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venerdì 14 novembre 2025
giovedì 13 novembre 2025
La Manovra nel caos: tra il botta e risposta Meloni-Schlein e l'asse solitario di Giorgetti - ecco cosa ne penso
Mentre il cronometro corre verso la scadenza degli emendamenti in commissione Bilancio, il dibattito sulla legge finanziaria assomiglia sempre meno a un rigoroso esercizio di contabilità nazionale e sempre più a un palcoscenico di monologhi slegati. L'Italia assiste a tre spettacoli paralleli: la rissa rituale tra maggioranza e opposizione, le fughe in avanti di un alleato ingombrante e la silenziosa partita a scacchi di un Ministro dell'Economia che guarda più a Bruxelles e a Shanghai che a Palazzo Madama.
Il primo atto è il più usurato. Da un lato, la premier Meloni rivendica (con un certo orgoglio contabile) di aver chiuso i rubinetti dei tagli agli enti locali per il 2026. Dall'altro, la segretaria Schlein estrae la calcolatrice e ricorda i miliardi sottratti nelle manovre precedenti.
È il classico dialogo tra sordi. La Premier difende l'oggi (o meglio, il dopodomani) ignorando il ieri; la leader PD attacca il ieri senza incidere sull'oggi. Nel mezzo, i sindaci – veri destinatari del messaggio – ascoltano l'eco di cifre che non tornano e assistono alla solita replica del centrodestra, che bolla l'avversaria come "marziana". Un copione stanco, che scalda gli animi dei militanti ma lascia irrisolti i problemi reali dei territori.
Se Atene piange, Sparta non ride. Il secondo atto è il cortocircuito interno alla maggioranza. Mentre la Presidente del Consiglio e il Ministro dell'Economia Giorgetti cercano faticosamente di chiudere una manovra blindata, il vicepremier Salvini torna a sventolare il vessillo della "rottamazione allargata".
"Per me resta sul tavolo", dichiara, sconfessando apertamente i vertici del governo. È difficile dire se sia tattica negoziale per ottenere altro, o semplice campagna elettorale permanente. Fatto sta che, nel momento più delicato della sessione di bilancio, il leader della Lega agisce da battitore libero, indebolendo la credibilità della linea economica dell'esecutivo e dando l'immagine di un'orchestra dove ogni strumento suona un proprio spartito.
Ma il vero dramma, quello con implicazioni strategiche ed economiche profonde, si sta consumando lontano dalle aule parlamentari. È il terzo atto, il "Giorgetti-show" a Bruxelles.
Mentre gli alleati si distraggono, il Ministro dell'Economia sta giocando la partita più importante: una guerra commerciale contro i colossi cinesi dell'e-commerce. Il tema è la "tassa Temu/Shein", quell'euro simbolico (ma non troppo) da imporre ai miliardi di pacchetti sotto i 150 euro che invadono l'Europa, eludendo di fatto dazi e regole di concorrenza.
Giorgetti ha fiutato il pericolo da mesi. Parla di "aggressione extraeuropea", di un mercato invaso da "prodotti a basso costo senza rispetto delle regole". E qui sta il punto: l'Ecofin sembra orientato a una soluzione (il 2028), ma il ministro vuole tutto e subito. Chiede di anticipare al 2026 e, soprattutto, preme per inserire una "norma-ponte" nazionale nella manovra attuale per bloccare l'esenzione doganale dal primo gennaio.
Se l'Ecofin darà il via libera, ci ritroveremo con un emendamento dell'ultima ora che non riguarda affatto le pensioni o la sanità, ma che ridisegna la nostra politica doganale in una mossa protezionista tanto coraggiosa quanto rischiosa.
Il quadro finale è quello di una profonda frammentazione. Abbiamo una Premier impegnata a difendere la narrazione della "manovra che non taglia", un vicepremier che sogna condoni e una leader d'opposizione che guarda allo specchietto retrovisore. E, defilato ma attivissimo, un Ministro dell'Economia che, stanco delle beghe domestiche, tenta di usare la legge di Bilancio come un ariete per forzare la politica industriale dell'Unione Europea.
Manca una visione d'insieme. E mentre la politica litiga su chi sia il "marziano", i container dalla Cina continuano ad arrivare. (Stefano Donno)
La collera verde di Monique Watteau (Agenzia Alcatraz)
L'Anatomia della Rabbia: Perché Hulk è il Mostro Definitivo della Marvel
Se chiedete a un lettore occasionale chi sia Hulk, vi risponderà: "È un bestione verde che spacca tutto". Non è sbagliato, ma è come dire che Amleto è "un tizio triste che parla da solo".
Come esperto che ha passato decenni a sfogliare gli archivi della Marvel, posso dirvi questo: l'Incredibile Hulk non è un supereroe. È una tragedia greca con radiazioni gamma. È l'opera più brutalmente onesta di Stan Lee e Jack Kirby sull'ansia dell'era atomica e, soprattutto, sul trauma infantile.
Per capire veramente Hulk, bisogna smettere di guardare i muscoli e iniziare a guardare la mente di Bruce Banner.
La Nascita del Golia (Grigio, poi Verde)
Quando The Incredible Hulk #1 uscì nel maggio 1962, il personaggio era molto diverso. Creato da Lee e Kirby nel pieno della paranoia nucleare, Hulk era originariamente grigio. La sua trasformazione avveniva solo al calar del sole, come un lupo mannaro.
Perché grigio? Era una scelta artistica di Lee per renderlo cupo e misterioso. Il problema fu puramente tecnico: la stampa dell'epoca faticava a mantenere una tonalità di grigio uniforme. Le pagine venivano a volte verdastre, a volte quasi nere. Dal secondo numero, Lee prese una decisione pragmatica: "Facciamolo verde. È un colore alieno, inquietante, e si stampa bene".
Ma l'origine, quella è rimasta invariata ed è fondamentale. Il Dottor Bruce Banner, un genio scientifico introverso e represso, si lancia a salvare un adolescente (Rick Jones) entrato nel campo di test di una Bomba Gamma. Banner assorbe la piena esplosione.
Mentre Superman è un alieno potenziato dal sole e l'Uomo Ragno è un adolescente morso da un ragno radioattivo (un incidente), Hulk è un uomo che inventa la propria rovina. È la scienza stessa, l'apice dell'intelletto umano, che partorisce il mostro primordiale. È il Dottor Jekyll che crea volontariamente la sua pozione, solo per rendersi conto che Mr. Hyde è sempre stato lì, in attesa.
Non un Solo Hulk: Il Pantheon della Psiche di Banner
Il vero genio del personaggio, e il motivo per cui è sopravvissuto per oltre 60 anni, non è la sua forza. È la sua complessità psicologica. La "malattia" di Banner non è una semplice trasformazione; è un Disturbo Dissociativo dell'Identità (DID) potenziato dai raggi gamma.
Bruce Banner non ha un alter ego. Ne ha dozzine. La sua mente è un condominio affollato di mostri, tutti nati dal trauma di un'infanzia segnata da un padre alcolizzato e violento, Brian Banner, che finì per uccidere la madre di Bruce.
Per un vero intenditore, queste sono le incarnazioni fondamentali:
Hulk Selvaggio (Savage Hulk): Il più famoso. È il "Hulk spacca!". Questo Hulk è letteralmente un bambino terrorizzato e capriccioso. Parla in terza persona ("Hulk è il più forte che c'è!"), ha la mentalità di un bambino di 3-5 anni e vede il mondo in termini semplici: "Amici" (Betty Ross, Rick Jones) e "Minacce" (tutto il resto). La sua forza illimitata deriva da un bisogno infantile: "Se sono abbastanza forte, nessuno potrà più farmi del male".
Joe Fixit (Grey Hulk): Il ritorno del colore originale, ma con una personalità nuova. Reso celebre dalla fondamentale run di Peter David negli anni '80, Joe Fixit è l'adolescente ribelle. È emerso quando Banner (creduto morto) si è nascosto a Las Vegas. Fixit è astuto, manipolatore, sarcastico e moralmente ambiguo. Non è forte come l'Hulk verde, ma è molto più pericoloso perché pensa. Lavorava come buttafuori in un casinò ed era un vero e proprio gangster.
Il Professore (Merged Hulk): Il sogno di Banner. Per un lungo periodo negli anni '90, lo psichiatra Doc Samson riuscì a integrare le personalità di Banner, dell'Hulk Grigio e dell'Hulk Selvaggio. Il risultato fu il "Professore": un essere con la forza immensa di Hulk (anche se limitata, poiché la rabbia non la aumentava) e l'intelletto geniale di Bruce Banner. Questo Hulk era l'eroe che Banner aveva sempre desiderato essere, leader del supergruppo Pantheon. Ma era un'illusione: si scoprì che questa non era una vera integrazione, ma solo un'altra personalità dominante che reprimeva le altre.
Hulk "Sfregio Verde" (Planet Hulk/World War Hulk): Questa è la versione che abbiamo visto nel MCU (in Thor: Ragnarok), ma nei fumetti è infinitamente più tragica. Tradito dagli "eroi" della Terra (gli Illuminati: Iron Man, Reed Richards, Dottor Strange) che lo ritenevano troppo pericoloso, Hulk viene esiliato nello spazio. Atterra sul pianeta Sakaar, dove passa da schiavo a gladiatore, da gladiatore a re. Trova amore, fratellanza e pace. Quando la sua nuova casa e sua moglie incinta vengono distrutte (per colpa, crede lui, degli eroi che lo hanno esiliato), nasce "Sfregio Verde". Non è un mostro selvaggio; è un Re guerriero intelligente, tatticamente brillante, e alimentato da un dolore e una rabbia così puri da minacciare di spaccare l'intero pianeta.
La Notizia: L'Orrore de "L'Immortale Hulk"
Se avete smesso di leggere Hulk negli anni '90 o 2000, vi siete persi quella che è, senza iperbole, una delle migliori serie a fumetti dell'ultimo decennio: The Immortal Hulk (di Al Ewing e Joe Bennett).
Questa serie ha ridefinito il personaggio, trasformandolo da un dramma sci-fi a un body horror psicologico.
La "notizia" fondamentale di questa run è una terrificante rivelazione: Hulk non può morire. Ewing ha stabilito che le radiazioni gamma non sono solo scienza; sono qualcosa di quasi metafisico. Hanno connesso Banner alla "Porta Verde", un reame infernale.
Questo significa che ogni volta che Bruce Banner muore (e muore spesso), il sole cala, e il suo corpo si ricompone grottescamente. L'Hulk che emerge di notte non è né il selvaggio né il professore. È l'"Hulk Demoniaco" (Devil Hulk), una figura paterna protettiva ma terrificante, che vede Banner solo come un guscio da proteggere. Questa serie esplora il corpo come una prigione e la rabbia come un'entità eterna. È un capolavoro che ha portato Hulk alle sue radici horror del 1962.
L'Eredità: "Il più forte che c'è"
Hulk non è forte nonostante Banner; è forte a causa di Banner.
La sua formula è semplice: più Hulk è arrabbiato, più Hulk diventa forte. Non c'è un limite teorico. Ha tenuto insieme placche tettoniche, distrutto asteroidi grandi il doppio della Terra e, in un'occasione, ha quasi distrutto un'intera dimensione con la sola forza d'urto dei suoi colpi.
Ma la sua vera forza, il motivo per cui continuiamo a leggerlo, è che Hulk è la metafora perfetta dell'emozione umana repressa. È ciò che tutti noi nascondiamo. Bruce Banner è l'ansia sociale, l'intelletto frustrato, il trauma che non riusciamo a elaborare. Hulk è l'urlo che soffochiamo, il pugno che non tiriamo, la rabbia che la società ci impone di controllare.
Hulk è l'eterno emarginato. Non sarà mai un Avenger a tempo pieno, non sarà mai un eroe amato come Capitan America. È il cane rabbioso che tutti temono, ma che in fondo vuole solo una cosa, come ha sempre detto: "Hulk vuole solo essere lasciato in pace".
mercoledì 12 novembre 2025
Il Tabù Infranto: Kuleba archivia la "vittoria" e svela la Realpolitik - ecco cosa ne penso
Le parole del ministro degli Esteri ucraino non sono un cedimento, ma la dolorosa ammissione di uno stallo che logora da mesi. L'Occidente è avvisato: la fase del negoziato è iniziata, e sarà brutale.
È un suono assordante, quello del silenzio che segue la rottura di un tabù. E Dmytro Kuleba, il capo della diplomazia di Kyiv e volto della resistenza ucraina nei salotti internazionali, quel tabù lo ha appena mandato in frantumi.
"Né Mosca né Kyiv possono vincere".
Rileggetelo. Non lo sta dicendo un analista neutrale da una torre d'avorio ginevrina; lo sta dicendoforse stremato, forse solo disperatamente pragmatico—lo stesso uomo che per quasi tre anni (siamo ormai a novembre 2025) ha giustamente difeso la narrativa della vittoria totale come unica opzione moralmente e strategicamente accettabile.
Le parole di Kuleba, riportate oggi, non sono un lapsus. Sono un epitaffio. Sono l'epitaffio sull'illusione che questa guerra di logoramento potesse finire con una parata trionfale sulla Piazza Rossa o con la resa incondizionata di Kyiv. È il brutale ingresso della Realpolitik in un conflitto finora dominato dalla retorica dell'eroismo e della giustizia assoluta.
Non fraintendiamo: Kuleba non sta parlando di resa. Sta parlando di realtà. La realtà di un fronte cementificato, di risorse che scarseggiano (da entrambe le parti) e di alleati occidentali la cui attenzione inizia a vacillare, distratti da altre crisi e dalla stanchezza interna.
Ma è sulla seconda parte della sua dichiarazione che si gioca la vera, dolorosa partita del futuro: "entrambi dovranno fare concessioni".
Eccola, la parola chiave. La parola che fino a ieri era sinonimo di tradimento: concessioni.
Qui, l'analisi deve farsi critica. Perché se Kuleba ha avuto il coraggio di svelare il re, ora dobbiamo chiederci di cosa sia fatto questo re nudo. Di quali "concessioni" stiamo parlando?
Le "concessioni" di Mosca sono forse il ritiro da territori che ha occupato illegalmente? Questa non è una concessione, è il ripristino del diritto internazionale.
Le "concessioni" di Kyiv, quindi, quali sarebbero? La Crimea? Il Donbass? La neutralità perpetua iscritta nella Costituzione? Kuleba, da navigato diplomatico, lancia il sasso e osserva i cerchi nell'acqua. Sa benissimo che l'asimmetria morale è totale: l'aggressore e l'aggredito non possono fare "concessioni" sullo stesso piano.
Eppure, lo dice. E lo dice perché il suo vero messaggio non è (solo) per Mosca. È per Washington, per Berlino, per Bruxelles. È un avvertimento crudo: se non potete o non volete darci gli strumenti per la vittoria militare totale, allora dovete sostenerci politicamente ed economicamente in un negoziato che sarà lungo, sporco e che richiederà di ingoiare rospi amarissimi.
Le parole di Kuleba segnano ufficialmente la fine della fase eroica del conflitto e l'inizio di quella diplomatica. Che, spesso, è altrettanto sanguinosa, anche se il sangue non scorre nelle trincee ma sulle mappe geografiche e sui trattati. Kuleba ha appena ammesso che per Kyiv il tempo dell'eroismo deve, per forza di cose, lasciare spazio al tempo del compromesso. Un compromesso che, inevitabilmente, avrà il sapore dell'ingiustizia. (Stefano Donno)
Il cimitero delle macchine di Sergio La Chiusa (Miraggi)
Giocando con le regole del patto tra narratore, personaggio e lettore, La Chiusa prende un’esistenza fittizia e anodina, per quanto emblematica, un personaggio da romanzo – Ulisse Orsini – e ci invita a osservarlo da vicino: un soggetto improduttivo, in esubero, ossessionato dalla propria sensazione di illegittimità. Uno che ha perso il lavoro e si rintana in casa, riducendosi a sgattaiolare sul pianerottolo per non incontrare i rispettabili condomini. Lo colloca in una metropoli nei primi anni Duemila, riconoscibile eppure fantastica, un cantiere interminato, coerente solo nella propria vocazione di «città della moda e degli eventi»; e lo segue nella sua tragicomica odissea urbana, attraverso paradossali ambulatori e ospedali simili a penitenziari, per vie ridotte a scarni residui dello sfruttamento economico, finché giunge – in mutande e con una valigia piena di biancheria – in una discarica dell’hinterland. Qui, nel cimitero delle macchine, tra i reietti accampati in mezzo a rottami e carcasse d’auto, Ulisse conosce Lazzaro Lanza, un imbianchino con aspirazioni messianiche, che lo trascina nelle azioni del suo movimento rivoluzionario (e nei suoi lavori di tinteggiatura). Il sardonico avvicendarsi di sipari architettato dall’autore rivela tutta l’assurdità del mondo contemporaneo e registra l’inesausto stato di tensione tra l’insostenibilità del reale e la fuga nell’immaginazione. Una tensione che ingabbia Ulisse e gli altri personaggi del romanzo, facendone le nostre grottesche controfigure.
Oltre il Telo della Realtà: Perché il Doctor Strange è il Pilastro Mistico della Marvel
Da un freddo tavolo operatorio alla difesa di dimensioni inconcepibili, la traiettoria di Stephen Strange non è solo una storia di origini: è l'atto di nascita dell'intero lato mistico dell'Universo Marvel. Per noi appassionati di lungo corso, Strange non è solo "lo stregone"; è il custode, il filosofo e il chirurgo della realtà stessa.
Quando Stan Lee e, soprattutto, l'inimitabile Steve Ditko evocarono il Dottore in Strange Tales #110 (1963), non stavano solo creando un altro eroe. Stavano spalancando una porta su un "Ditkoverso" di psichedelia, dimensioni astratte e orrori cosmici che ha definito il misticismo Marvel per decenni.
L'Architetto della Magia: L'Origine
Prima di lanciare incantesimi, Stephen Strange era l'incarnazione dell'arroganza scientifica. Un neurochirurgo brillante, venerato e incredibilmente egocentrico, la cui vita era definita dalle sue mani. Mani che, ironicamente, un catastrofico incidente d'auto ha reso inutili, distruggendo la sua carriera e il suo ego.
La sua caduta è stata totale. Diventato un reietto in cerca di una cura miracolosa, ha sperperato la sua fortuna inseguendo ogni speranza, fino a raggiungere l'Himalaya. Lì, in cerca di guarigione fisica, ha trovato qualcosa di infinitamente più grande: l'Antico.
Questo è il cuore della storia di Strange: la transizione dall'arroganza della conoscenza (sapere scientifico) all'umiltà della saggezza (comprensione mistica). Per salvare se stesso, ha dovuto prima smettere di pensare solo a se stesso, scegliendo di difendere l'Antico dal suo discepolo traditore, il Barone Mordo. In quell'atto di sacrificio, Strange ha trovato il suo vero scopo e ha iniziato il suo addestramento per diventare il Maestro delle Arti Mistiche.
Il Repertorio dello Stregone Supremo
Dimenticate i conigli dal cilindro. Il potere di Strange è concettuale, cosmico e spesso terrificante. Non si tratta solo di "raggi magici"; la sua è la magia dell'invocazione, del patto e della pura forza di volontà.
Il Maestro delle Arti Mistiche: Strange attinge potere da innumerevoli fonti. Invoca entità extradimensionali per alimentare i suoi incantesimi, pronunciando nomi che fanno tremare le fondamenta della realtà: "Per le Bande Cremisi di Cyttorak!", "Per l'Occhio Onniveggente di Agamotto!", "Per gli Osti di Hoggoth!".
Proiezione Astrale: La sua capacità di separare la sua forma spirituale da quella fisica gli permette di viaggiare attraverso le dimensioni, combattere su piani di esistenza diversi e operare al di fuori delle leggi fisiche.
Conoscenza Arcana: Il vero potere di Strange risiede nella sua mente. La sua conoscenza di incantesimi, contro-incantesimi e della struttura del multiverso è la sua arma più grande.
Naturalmente, non sarebbe un eroe Marvel senza il suo equipaggiamento iconico:
L'Occhio di Agamotto: Non una gemma del tempo (quella è una semplificazione cinematografica). Nei fumetti, è un amuleto di verità. Il suo "terzo occhio" mistico squarcia illusioni, rivela il vero e funge da potente scudo contro la magia oscura.
La Cappa della Levitazione: Più di un semplice mantello che vola. La Cappa è un artefatto senziente, incredibilmente resistente e fedele compagno di Strange, capace di agire di propria iniziativa per difenderlo o bloccare i nemici.
Il Libro dei Vishanti: L'antitesi del Darkhold. Questo tomo contiene ogni incantesimo di magia bianca e difensiva conosciuto. È la "Bibbia" dello Stregone Supremo, una fonte di conoscenza pura e benevola.
La Solitudine del Custode
Essere lo Stregone Supremo non è un titolo onorifico; è un fardello. È il compito di un singolo individuo di essere la prima e ultima linea di difesa della Terra contro minacce mistiche.
Questa posizione lo isola. Mentre i Vendicatori combattono robot e alieni, Strange combatte concetti. I suoi nemici non vogliono conquistare New York; vogliono consumare la realtà.
Dormammu: Il signore della Dimensione Oscura, un'entità tirannica di puro potere mistico e zio della sua più grande amata, Clea. La loro battaglia è eterna.
Barone Mordo: L'eterno rivale. Uno stregone brillante consumato dall'invidia, che crede che il titolo di Stregone Supremo gli spettasse di diritto.
Nightmare: L'incubo letterale. Il signore della Dimensione del Sogno, che si nutre della paura dell'umanità.
Shuma-Gorath: Un orrore lovecraftiano, un cancro interdimensionale di puro caos tentacolare.
Questa galleria di nemici dimostra che le battaglie di Strange non si vincono quasi mai con la forza bruta. Si vincono con l'astuzia, il sacrificio e l'accettazione che a volte "vincere" significa solo riuscire a pareggiare. Famosa è la sua prima "vittoria" contro Dormammu, ottenuta non con un pugno, ma costringendolo a un patto per salvare i propri sudditi.
Il Fulcro del Multiverso
Con il passare dei decenni, Strange si è evoluto. Da difensore della Terra, è diventato un giocatore chiave negli eventi cosmici. È stato un membro fondatore (e il più anomalo) dei Difensori, un "non-team" di solitari che includeva Hulk, Namor e Silver Surfer.
Più di recente, è stato una figura centrale negli Illuminati, un consiglio segreto dei più grandi eroi della Marvel. E ora, più che mai, è il punto di riferimento per tutto ciò che riguarda il Multiverso. È lui che naviga le incursioni, che comprende il costo della manipolazione temporale e che paga il prezzo magico per le azioni degli altri eroi.
Stephen Strange è il prezzo. È l'uomo che ha sacrificato il suo ego, la sua carriera e la sua normalità per proteggere una realtà che spesso nemmeno si accorge di essere in pericolo. È il chirurgo che, non potendo più salvare vite, ha scelto di salvare l'esistenza stessa
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