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domenica 16 novembre 2025

L'Ucraina al Bivio: Tra le Bombe su Kiev e il Fantasma del Ritiro, Zelensky Chiede Realismo – Ma l'Occidente Dove Guarda? - ecco cosa ne penso

Immaginate di svegliarvi con il rombo di centinaia di droni e missili che squarciano il cielo di Kiev, la capitale che per tre anni ha simboleggiato la resistenza ucraina contro l'invasione russa. Non è un incubo distopico, ma la cruda realtà del 14 novembre 2025: un attacco massiccio che ha lasciato almeno un morto e 15 feriti, con palazzi sventrati e sirene che echeggiano come un lamento collettivo. Sei vittime confermate in una notte di terrore, mentre l'Ucraina risponde colpendo una raffineria russa a Samara e un porto petrolifero nel Mar Nero con i suoi droni. In questo caos, Volodymyr Zelensky – l'uomo che ha trasformato un comico in un'icona di libertà – evoca l'impensabile: il ritiro da Pokrovsk, la roccaforte del Donbass che Mosca assedia con tattiche da manuale del terrore moderno.Non è una sconfitta annunciata, ma un grido di pragmatismo disperato. "Possibile il ritiro da Pokrovsk per preservare i nostri soldati prima di tutto", ha dichiarato Zelensky in un'intervista che ha gelato i suoi stessi sostenitori. Pokrovsk, epicentro dei combattimenti, non è solo un punto sulla mappa: è il simbolo della tenacia ucraina, una città mineraria che resiste come Bakhmut un tempo, ma ora sotto il fuoco di droni kamikaze, moto improvvisate e assalti in piccoli gruppi – una strategia russa che ha abbandonato il "tritacarne" di carne umana per un tritacarne high-tech, letale e low-cost. Kiev tenta di arginare l'offensiva, ma il terreno cede: la strada tra Selydove e Pokrovsk è distrutta, e la Russia avanza, non con la forza bruta di un tempo, ma con l'astuzia di chi sa che l'Occidente è stanco di mandare elmetti e promesse.Qui entra il mio bisturi critico: Zelensky ha ragione a evocare il ritiro? Assolutamente sì, se significa salvare vite invece di offrire un altro trofeo a Putin. Ma è un'ammissione che squarcia il velo di eroismo romantico con cui l'Occidente ha venduto questa guerra. Da tre anni sentiamo slogan – "Stand with Ukraine" – ma dove sono i missili a lungo raggio che potrebbero ribaltare il Donbass? Dove l'impegno NATO che va oltre le sanzioni tiepide? L'UE, con Kallas che tuona "prepararsi alla guerra per la pace", sembra più interessata a posture che a proiettili. E gli USA? Trump all'orizzonte borbotta di negoziati, mentre Biden – o chi per lui – conta i dollari spesi in un conflitto che rischia di diventare un pantano eterno.Critico aspramente Mosca, ovvio: questi raid su civili non sono "operazioni speciali", ma crimini di guerra che puzzano di disperazione. Putin, con i suoi 430 droni e 18 missili nella notte del 15 novembre, non conquista cuori, ma solo macerie. Eppure, l'Ucraina non può vincere da sola. L'accordo per liberare 1.200 prigionieri russi è un barlume di umanità in mezzo al sangue, ma non basta. Serve un cessate il fuoco negoziato, non imposto, con garanzie reali: neutralità ucraina in cambio di integrità territoriale, e un'ONU che smetta di essere un club di chiacchiere.Zelensky evoca il ritiro non per debolezza, ma per visione: Pokrovsk non deve essere un altro Mariupol. L'Occidente, sveglia! Se non acceleriamo gli aiuti – veri, non retorici – questa guerra divorerà non solo il Donbass, ma la nostra credibilità globale. L'Ucraina combatte per noi, per un ordine mondiale dove i deboli non soccombono ai bulli nucleari. Ma se la lasciamo sanguinare, il ritiro da Pokrovsk sarà solo l'inizio di un domino che ci travolgerà tutti.È tempo di agire, non di applaudire da lontano. La pace non è resa: è strategia. E la storia, crudelmente, non perdona gli indecisi. (Stefano Donno)




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