Immaginate un’abbazia avvolta dalla nebbia, immersa nel silenzio rotto solo dal fruscio delle pergamene e dai passi furtivi dei monaci. È l’autunno del 1327, e in questo scenario gotico si dipana Il Nome della Rosa, la magistrale trasposizione cinematografica del capolavoro di Umberto Eco, diretta da Jean-Jacques Annaud nel 1986. Non è solo un film, ma un viaggio in un Medioevo oscuro, dove la fede si scontra con la ragione, e il mistero si nasconde tra le pagine di un libro proibito. Come appassionato di cinema, vi porto dentro questo thriller medievale, un’opera che intreccia storia, filosofia e tensione narrativa con una maestria rara.
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mercoledì 11 giugno 2025
Il Nome della Rosa: Un Thriller Medievale che Intreccia Mistero e Storia
Un Detective Medievale: Guglielmo da Baskerville
Al centro della storia troviamo Guglielmo da Baskerville, interpretato da un Sean Connery in stato di grazia. Lontano dal suo iconico James Bond, Connery dona al francescano una presenza magnetica: acuto, ironico, quasi un proto-Sherlock Holmes in saio. Accompagnato dal giovane novizio Adso da Melk (un Christian Slater acerbo ma convincente), Guglielmo arriva in un’abbazia del nord Italia per un incontro teologico di alto profilo. Ma il clima di devozione è presto spezzato da una serie di delitti misteriosi, che trasformano l’abbazia in un labirinto di sospetti e segreti.
Guglielmo, con il suo approccio razionale e quasi scientifico, si mette a indagare, sfidando il dogmatismo dell’epoca. La sua figura è un omaggio alla ragione in un mondo dominato dalla superstizione, e Connery lo rende credibile con un mix di carisma e vulnerabilità. Curiosità: il ruolo di Guglielmo era stato inizialmente pensato per Michael Caine, ma è difficile immaginare qualcuno diverso da Connery in questa parte. La sua performance è un pilastro del film, capace di rendere ogni scena un duello tra intelletto e oscurità.
Un Cast Eccezionale e un Antagonista Memorabile
Se Connery è il cuore razionale del film, l’inquisitore Bernardo Gui, interpretato da un superbo F. Murray Abraham, è la sua ombra minacciosa. Abraham porta sullo schermo un villain che incarna il fanatismo religioso: freddo, implacabile, pronto a vedere eresie ovunque. La sua interpretazione è così intensa che quasi ruba la scena, rendendo Bernardo Gui un simbolo del potere oppressivo dell’Inquisizione. È interessante notare che il vero Bernardo Gui morì in Francia, non linciato dalla folla come nel film, ma questa licenza poetica amplifica il dramma e il conflitto.
Il cast di contorno non è da meno. Dal povero Salvatore, un minorato accusato ingiustamente, alla giovane contadina che cattura il cuore di Adso, ogni personaggio aggiunge colore e spessore alla storia. La tensione tra Adso e la ragazza, in particolare, introduce una nota di umanità e desiderio in un contesto otherwise austero, rendendo il film accessibile anche a chi non è appassionato di dibattiti teologici.
La Biblioteca: Un Labirinto di Segreti
Il vero protagonista del film, però, potrebbe essere la biblioteca dell’abbazia, un luogo labirintico e proibito che sembra uscito da un sogno di Borges. È qui che Guglielmo scopre indizi legati a un libro misterioso, un testo che non dovrebbe esistere e che potrebbe essere la chiave degli omicidi. La biblioteca, con i suoi corridoi oscuri e le sue scale vertiginose, è quasi un personaggio a sé, simbolo della conoscenza nascosta e pericolosa. Un dettaglio curioso: il libro al centro del mistero è commentato da un certo Umberto da Bologna, un evidente omaggio a Umberto Eco, che insegnava proprio all’Università di Bologna. Questo gioco metatestuale è un regalo per i fan del romanzo, che troveranno nel film numerosi richiami alla penna erudita di Eco.
Un Thriller dai Meccanismi Quasi Perfetti
Il Nome della Rosa è un thriller medievale che funziona come un orologio svizzero. La regia di Annaud crea un’atmosfera densa, con una fotografia che alterna la bellezza austera dell’abbazia al suo lato più inquietante. La sceneggiatura, pur semplificando l’immensa complessità del romanzo di Eco, conserva il cuore della storia: il conflitto tra ragione e fede, tra libertà di pensiero e dogmatismo. Non è un film perfetto – alcuni passaggi narrativi sono un po’ frettolosi, e il finale può sembrare troppo drammatico rispetto al tono cerebrale del libro – ma è un adattamento che cattura l’essenza del testo originale senza tradirne lo spirito.
Per chi ama il cinema, questo film è un’esperienza che soddisfa su più livelli: è un giallo avvincente, un dramma storico, una riflessione filosofica. È il tipo di film che ti fa venir voglia di rileggere il libro, o di visitare un’abbazia medievale per sentirne l’eco. E se sei un fan di Sean Connery, beh, è un motivo in più per guardarlo: senza licenza di uccidere, ma con una mente affilata come una spada.
Perché Guardarlo?
Vale la pena vedere Il Nome della Rosa? Assolutamente sì. È un film che unisce intrattenimento e profondità, capace di parlare a chi cerca un mistero avvincente e a chi vuole riflettere sul potere della conoscenza. Se ami i thriller con un’ambientazione storica, o se sei affascinato dai dilemmi morali e intellettuali, questo film ti catturerà. E poi, diciamolo, chi non vorrebbe perdersi in quella biblioteca, anche solo per un’ora e mezza? Dimmi, sei più un tipo da enigmi come Guglielmo o da passioni come Adso? La risposta potrebbe dirci qualcosa su come vivresti questo capolavoro!
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