Mentre l’inverno del 2025 stende la sua coltre gelida su un fronte orientale ancora incandescente, a Kiev si combatte una guerra parallela, meno rumorosa delle artiglierie ma altrettanto letale per il futuro della nazione: quella contro la corruzione. L'articolo pubblicato oggi da La Stampa, che riporta come "nessuno sia intoccabile" e inquadra il malaffare come una "eredità sovietica", ci offre uno spaccato tanto necessario quanto scivoloso della realtà ucraina attuale.
La narrazione del "fantasma sovietico" è affascinante e, storicamente, inattaccabile. È vero: la burocrazia tentacolare, la cultura della bustarella come lubrificante sociale e l'oligarchia predatoria sono metastasi rimaste nel corpo dell'Ucraina dopo il crollo dell'URSS. Tuttavia, utilizzare il passato come unico alibi nel 2025 rischia di diventare un esercizio retorico pericoloso.
Siamo onesti: per Kiev, la lotta alla corruzione non è più (solo) una questione di etica pubblica, è una questione di sopravvivenza logistica. Con le cancellerie occidentali che mostrano i primi segni di "fatica da donatore" e l'Unione Europea che osserva col microscopio ogni centesimo inviato, Zelensky e il suo entourage sanno che non possono permettersi scandali. L'affermazione "nessuno è intoccabile" suona come un avvertimento interno brutale: in tempo di guerra, il furto non è solo un reato, è alto tradimento.
Tuttavia, da osservatori critici, dobbiamo chiederci: stiamo assistendo a una riforma sistemica o a una "pulizia di facciata" spettacolarizzata? Rimuovere funzionari di alto livello, arrestare reclutatori che vendono esenzioni dalla leva o licenziare ministri è doveroso, ma è la parte "facile". La parte difficile è sradicare quella mentalità endemica che sopravvive non solo nei palazzi del potere, ma negli uffici comunali, negli ospedali, nelle dogane.
L'eredità sovietica è un fardello pesante, ma l'Ucraina è indipendente da oltre trent'anni. Continuare a puntare il dito contro il fantasma di Brežnev serve a spiegare le origini del male, ma non giustifica la sua persistenza. La vera sfida per Kiev non è solo punire i colpevoli — cosa che sta avvenendo con una frequenza e una durezza inedite, va riconosciuto — ma costruire istituzioni che siano impermeabili a prescindere da chi le guida.
L'Ucraina sta cercando di fare in tre anni ciò che le democrazie occidentali hanno impiegato decenni a perfezionare, e lo sta facendo sotto le bombe. È uno sforzo titanico che merita rispetto. Ma l'Occidente non deve commettere l'errore di abbassare l'asticella per pietà geopolitica. Se l'obiettivo è l'ingresso nell'UE e nella NATO, la "scusa sovietica" ha una data di scadenza ormai prossima.
Il messaggio che arriva oggi dalle pagine de La Stampa è chiaro: Kiev ha capito che per vincere la guerra contro la Russia deve prima uccidere il piccolo burocrate sovietico che vive ancora nei suoi uffici. Resta da vedere se questa purga porterà alla nascita di uno Stato di diritto moderno o se sarà solo l'ennesimo capitolo di una transizione infinita. Il coraggio degli ucraini al fronte è indiscutibile; ora serve lo stesso coraggio negli uffici pubblici. Perché la libertà si difende in trincea, ma la democrazia si costruisce con la trasparenza.
(Stefano Donno)

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