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lunedì 9 giugno 2025

Salto nel buio: un viaggio microscopico nell’azione e nel divertimento anni ’80

Immaginate un film che mescola l’energia frenetica di un action movie, il fascino di una commedia romantica e l’inventiva di una fantascienza che non si prende troppo sul serio. Salto nel buio (Innerspace, 1987), diretto dal maestro del divertimento Joe Dante, è esattamente questo: un cocktail esplosivo di risate, inseguimenti e trovate geniali, che cattura alla perfezione lo spirito degli anni ’80. Ispirato liberamente al romanzo Viaggio allucinante di Isaac Asimov (e al suo adattamento cinematografico del 1966), il film prende l’idea di un viaggio all’interno del corpo umano e la trasforma in una sarabanda di situazioni esilaranti, condita da effetti speciali all’avanguardia per l’epoca e da un cast in stato di grazia.
Un’idea folle, un eroe improbabile
Al centro della trama c’è un esperimento militare tanto audace quanto assurdo: una tecnologia in grado di miniaturizzare persone e oggetti fino alle dimensioni di un batterio, per poi iniettarli in un ospite e controllarlo telepaticamente. Il prescelto per il test è Tuck Pendleton (Dennis Quaid), un pilota d’aviazione dal passato glorioso ma dal presente un po’ sgangherato, caduto in disgrazia e con una vita sentimentale in subbuglio. Il piano? Iniettarlo in un coniglio da laboratorio. Ma, come prevedibile in un film di Joe Dante, le cose prendono una piega inaspettata.
Un’organizzazione criminale senza scrupoli vuole mettere le mani sul chip che controlla la miniaturizzazione, e un attacco al laboratorio manda all’aria l’esperimento. Nel caos, il professor Greenbush, uno degli scienziati, riesce a scappare e, in un grande magazzino, inietta la capsula con Tuck (ormai grande quanto un microbo) nel corpo di Jack Putter (Martin Short), un commesso ipocondriaco, goffo e terrorizzato da qualsiasi cosa. Jack, che inizialmente pensa di essere impazzito sentendo la voce di Tuck nella sua testa, si ritrova catapultato in un’avventura più grande di lui – letteralmente.
Un trio dinamico e un ritmo travolgente
La forza di Salto nel buio sta nel suo mix di personaggi ben caratterizzati e nel ritmo incalzante. Martin Short è una rivelazione nei panni di Jack: il suo personaggio, un concentrato di nevrosi e insicurezze, è il perfetto contraltare all’audacia sbruffona di Tuck, interpretato con carisma da Dennis Quaid. A completare il trio c’è Lydia (Meg Ryan), l’ex di Tuck, una giornalista brillante e spigliata che si unisce a Jack nella missione di recuperare il chip rubato e salvare Tuck, che ha solo 24 ore prima che la capsula torni alle sue dimensioni normali – con conseguenze disastrose per il povero Jack.
La chimica tra i tre protagonisti è irresistibile. Jack, con il suo mix di paura e determinazione, evolve da impiegato timoroso a eroe improbabile, mentre la relazione tra lui e Lydia aggiunge un tocco romantico che scalda il cuore senza mai risultare stucchevole. E poi c’è Tuck, intrappolato nel corpo di Jack, che guida il suo “ospite” con una combinazione di sarcasmo e disperazione. La scena in cui Tuck, grazie a un bacio appassionato tra Jack e Lydia, finisce nel corpo della ragazza – scoprendo che è incinta – è un esempio perfetto del tono del film: un mix di comicità, assurdità e cuore.
Azione, risate e un tocco di genio
Joe Dante, come sempre, si dimostra un maestro nel manipolare i generi. Salto nel buio è un action movie, ma anche una commedia slapstick, un thriller fantascientifico e persino una storia d’amore. Gli inseguimenti, le sparatorie e le trasformazioni facciali (una trovata visiva che sfrutta gli effetti speciali per creare momenti al tempo stesso inquietanti e divertenti) tengono alta la tensione, mentre le gag – come Tuck che combatte un’altra capsula usando i succhi gastrici di Jack o lo starnuto salvifico che espelle la capsula all’ultimo secondo – sono pura gioia anni ’80.
Gli effetti speciali, firmati dalla Industrial Light & Magic, erano all’avanguardia per l’epoca. Le sequenze all’interno del corpo umano, con arterie e organi rappresentati in modo vivido e creativo, non solo rendono omaggio a Viaggio allucinante, ma aggiungono un tocco di spettacolarità che amplifica il senso di meraviglia. Per enfatizzare la miniaturizzazione, Dante utilizza un trucco semplice ma efficace: molti oggetti di scena sono stati costruiti al doppio delle loro dimensioni reali, dando un’impressione di scala che rende le scene ancora più immersive.
Un film che respira anni ’80
Salto nel buio è un prodotto quintessenziale degli anni ’80, con il suo mix di ottimismo, esagerazione e ironia. La colonna sonora, le ambientazioni e il ritmo serrato riflettono un’epoca in cui il cinema d’intrattenimento non aveva paura di essere spudoratamente divertente. Dante, come sempre, dissemina il film di tocchi personali: il cameo del regista come tecnico di laboratorio, le due suore che appaiono (un suo marchio di fabbrica) e un’energia che trasuda amore per il cinema di genere.
Perché guardarlo oggi?
A quasi quattro decenni dalla sua uscita, Salto nel buio resta un film godibilissimo. È una capsula del tempo che cattura l’essenza di un’epoca, ma anche una storia universale di crescita personale, amore e coraggio. Martin Short e Dennis Quaid sono perfetti, Meg Ryan è adorabile, e la regia di Joe Dante trasforma un’idea folle in un’avventura che non annoia mai. Se cercate un film che vi faccia ridere, trattenere il fiato e magari anche commuovere un po’, Salto nel buio è la scelta perfetta. E chissà, magari vi verrà voglia di controllare se c’è una voce nella vostra testa che vi guida… o almeno di riguardare un classico che non ha perso un briciolo del suo fascino.




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domenica 8 giugno 2025

Spot - Shampoo PERM & COLOR - 1987 🩷 (HD)

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"Il mio nemico": una favola spaziale sull’amicizia che sfida l’odio verso l'altro

Immaginate un pianeta desolato, fatto di vulcani fumanti e tempeste di meteoriti, dove il confine tra amico e nemico si dissolve sotto la pressione di una sopravvivenza disperata. Questo è il cuore pulsante di Il mio nemico (Enemy Mine, 1985), un film di fantascienza che, dietro le sue astronavi e i suoi alieni, nasconde una storia universale sulla tolleranza e l’umanità. Diretto da Wolfgang Petersen, il regista di Das Boot, questo gioiello anni '80 è un mix di azione, dramma e una buona dose di cuore, che ancora oggi riesce a commuovere e far riflettere.
Un incontro tra mondi opposti
Siamo nella seconda metà del futuro, in un’epoca in cui l’umanità è in guerra con i Dracon, una razza aliena di rettiloidi unisex. Durante un furioso combattimento nello spazio, il pilota terrestre Willis Davidge (Dennis Quaid) e il Dracon Jeriba Shigan (un incredibile Louis Gossett Jr.) precipitano su Fyrine IV, un pianeta ostile e spettrale. Qui, tra paesaggi vulcanici e la minaccia di vampiri carnivori autoctoni, i due nemici giurati si ritrovano costretti a collaborare per sopravvivere. È l’inizio di un’odissea che li porterà a scoprire che il vero nemico non è l’altro, ma la paura e il pregiudizio.
La premessa potrebbe sembrare quella di un classico film d’azione fantascientifico, ma Il mio nemico è molto di più. È una parabola sull’empatia, raccontata con una sincerità che riflette lo spirito ottimista degli anni '80, un’epoca in cui il cinema amava sognare un mondo migliore. La sceneggiatura, tratta dal racconto di Barry B. Longyear, si prende il tempo di costruire il rapporto tra Davidge e Jeriba, passando da una diffidenza ostile a una comunicazione stentata, fino a un’amicizia profonda e commovente.
Un’amicizia che nasce dalla necessità
Uno degli aspetti più affascinanti del film è il modo in cui mostra il lento disgelo tra i due protagonisti. All’inizio, Davidge e Jeriba si scambiano insulti e colpi, incapaci di superare le barriere culturali e linguistiche. Ma la sopravvivenza su Fyrine IV li costringe a mettere da parte l’orgoglio: si salvano la vita a vicenda, condividono cibo e riparo, e piano piano iniziano a capirsi. È un processo realistico, mai forzato, che culmina in momenti di grande impatto emotivo, come quando i due trovano rifugio in una caverna durante una tempesta di meteoriti.
Qui il film prende una piega inaspettata: Jeriba, essendo un Dracon unisex, partorisce un piccolo alieno prima di morire. Questo evento trasforma Davidge da soldato in tutore, un ruolo che Dennis Quaid interpreta con una vulnerabilità sorprendente. La sua missione diventa proteggere il piccolo Zammis, affrontando i vampiri del pianeta e, più tardi, i pregiudizi dei suoi stessi compagni umani. È una storia di paternità adottiva che tocca corde profonde, resa ancora più potente dalla chimica tra i due attori principali.
Louis Gossett Jr., un alieno dal cuore umano
Parliamo di Louis Gossett Jr., che in Il mio nemico offre una performance straordinaria. Intrappolato per tutto il film in un costume da lucertolone, con squame, occhi gialli e una lingua biforcuta, Gossett riesce a trasmettere un’umanità disarmante. Ogni gesto, ogni inflessione della voce (resa aliena da un doppiaggio modulato), comunica la dignità e la complessità di Jeriba. Non è una sorpresa, considerando che Gossett era già un attore di calibro, reduce dal ruolo del sergente Foley in Ufficiale e gentiluomo (che gli valse un Oscar). Qui, però, si supera: il suo Jeriba è allo stesso tempo fiero, ironico e profondamente empatico, un personaggio che rimane nel cuore.
Dennis Quaid, dal canto suo, regge il confronto con un’interpretazione intensa e sfaccettata. Il suo Davidge evolve da arrogante pilota a figura paterna, passando attraverso momenti di rabbia, lutto e redenzione. La chimica tra i due è il motore del film, e le loro interazioni – spesso punteggiate da un umorismo sottile – danno al racconto un ritmo avvincente.
Un’estetica anni '80 che incanta
Visivamente, Il mio nemico è un prodotto del suo tempo, ma con un fascino senza età. Le riprese, iniziate in Islanda per i suoi paesaggi lunari e poi spostate in Ungheria per questioni di budget, catturano l’atmosfera aliena di Fyrine IV. I set vulcanici, con le loro nebbie e le luci soffuse, creano un senso di isolamento perfetto per la storia. Gli effetti speciali, pur datati rispetto agli standard odierni, hanno un fascino artigianale: il design dei Dracon, le astronavi e persino il computer di Jeriba che mostra una proteina in 3D nella battaglia iniziale sono dettagli che immergono lo spettatore in questo mondo.
La regia di Petersen, poi, bilancia sapientemente l’azione – come le sequenze di combattimento spaziale – con i momenti più intimi, dando spazio ai personaggi per respirare. La colonna sonora di Maurice Jarre, con i suoi toni epici e malinconici, amplifica l’emozione di ogni scena.
Un messaggio che parla ancora oggi
Il mio nemico è, in fondo, una favola. Non nel senso di qualcosa di ingenuo, ma di una storia che usa l’immaginazione per insegnarci qualcosa di profondo. In un’epoca di conflitti e divisioni, il messaggio del film – che l’amicizia e la comprensione possono superare anche le differenze più grandi – è più rilevante che mai. È un invito a guardare oltre le apparenze, a trovare il coraggio di costruire ponti invece di muri.
Se amate la fantascienza che non si limita a stupire con effetti speciali, ma punta al cuore, Il mio nemico è un must. È un film che ti fa ridere, piangere e riflettere, guidato da due performance indimenticabili e da una storia che, come le migliori favole, non invecchia mai. E poi, chi non vorrebbe vedere un sergente alieno e un pilota terrestre diventare improbabili compagni d’avventura su un pianeta infestato da vampiri? Mettetevi comodi e lasciatevi trasportare su Fyrine IV: ne vale la pena.




Spot - FERNET BRANCA (1 Minuto!) - 1987 🦅🥃(HD)

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