Scritto come un appassionato di cinema e serie TV, questo articolo esplora Greystoke: La leggenda di Tarzan (1984), diretto da Hugh Hudson, un film che si distingue nel panorama delle trasposizioni di Tarzan per la sua profondità emotiva, il suo approccio realistico e una narrazione che sfida le convenzioni del genere. Non è solo un racconto d’avventura, ma una meditazione sul conflitto tra natura e civiltà, identità e appartenenza, con un cuore pulsante che cattura ancora oggi.
Una storia di origini e dualità
La trama di Greystoke si apre nel 1886, con il naufragio di una nave diretta in Sudafrica che porta i nobili inglesi John Clayton e sua moglie Alice sulle coste selvagge dell’Africa occidentale. La coppia sopravvive, ma il destino è crudele: Alice muore dopo aver dato alla luce il loro figlio, John, e il padre viene ucciso da un gruppo di gorilla. Il piccolo, però, viene salvato da Kala, una gorilla che lo adotta come fosse suo. È l’inizio di una vita selvaggia per il futuro visconte di Greystoke, che cresce come Tarzan, signore delle scimmie, in un mondo primitivo ma autentico.
Il film, tratto dal romanzo di Edgar Rice Burroughs ma con un tono più cupo e introspettivo, si discosta dalle classiche avventure di Tarzan. Qui non c’è solo l’eroe muscoloso che domina la giungla: c’è un uomo diviso tra due mondi. Quando Philippe D’Arnot, un esploratore, scopre John e gli rivela la sua vera identità, il giovane si ritrova catapultato in un’Inghilterra vittoriana rigida e ipocrita. Accompagnato da Jane, l’assistente di D’Arnot (interpretata da Andie MacDowell, ma doppiata dalla straordinaria Glenn Close), Tarzan deve imparare a navigare un mondo di convenzioni sociali, abiti scomodi e falsi perbenismi. Ma il richiamo della giungla è più forte: un gorilla, suo vecchio amico, imprigionato in un museo per “scopi scientifici”, diventa il simbolo della sua alienazione. La scelta finale di John, tornare nella giungla, non è solo un rifiuto della civiltà, ma un’affermazione della sua vera identità.
Un film che parla al cuore
Ciò che rende Greystoke unico è la sua capacità di bilanciare avventura e introspezione. Hugh Hudson, reduce dal successo di Momenti di gloria, dirige con una sensibilità che rende ogni scena carica di emozione. La giungla non è solo uno sfondo esotico, ma un personaggio vivo, fotografato con una bellezza cruda e maestosa da John Alcott, lo stesso direttore della fotografia di Barry Lyndon. Le sequenze tra i gorilla sono straordinariamente autentiche, grazie a un lavoro pionieristico di addestramento e coreografia animale, che rende credibile il legame tra Tarzan e la sua “famiglia” adottiva.
Christopher Lambert, al suo primo grande ruolo, porta una vulnerabilità disarmante al personaggio di John/Tarzan. La sua trasformazione da selvaggio a gentiluomo è commovente, ma è nei momenti di silenzio, nei suoi sguardi persi, che il film trova la sua forza. Lambert rende palpabile il senso di smarrimento di un uomo che non appartiene del tutto a nessun mondo. Accanto a lui, Andie MacDowell (doppiata da Glenn Close, che dona alla sua Jane una voce calda e intensa) è una presenza luminosa, anche se il suo ruolo rimane più simbolico che centrale.
Curiosità e retroscena
Greystoke è un film che nasconde anche qualche aneddoto succoso. Lo sceneggiatore Robert Towne, insoddisfatto del risultato finale, decise di firmare il copione con lo pseudonimo P.H. Vazak, il nome del suo cane. Ironia della sorte, il copione ottenne una nomination all’Oscar, rendendo Vazak il primo “cane” candidato nella storia dell’Academy! Inoltre, il doppiaggio di Glenn Close per Jane fu una scelta dell’ultimo minuto, ma il suo timbro aggiunge un’eleganza che eleva il personaggio.
Perché guardarlo oggi?
In un’epoca di blockbuster fracassoni e reboot spesso privi di anima, Greystoke si distingue per la sua sincerità. Non è solo un film su Tarzan, ma una riflessione universale sull’identità e sul bisogno di trovare il proprio posto nel mondo. È un’avventura che non ha paura di rallentare per far riflettere, un dramma che sa emozionare senza scadere nel melenso. Se ami il cinema che parla tanto al cuore quanto alla mente, questo è un viaggio che vale la pena intraprendere. E chissà, magari ti ritroverai a chiederti: dove appartengo davvero?
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