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martedì 11 novembre 2025

Il Monito di Mattarella e il Cimitero degli Elefanti: Difendere l'ONU o Rassegnarsi al 1945? - ecco cosa ne penso

 Ci sono discorsi che servono all'agenda e discorsi che servono alla Storia. Quello pronunciato da Sergio Mattarella alle Nazioni Unite di Vienna appartiene, per intenzioni e gravità, alla seconda categoria. Eppure, ascoltando il Presidente, non si può fare a meno di percepire uno stridore tragico tra l'altezza del monito e la sordità colpevole dei destinatari.

Mattarella, con la sobrietà istituzionale che gli è propria ma con una fermezza che non ammette repliche, ha usato l'aggettivo "inaccettabile" per definire le "allusioni all'impiego di armi di distruzione di massa". Ha guardato l'abisso della nuova (e vecchia) geopolitica – Ucraina, Medio Oriente, Africa – e ha difeso l'unica cosa che abbiamo per non caderci dentro: l'architettura multilaterale.

Ma è qui che l'analisi, doverosa, deve farsi critica. Il Capo dello Stato ha esortato a "rafforzare" e "non demolire" il sistema di disarmo, difendendo le Nazioni Unite come strumento "insostituibile" che sarebbe "irresponsabile indebolire".

La domanda che un osservatore disincantato deve porre è: quale ONU stiamo difendendo?

Il Presidente stesso, subito dopo, ha fornito la risposta, puntando il dito contro la paralisi strutturale dell'organizzazione. La critica al Consiglio di Sicurezza, la cui composizione e i cui "poteri in capo ai membri permanenti" (leggi: il diritto di veto) "riflettono il mondo del 1945", non è un dettaglio tecnico. È il cuore del problema.

È un paradosso quasi beffardo. Mattarella difende l'ONU dalla sua stessa impotenza, causata da coloro che ne detengono le chiavi. Le "inaccettabili allusioni" all'uso del nucleare non provengono forse, direttamente o indirettamente, proprio da membri permanenti di quel Consiglio di Sicurezza nato nel 1945?

Il discorso del Quirinale, dunque, non è solo una difesa del multilateralismo. È un atto d'accusa, elegante ma spietato, contro chi quel multilateralismo lo ha svuotato dall'interno, tenendolo in ostaggio per ottant'anni. Si chiede di sostenere l'ONU, ma l'ONU è ostaggio dei veti incrociati di chi oggi flirta con l'escalation atomica.

Quando Mattarella invoca la riforma di Guterres come "un passo nella giusta direzione", sta di fatto dicendo che la direzione attuale è quella del fallimento. E quando giustamente lega la Costituzione italiana ai valori della Carta di San Francisco, ci ricorda che quei valori sono oggi traditi in primis da chi dovrebbe garantirli.

Persino l'emozionante e pertinente richiamo alla Convenzione di Palermo e alla memoria di Falcone e Borsellino – uomini che sconfissero una mafia "tracotante" che "si riteneva capace di sfidare lo Stato" – suona come un avvertimento. Quegli eroi vinsero perché lo Stato decise di agire e riformare sé stesso, creando nuovi strumenti (come il metodo del sequestro dei beni).

Oggi, le potenze che paralizzano l'ONU si ritengono, proprio come la mafia di allora, "capaci di sfidare" l'ordine internazionale. Il monito di Mattarella è chiaro: se l'ONU non trova la forza di riformare i meccanismi del 1945, la sua difesa appassionata rischia di diventare il nostalgico epitaffio su un nobile progetto fallito. (Stefano Donno)




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