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martedì 21 ottobre 2025

L'Inverno di Kiev: L'Ucraina Sull'Altare del Realismo Americano - ecco cosa ne penso

Mentre il mondo guarda con il fiato sospeso alla fragile tregua in Medio Oriente, un altro gelo, ben più strategico, sta calando sull'Europa orientale. La notizia della sospensione del vertice tra il Segretario di Stato Rubio e il Ministro degli Esteri russo Lavrov non è un semplice intoppo diplomatico; è il sintomo di un riallineamento tettonico. A Washington, la diplomazia ha smesso i panni del sostegno incondizionato per indossare quelli, ben più ruvidi, del "dealmaker".

La guerra in Ucraina, per l'amministrazione Trump, non è più una crociata per la democrazia, ma un fastidioso dossier da chiudere. E in fretta.

Il messaggio inviato dal Presidente Trump a Zelensky è di una chiarezza brutale: "Cedi a Putin o sarete distrutti". Non si tratta di negoziati, ma di un ultimatum. L'idea, un tempo eretica, di "dividere il Donbass" viene ora sdoganata dalla Casa Bianca come una soluzione "possibile", accompagnata dalla cinica valutazione che per Kiev sia "difficile vincere".

Questo non è più Realpolitik; è un abbandono in mondovisione. Mentre il vicepresidente Vance è a Tel Aviv per gestire la crisi a Gaza — che offre a Washington la scusa perfetta per distogliere lo sguardo — all'Ucraina viene presentato il conto. Un conto scritto da Mosca e vistato da Washington.

E l'Europa? L'Unione Europea, come un pugile suonato, tenta di "fare quadrato". Si parla di utilizzare gli asset russi congelati, si promette un ennesimo "stop al gas". Parole nobili che si scontrano con la realtà dei fatti: il tredicesimo pacchetto di aiuti militari è bloccato, impantanato nei veti e nelle titubanze. Anche in Italia, la linea del governo Meloni appare sempre più "lontana da Kiev", come notano gli osservatori più attenti, con un occhio a Washington e l'altro alle proprie turbolenze interne. L'Europa, senza la guida militare americana, si scopre nuda, incapace di sostenere lo sforzo bellico da sola.

Chi osserva e gongola è, ovviamente, il Cremlino. La dichiarazione di Sergey Lavrov, "siamo contrari a un cessate il fuoco immediato", non è un atto di belligeranza, ma un calcolo strategico. Perché mai Putin dovrebbe negoziare ora? Con un'amministrazione americana che sta attivamente smantellando il sostegno al suo avversario e un'Europa divisa e lenta, a Mosca basta attendere. Il tempo lavora per loro.

Le parole di Zelensky, che pure tenta di rassicurare parlando di una "guerra che può finire davvero", suonano ormai disperate. Il suo appello a "passi decisivi degli alleati" è destinato a cadere nel vuoto.

Ciò a cui stiamo assistendo non è la costruzione della pace, ma l'architettura di una resa imposta. L'Ucraina, dopo aver combattuto con un coraggio che ha ispirato il mondo, sta per essere sacrificata sull'altare di un nuovo "realismo" americano, che preferisce una pace ingiusta oggi a una giusta (ma costosa) vittoria domani. L'inverno, per Kiev, sta arrivando. E questa volta non è solo una questione meteorologica. (Stefano Donno)








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I collezionisti. La prima indagine di Gaia Innocenti di Paolo Regina (Neri Pozza)

Fra Trani e l'Irlanda, fiere antiquarie e cosche calabresi, misteriose sparizioni e auto in fiamme, la prima indagine della vicequestore Gaia Innocenti.

Una volta qualcuno le aveva parlato del kintsugi, una tecnica giapponese per riparare il vasellame rotto. Consisteva nell’unire i frammenti saldandoli con una pasta d’oro, così da trasformare un oggetto ormai privo di valore in un pezzo unico, reso pregiato proprio dalle sue cicatrici. Ripensandoci, aveva amaramente constatato che i suoi cocci non erano stati saldati con l’oro, ma con il sangue.

Il vento di un inverno tardivo sferza l’Adriatico e la città di Trani che dorme, inconsapevole che dentro il padiglione 6 della fiera Antiquitates un uomo è morto, strozzato a mani nude. Eppure niente sembra mancare dallo stand di James Hackett, piccolo antiquario inglese giunto in Italia, come ogni anno, per vendere il suo bric-à-brac. Se l’assassino non desiderava niente, forse allora è una vita, quella di Hackett, che voleva aggiungere alla sua collezione. La vicequestore Gaia Innocenti, tuttavia, è perplessa. Da poco più di un anno trasferita in Puglia dalla Romagna, sua terra natale, si è lasciata alle spalle una brutta storia, una macchia nel suo stato di servizio, e nient’altro che valga la pena ricordare. A parte forse che sono sempre le passioni inconfessabili a muovere l’uomo. Ci vuole poco alla Innocenti e alla sua squadra per scoprire che lo stesso Hackett si è reso colpevole di qualcosa di terribile, un peccato portato con orgoglio che solo la morte può lavare. Del resto, il fu James Hackett non è l’unico a nascondere un segreto. Uscita dal commissariato, ogni sera la vicequestore Innocenti diventa Tania Neri, volontaria di Articolo 2, associazione che si occupa di sfamare e accogliere i senzatetto della regione. Eppure, qualsiasi identità Gaia assuma, un’ombra segue ogni suo passo. Un’ombra che chiama sangue e furore, decisa a non rimanere confinata nel passato




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lunedì 20 ottobre 2025

La Manovra 2026: L'Aritmetica dell'Opportunità e l'Assenza della Visione - ecco cosa ne penso

L'Esecutivo presenta la sua Legge di Bilancio 2026, definendola "seria, equilibrata e responsabile". È il mantra d'obbligo per ogni governo che si presenta davanti al Paese e, soprattutto, a Bruxelles. Ma oltre l'autocompiacimento della conferenza stampa, la manovra da circa 18-19 miliardi di euro che si delinea assomiglia più a un'abile partita a Tetris che a una strategia di crescita a lungo termine.

Siamo di fronte a un esercizio di pragmatismo spinto, dove la necessità di "fare cassa" e distribuire "mance" elettorali prevale su qualsiasi ambizione di riforma strutturale.

Il piatto forte, mediaticamente parlando, è la riduzione dell'IRPEF per il ceto medio, con il taglio della seconda aliquota dal 35% al 33%. Misura sacrosanta per alleggerire una pressione fiscale insostenibile? Forse. Ma è anche una misura finanziata non da una crescita economica robusta o da una spending review coraggiosa, bensì, ancora una volta, da entrate una tantum.

Ed eccoci al punto dolente: le coperture. Per finanziare il taglio fiscale, si ricorre alla solita "pace fiscale", questa volta ribattezzata "rottamazione-quinquies". Non chiamatelo condono, per carità, ma la sostanza quella è: si chiede a chi non ha pagato di saldare (in parte), garantendo entrate immediate. È una politica che disincentiva i contribuenti onesti e conferma una verità amara: questo Governo, come i precedenti, preferisce un incasso facile oggi a una riforma fiscale equa domani.

Certo, ci sono interventi necessari. L'iniezione di fondi (oltre 6-7 miliardi) nella Sanità è vitale. Dopo la pandemia e con file d'attesa infinite, assumere medici e infermieri e adeguare gli stipendi non è un lusso, è manutenzione straordinaria. Ma anche qui, non confondiamo il rattoppo di un sistema al collasso con un investimento strategico sulla sanità del futuro.

L'altro grande capitolo, le pensioni, vede un timido adeguamento all'aspettativa di vita (dal 2027), ma senza toccare i nervi scoperti.

Ciò che manca, in questa manovra "responsabile", è la parola "crescita". Le misure per le imprese appaiono timide, gli investimenti sul PNRR procedono con affanno e non si vede traccia di quella visione industriale che dovrebbe traghettare l'Italia fuori dalla stagnazione.

Questa Legge di Bilancio 2026 è lo specchio di un'Italia che "tira a campare". Un'aritmetica politica impeccabile per navigare a vista, che placa il ceto medio e tappa le falle della sanità, ma che rimanda, ancora una volta, l'appuntamento con il futuro. È una manovra di gestione, non di governo. (Stefano Donno)





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In un’Italia segnata dalla pandemia e dai fantasmi del passato, Riccardo Masi, ex capitano del ROS, cerca di ricostruire la propria esistenza in un capanno isolato nel bosco del Sasseto, lontano dai ricordi dolorosi della sua amata Tania. Ma la quiete è interrotta dall’arrivo del Biondo, un ex collega che lo coinvolge in un’operazione contro una tratta di schiavi minorenni. Nel frattempo, Giorgio De Pretis, ufficiale della CIA, si muove tra inganni e segreti in un caso di rapimento che coinvolge un banchiere legato alla malavita. La sua vita apparentemente perfetta nasconde un confine labile tra giustizia e corruzione. Aisha, una giovane nigeriana in fuga dalla tratta degli schiavi, lotta per la libertà insieme al piccolo Olu e con l’aiuto di Bruno, un dottore italiano. Il loro viaggio disperato verso l’Europa è punteggiato da pericoli e speranze. Le storie di Riccardo, Giorgio e Aisha si intrecciano, svelando l’orrore della malvagità umana e la ricerca di redenzione. Un romanzo audace che affronta temi scottanti come la tratta e la criminalità, mostrando che, finché non muori, c’è sempre la possibilità di scegliere chi essere

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domenica 19 ottobre 2025

Il Grande Scambio: Trump e Putin al tavolo del Rischio Totale. L'Ucraina? Un dettaglio sul conto - ecco cosa ne penso

Il fumo del (presunto) negoziato puzza di vecchio. Puzza di Yalta, di patti cinici siglati col sigaro in bocca sulla pelle dei popoli. La notizia, sganciata dal Washington Post e rimbalzata ovunque, non è una "proposta di pace". È un'offerta d'acquisto.

Vladimir Putin, da abile e spregiudicato giocatore di scacchi quale si è sempre dimostrato, avrebbe messo sul tavolo la sua condizione per "chiudere la guerra": l'Ucraina deve cedere il Donetsk. Non ritirarsi, non negoziare uno status speciale. Cedere. Regalare un pezzo di sé per ottenere la clemenza del vincitore.

E a chi viene fatta questa proposta? Non a Zelensky, non all'Europa (quale, poi?). Viene fatta a Donald Trump.

Qui il quadro si fa grottesco e tragico. La presidenza Trump ci ha abituati a una politica estera che somiglia più a una transazione immobiliare che alla diplomazia. "The Donald", l'uomo dell'"America First", ha già gelato Kyiv mostrando i muscoli non contro il nemico, ma contro l'alleato: "I Tomahawk servono a noi americani", avrebbe sibilato a un Zelensky sempre più solo.

Siamo di fronte al capolavoro della "realpolitik" trumpiana: una guerra fastidiosa, costosa, che disturba gli affari. E come si chiude un affare fastidioso? Si paga e si esce. Peccato che qui a pagare non siano gli Stati Uniti, ma l'Ucraina. In moneta sonante: la sua stessa sovranità, il suo territorio.

La risposta di Zelensky – "Non daremo ricompense ai terroristi" – è l'unica possibile. È orgoglio, è disperazione, è l'urlo di chi si vede svendere al mercato delle Grandi Potenze. Ma la sua voce, un tempo icona di resistenza mondiale, oggi rischia di perdersi nel vuoto assordante del nuovo pragmatismo.

Mentre Mosca avanza sul campo (l'ultima conquista, Pleshcheyevka, è di poche ore fa), a Washington si tirano i remi in barca. La logica di Trump è semplice: questa guerra finirà "prima", perché così ha deciso lui. E se per finirla serve che un Paese sovrano venga smembrato, che importa? È il prezzo del "deal".

Ci stanno vendendo una pace sporca, barattata con i principi fondamentali del diritto internazionale. Stanno apparecchiando un tavolo a Budapest, o chissà dove, per un incontro Putin-Trump che sa già di spartizione.

Questa non è la fine della guerra. È solo l'inizio di un mondo molto più pericoloso, dove la forza non solo ha la meglio sul diritto, ma ne detta anche le condizioni di resa. L'Ucraina è solo il primo, tragico "costo collaterale" sull'altare del nuovo disordine mondiale. (Stefano Donno)




Cacciatori di tenebre. I casi di un detective dell'occulto di Ben Machell (Iperborea)

Questo libro non è tratto da una storia vera. Questo libro racconta solo storie vere. Un uomo aggredito da un invisibile mastino nero che lo sorprende nel salotto di casa e gli lascia profondi tagli. Una coppia che parla con il fantasma del figlio, morto in giovane età. Una presenza malvagia che terrorizza una famiglia. Un maniero elisabettiano abitato da spiriti dispettosi. Un’anonima casa di Enfield con inquietanti apparizioni. Sono i casi che ha affrontato Tony Cornell, novecentesco Sherlock Holmes dell’occulto, che con ferrea razionalità ha assistito a fenomeni poltergeist, dormito in case infestate, partecipato a sedute spiritiche. Un uomo dalla doppia vita: da un lato rispettato borghese, consigliere comunale a Cambridge; dall’altro spia per l’MI6 in Unione Sovietica ed ex militare di stanza nel Golfo del Bengala. E soprattutto, folgorato dai poteri di un eremita indiano, meticoloso indagatore del soprannaturale. Esistono davvero fenomeni che la nostra scienza non riesce ancora a spiegare? E se così fosse, come renderne conto? Sono le domande che hanno spinto Cornell, e come lui diversi premi Nobel, a unirsi alla SPR: la società per la ricerca psichica fondata in epoca vittoriana, quando l’umanità cercava alternative trascendenti al gelo del progresso tecnologico. Ma oggi che la scienza sembra avere vinto sulla spiritualità, c’è ancora spazio per i fantasmi e chi indaga su questi fenomeni? Dopo aver rovistato tra scatoloni di corrispondenza e riscoperto inquietanti registrazioni e strani resoconti di indagine, Ben Machell parla del nostro rapporto con l’ignoto e le sue manifestazioni, attraverso la vita tanto romanzesca quanto reale di un uomo che è riuscito (quasi sempre) a spiegarle





Il Mio Teatro di Poesia di Giuseppe Puppo (I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno)

Non una semplice raccolta di testi, o di aneddoti e commenti ad essi relativi: è una vera e propria chiamata alle armi per un teatro di “denuncia, verità e piacere di trasgredire”. Opere pronte a essere messe in scena, gratuitamente, da chi abbia ancora qualcosa da dire, e, nella magia del teatroche rende pure gli spettatori protagonisti, da voler condividere.

Dimenticate il teatro come intrattenimento borghese, come esercizio di stile, o polverosa messa in scena. C’è un uomo che, dopo essere andato a caccia della verità tra le pagine della cronaca e nelle inchieste più scomode, ha deciso di trascinarla sul palcoscenico con una forza inedita.

Quest’uomo è Giuseppe Puppo, 67 anni, giornalista e scrittore salentino, e la sua nuova opera, “Il mio Teatro di Poesia” (I Quaderni del Bardo Edizioni), è molto più di un libro: è una dichiarazione di guerra alla finzione.

“Il Teatro non deve essere finzione, né arte, né tecnica… Il Teatro deve essere sentimento, emozione, e su tutto, piacere di trasgredire le norme stabilite…”

Questa non è solo una citazione estratta dal libro: è la filosofia che anima ogni singola pagina. Puppo, da quindici anni direttore del quotidiano on line leccecronaca.it e prima,   per trent’anni, giornalista di cronaca, attualità e cultura a Torino, ritorna alle sue radici leccesi della gioventù, per lanciare una sfida che scuote le fondamenta della cultura locale e nazionale.

Non Leggere Soltanto, Metti in Scena la Rivoluzione

“Il mio Teatro di Poesia” non è pensato per restare su uno scaffale. È una cassetta degli attrezzi per la guerriglia culturale. Contiene testi potenti, attuali, pronti a diventare materia viva sul palco: da “Voglio Combattere Ancora”, un grido di resistenza che risuona quanto mai necessario, a “La Dea Trans”, un’opera che affronta con coraggio un tema di bruciante attualità; da un audace “Superstar il Musical”, al fondamentale “Come va? Non c’è Bene, grazie!”, fino all’ultimo “Sono abbastanza grande adesso per diventarti amico” e all’ancora mai rappresentato “La bomba”.

La vera scintilla virale? Le compagnie teatrali, i collettivi, gli artisti che possono mettere in scena questi testi gratuitamente. Puppo non vende un prodotto, ma condivide un’arma. Basta una richiesta e se la visione è in linea con lo spirito dell’opera, il palco è vostro. È un invito aperto a trasformare il teatro in un atto politico, un’assemblea pubblica, un rito collettivo.

Perché Questo Libro Ora? Perché Ne Abbiamo un Disperato Bisogno.

In un’epoca di verità filtrate, di emozioni artificiali e di dibattiti polarizzati, la proposta di Puppo è un elettroshock. È un ritorno all’essenza del teatro come specchio della società, ma uno specchio che non riflette passivamente: giudica, accusa, sogna. Le sue opere parlano di dignità sociale, di diritti, della sacralità della natura, del futuro che stiamo rubando alle nuove generazioni.

Un autore che ha capito, dopo aver descritto la realtà con i fatti, che per inciderla davvero, per scuoterla, il racconto non basta: serve il corpo, la voce, il sudore, serve la poesia che si fa carne e sangue.

“Il mio Teatro di Poesia” è un pugno nello stomaco e una carezza all’anima ribelle che c’è in ognuno di noi. È il libro perfetto per chi pensa che l’arte non debba consolare, ma disturbare. E, forse, salvare.

Il volume, che gode della prefazione di Antonio Leo, è disponibile da oggi per l’acquisto sul sito della casa editrice o su Amazon, pubblicato dalla casa editrice salentina I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno.

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