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venerdì 7 novembre 2025

La Piazza Svuotata e il Palazzo Ironico: La Scommessa Persa dello Sciopero - ecco cosa ne penso

C'è un copione stanco che si ripete nel teatro della politica italiana, e la proclamazione dello sciopero generale della CGIL per il 12 dicembre ne è l'ultimo atto. Da un lato, Maurizio Landini che sventola la bandiera della "manovra ingiusta e sbagliata". Dall'altro, la premier Meloni che, anziché rispondere sul merito, impugna lo smartphone e affida ai social un'ironia tagliente sulla scelta del giorno: un venerdì.

In mezzo, c'è il Paese reale, quello che fatica ad arrivare a fine mese e che questo scontro, ormai più mediatico che sostanziale, rischia di lasciarlo solo.

Analizziamo i fatti. La CGIL ha ragioni da vendere, almeno sulla carta. Denuncia una legge di bilancio che non affronta l'emergenza numero uno: i salari. Mentre l'inflazione ha eroso il potere d'acquisto e il fiscal drag ha sottratto – secondo i calcoli del sindacato – 25 miliardi in tre anni dalle tasche di lavoratori e pensionati, il Governo risponde con misure insufficienti.

Non è solo Landini a dirlo. Le audizioni parlamentari, da Banca d'Italia all'Istat, hanno dipinto un quadro di crescita zero, se non di recessione tecnica, e hanno sollevato dubbi sulla capacità della manovra di ridurre le disuguaglianze. Anzi, secondo i critici, le accentua. La CGIL rincara la dose: "sei milioni di persone non riescono a curarsi" e le risorse, anziché andare a sanità e scuola, verrebbero dirottate altrove, persino verso il riarmo, come denuncia la sezione toscana del sindacato.

Questa è la piattaforma della protesta: salari, sanità, fisco equo. Temi concreti, che toccano la vita quotidiana.

E la risposta del Governo qual è? Non è un tavolo di crisi, non è una controproposta. È un tweet. "In quale giorno della settimana cadrà il 12 dicembre?", chiede ironica la Premier, alludendo al sospetto che lo sciopero sia solo un pretesto per allungare il weekend.

Questa strategia comunicativa è una lama a doppio taglio. Da un lato, è efficace: delegittima l'avversario, lo dipinge come parte di un'élite sindacale fuori dal tempo, più interessata alla "rivoluzione" da salotto che ai problemi reali, come già detto in passato dalla stessa Premier. Riduce una vertenza nazionale a una lamentela da "privilegiati".

Dall'altro lato, però, questa ironia è uno schiaffo a quella "maggioranza di questo Paese" che Landini cerca disperatamente di rappresentare. È la negazione stessa del problema. È dire, tra le righe, che chi protesta è un fannullone.

In questo scontro frontale, Landini vs. Meloni, entrambi rischiano di perdere. Landini rischia l'irrilevanza se lo sciopero (che, peraltro, non vede l'adesione unitaria di CISL e UIL) dovesse fallire, dimostrando che la cinghia di trasmissione tra sindacato e lavoratori si è rotta.

Ma il Governo rischia di più. Rischia di vincere una battaglia social perdendo il contatto con la realtà economica. L'ironia non accorcia le liste d'attesa e le battute sarcastiche non pagano le bollette. Il 12 dicembre, più che misurare la forza della CGIL, misurerà la profondità della frattura tra le promesse del Palazzo e le difficoltà della Piazza. E se la Piazza si sentirà non solo impoverita, ma anche derisa, l'inverno sociale sarà molto più rigido di quanto il Governo creda di poter gestire con un tweet. 

(Stefano Donno)





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