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venerdì 14 novembre 2025

Kiev sotto le bombe: Il cinismo di Putin e il sonno dell'Occidente - ecco cosa ne penso

L'attacco di stanotte non è solo una tragica escalation militare. È un messaggio politico inviato a un'Europa distratta, a un'America in stallo e a un governo ucraino indebolito dalla corruzione.

Mentre scriviamo, Kiev conta i suoi morti. Almeno quattro, si dice, ma il bilancio è tragicamente destinato a salire. Le sirene hanno squarciato l'alba del 14 novembre, seguite dal rombo di missili e droni. Palazzi residenziali sventrati, incendi, infrastrutture energetiche colpite. L'inverno è alle porte e la capitale ucraina rischia di trovarsi al buio e al gelo.

Sarebbe facile archiviare tutto questo come un'altra, terribile giornata di una guerra che si avvia al suo quarto anno. Un rumore di fondo a cui, vergognosamente, ci stiamo assuefacendo. Ma l'attacco di stanotte non è routine. È un calcolo glaciale. È un test.

Il Cremlino non ha scelto questa data a caso. Mentre l'attenzione militare è concentrata sulla logorante battaglia di Pokrovsk, Mosca alza il tiro sulla capitale per motivi che sono squisitamente politici, non solo strategici.

Primo: l'attacco è un test sulla tenuta interna dell'Ucraina. Arriva, guarda caso, proprio mentre il governo Zelenskyj è scosso dal più grave scandalo di corruzione dall'inizio dell'invasione, tanto da costringere alle dimissioni i ministri della Giustizia e dell'Energia. Putin colpisce nel momento di massima debolezza e minima fiducia interna, cercando di spezzare il legame tra un popolo esausto e una leadership in difficoltà.

Secondo: è un test sulla risolutezza dell'Europa. Proprio mentre a Bruxelles cresce la "resistenza" (leggi: stanchezza) verso nuove sanzioni e, soprattutto, verso il cruciale pacchetto di aiuti da 140 miliardi di euro, la Russia dimostra cosa accade quando il sostegno vacilla. Mosca scommette sul fatto che l'opinione pubblica europea, più preoccupata delle proprie bollette invernali che di quelle di Kiev, spingerà i governi a chiudere un occhio in cambio di una "pace" qualsiasi.

Terzo, e forse più importante: è un test sulla credibilità della Casa Bianca. I negoziati di pace sono in stallo. Gli ultimatum dell'amministrazione Trump sono scaduti nell'irrilevanza diplomatica. La Russia risponde alle minacce di sanzioni non con la trattativa, ma con una salva di missili. Dimostra che, sul campo, la deterrenza americana è evaporata.

L'operazione di stanotte, mascherata da rappresaglia per i presunti droni ucraini (duecento, dice Mosca, una cifra da propaganda), è in realtà un atto di cinismo strategico. Putin sa che l'Occidente è stanco. Sa che la presidenza Trump è focalizzata su altri scacchieri e che l'Unione Europea è divisa.

Le fiamme di Kiev non illuminano solo la notte ucraina; illuminano la nostra ipocrisia. Ogni missile caduto è un promemoria della nostra assuefazione. Se la risposta dell'Europa e degli Stati Uniti sarà ancora una volta fatta di blande condanne e aiuti ritardati, avremo solo confermato a Mosca che la sua strategia del terrore, alla lunga, paga. (Stefano Donno)








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