Il Mediterraneo tra Cinque e Ottocento è uno spazio attraversato da uomini e merci, condiviso nei commerci, conteso militarmente e contrapposto religiosamente. Lungo le sue sponde si proietta la potenza degli Stati nazionali, degli imperi spagnolo e ottomano e dei rispettivi alleati; le sue rotte sono agitate dalle loro aspirazioni di conquista politica e di egemonia economica che lo rendono teatro della guerra da corsa e, in subordine, della pirateria. La corsa ha perciò cause politiche, militari, economiche, religiose; essa produce captivi, ridotti in schiavitù e redenti da istituzioni laiche o ecclesiastiche, mercanti, mediatori, familiari. Il riscatto diventa una lucrosa attività che intreccia una fitta rete finanziaria e genera un flusso di informazioni e conoscenze condivise. Per sottrarsi alla schiavitù molti rinnegano la propria fede: conversioni sincere o opportuniste, segrete o esibite, pongono il tema della liceità della dissimulazione e della libertà di fede. Ispirato dalle storie di migrazioni odierne, il libro descrive uomini e donne in movimento capaci di elaborare strategie, costruire relazioni, riconfigurare le proprie vite sullo sfondo di un Mediterraneo che mette alla prova i loro destini.
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