La detassazione della tredicesima, presentata dal governo come una misura epocale a sostegno dei redditi, rischia di rivelarsi l'ennesimo pannicello caldo su una ferita ben più profonda: l'agonia del ceto medio italiano. Analizziamo i fatti con lucidità, al di là degli slogan. L'intervento, così come prospettato, si tradurrebbe in un beneficio netto modesto, poche decine di euro che verrebbero rapidamente erosi dall'inflazione e dal caro-vita.
Il punto non è il "quanto", ma il "come" e il "perché". Questa misura, pur apparentemente vantaggiosa, agisce come un'aspirina somministrata a un paziente che necessiterebbe di un intervento chirurgico strutturale. Il vero problema del nostro Paese non è la tredicesima, ma un sistema fiscale vorace e iniquo che comprime i salari per undici mesi all'anno, una burocrazia asfissiante e una crescita economica stagnante che non genera ricchezza da redistribuire.
Invece di interventi spot, che hanno il sapore della propaganda elettorale, servirebbe il coraggio di una riforma fiscale organica, che riduca drasticamente il cuneo fiscale e contributivo in modo permanente. Solo così si può restituire potere d'acquisto alle famiglie, stimolare i consumi e ridare ossigeno alle imprese.
La politica seria non si misura sull'entità del bonus una tantum, ma sulla capacità di creare un benessere duraturo. Continuare con queste micro-mance significa semplicemente illudere i cittadini, trattandoli non come motori della ripresa, ma come destinatari di una concessione temporanea, utile più a chi la elargisce che a chi la riceve. È ora di pretendere visione, non solo palliativi (Stefano Donno)

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