

Poi, investigando sull’identità dell’Innominato, mi accorgo che negli anni del famoso bridge

era nel direttivo di una mezza rivista CZ, LAM, implorava i miei frammenti Jekyll/Hyde

come Voce un’eroina, e io eroe dei due mondi, concedevo i testi minori con le mie rime Skype,

venduto a Crocetti, col nucleo Kubla Khan o sono ignoranti o si riferiscono alla novità di Coleridge,

Хубилай хаан non scriveva in tetrametri e trimetri giambici, avendo uno stile Brullo,

non ci arriverebbe nemmeno Giuliano, non ha l’eccellenza stilistica di un trullo,

oh, nascono come voci (da 1/2 volume in bibliografia) con l’animo fuori dal coro

e li ritrovi tutti, a saltare e urlare e commentare, come i mongoli dell’Orda d’Oro.

 

 

OGNI LIMITE HA UNA PAZIENZA

 

G'ho un mal in del cul, stanotte, a torso nudo, dipinto di vernice rossa (come la Gisella di Guareschi),

finito l’azzurro dei guerrieri britanni, ogni limite ha una pazienza, non tollero la sociocrazia

che condanna, sfotte, bullizza, senza argomentazione, Democrazia dell’Amplifon, sine rischi,

il leader neofascista Antonio Gallardo è condannato dalla sua obesità, siamo in regime d’acrobazia

è ciccione e sostiene che l’immigrato ci ruba il cibo, argomentazione habermas/apeliana,

e centinaia e centinaia e centinaia di stronzi a ridondare, con like, come cammelli in una carovana

mi è venuta voglia di tirare fuori il busto di Mussolini di mio nonno e di ritornare neo-fascista,

fascio in fasce, chi la capisce è bravo, Griso, la limitiamo questa catena neo-consumistica fordista?

 

La sociocrazia tollera che un fallito minacci una donna, coi cojoni, senza nessun coro di scorno

la mia milizia NSEAE hijacking attende autorizzazione e si organizza a levarselo di torno,

la sociocrazia tollera che una bellissima donna desideri sparire, creando continue paranoie DCA

Иван Поцони, sociopatico, distrugge ogni suo blocco invadendo le sue crisi come un parà,

la sociocrazia difende Babbazzi, uno scribacchino dell’85 con tre romanzi ghostwriters,

non riesce a mantenersi come artista, milioni in Italia, e non accetta l’offerta di McDonald’s,

di lavare i cessi, o sei mestierante dell’arte o trovati un mestiere, o scrivi su Atelier,

non scrivere, marketing, che un loft a Milano costa troppo, se non hai steso la Chanson de Roland.

 

Rivendico, con forza, la mia  «neurodiversità», artista AuDHD, da un lato autistico senza emozioni

organizzo i miei riots con metodo intransigente, dall’altro artista senza attenzione verso i cojoni

cento e cento e cento epigoni di epigoni di epigoni (epigoni Rubik), tutti con la medesima scrittura,

il medesimo stile, metro, mood, ritmo, lanciato dai seducenti dictatores del regime Mondazzoli,

acquisto il ruolo del leader dell’opposizione, circondato da bersaglieri ottuagenari, con agile andatura,

annettiamo, con voto forzato, le markette dello Stato Pontificio e arriviamo a Roma, città a priori,

come la Lega Nord, fuck-simile della mia Lega Lombarda, Dama, ti devi associare alle collette

del Kolektivne NSEAE, nell’attuale sono l’artista italiano con maggior dimensione delle tette.

 

 

SIAMO TUTTI HULK HOGAN

 

Siamo tutti Hulk Hogan, Terry Bollea, vittime del neo-consumismo statunitense

l’american dream tardomoderno di Bukowski, the new american dream,

ottenuto con doping, anfetamine e anabolizzanti, stare in piedi con suspense,

dieci operazioni causa botte ricevute, volando nel cielo con l’eleganza di uno Zeppelin,

morti di infarto da marketing come i due amici André e Randy Savage

siete veri artisti del XX, meglio del camorrista orfico (auto-dichiarato) Montale,

vittime della blague situationniste del nomadic capitalism scopo surmenage,

seguiti da milioni di individui affascinati dalla finzione clericale.

 

Ricordiamo tutti, >93.000 followers, Ungaretti e Quasimodo, 200, l’incontro con André the Giant

al Pontiac Silverdome di Detroit, maggiori presenze di Wojtyla, l’affluenza di un cafe-chantant

cosa si diranno Hulk Hogan e Ozzy nel Valhalla, Hogan va di big boot e leg drop

alza 250 kg e il mondo esplode, la praxis batte l’ermetismo egomaniaco di Ossi di seppia,

Ozzy si mangia la colomba della distrofia artistica della pace erotomanica da porno-shop,

entrambi vittime e oppositori del neo-consumismo, non ufficializzato dalla Bibbia,

performances create a tavolino, da agenzie e marketing, con massima reazione reazione all’ἐπίδειξις

che surclassano la mancanza di πάθος dell’arte scribacchina, votata alla disgrazia della ὕβρις.

 

Il neo-consumismo americano spinge all’eccesso nelle performances, sollevi Bundy,

sconfiggi Savage e Ultimate, le faide con Undertaker, come bere una bottiglia di brandy,

cambi federazioni, come un manager scafato, e non ti accorgi di essere flexibilityzzato,

i dollari arrivano a milioni, fai un serial in WWF e WWE e uno alla televisione d’apparato,

performances su performances su performances (performances Rubik), diventando invalido,

ti hanno asportato i nervi delle gambe e, finalmente ti sei fermato, accusando la struttura,

con una critica woke culture, o cancel culture, Hogan non era un intelle(a)ttuale valido,

consacrato a lui la nostra a-dolescenza, con il successo internazionale abbiamo segnalato una rottura.

 

C’è un mini-critico, sconosciuto, che nel 2025, mi accusa di fare rime telefonate

con le offerte TIM e Omnitel ogni lirico non è in grado di fare scopate e baciate

dream/Zeppelin, Savage/surmenage, leg drop/porno-shop, nella mediocre Italia nessuno ci riesce,

funziona la rima sole/cuore/amore, nelle centinaia di asini che abusano di una scrittura che non esce

dal canon, cave canon!, del modernismo novecentesco dell’epigonismo cucchiano

serve un butt-plug estetico ad allenare, con le sciocchezze seduttive elegiache, i muscoli dell’ano.

 

  

IL POETA PROSSENETA

 

Dopo vent’anni di spiegazione - come base il diritto oggettivo- non c’è verso

che l’artista intenda che non ha nessun diritto fondamentale ad essere retribuito,

al di fuori che ottenga un contratto di lavoro con un editore, cosa rara in tempo avverso

e c’è chi, asino di Galantara, sostiene, in nome del versoliberismo una necroeditoria in cortocircuito

lamentandosi, da mestierante, che oggetto del suo duro lavoro non sia adeguatamente remunerato

l’arte di consumo è merce, io vendo la mia merce all’editore che ricava miliardi sul mercato.

 

Peccato. Il contadino coltiva un cavolo, oggetto di consumo, merce che espone su una bancarella

acquistata o affittata al mercato ortofrutta, non vende e chiede risarcimento all’azienda di servizi

che affitta o vende bancarelle, grazie al cavolo, scontando il rischio del suo fallimento alla scarsella

del CEO dell’azienda di intermediazione tra domanda e offerta, dotato di una decina di orifizi,

tu scrivi un libro, oggetto di consumo, merce, che esponi in una collana di un microeditore

che, con l’ipertrofia del volume dei volumi stampati ogni 10 minuti, dovrebbe vendere il tuo cavolo

di libro (secondo reports statistici chiunque vende max 1 copia/mese) condannato all’inceneritore

assumendosi il rischio del tuo fallimento, non essendo Camilleri o Faletti, come se fosse un broccolo.

Mestierante, non esiste una norma che obblighi un editore, associazione o azienda di servizio,

a chiudere un contratto di edizione tra autore ed ente, tutto sta all’attività di negoziazione

tra contadino e imprenditore, che è in grado di imporre un contratto di servizi senza nessun vizio

chiedendo una contribuzione, equa, ai costi di lavorazione, son finiti i tempi di Pantalone

l’editore spinge la tua merce con marketing e markette, se nessuno acquista ti attacchi

se crei un best seller coi bonus milionari sulle vendite ti compri una Jaguar con lo schermo tv

non capisco le tre carte del rischio di impresa, contrattualizzare a scatola chiusa è da allocchi,

la merce è tua, l’editore intermedia, il cliente attenziona o snobba (99%), il cretino sei tu.




 

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