31 Dicembre 2025 – C’è un vecchio adagio persiano che dice: “Chi non ha pane, non ha fede”. Ma oggi, nelle strade di Teheran e Isfahan, chi non ha pane ha trovato qualcos'altro: la rabbia. E forse, un alleato tanto inaspettato quanto ingombrante.
L'Iran è in fiamme, ancora una volta. Ma questa non è la solita fiammata ideologica; è l'incendio strutturale di un sistema economico al collasso. Con l'inflazione che morde le caviglie al 45% e i prezzi dei generi alimentari schizzati del 70%, il patto sociale non scritto tra il regime degli Ayatollah e la classe mercantile – i potenti bazaari che furono il motore della Rivoluzione del '79 – si è definitivamente rotto. Vedere i commercianti abbassare le serrande per unirsi agli studenti universitari non è solo cronaca: è la campana a morto per la legittimità della Repubblica Islamica.
Tuttavia, c'è un elemento stonato in questo coro di disperazione, un'ombra che si allunga da Tel Aviv fino a Piazza Azadi. Il Mossad ha deciso di non restare a guardare. "Scendete insieme nelle strade. È giunto il momento. Siamo con voi": questo il messaggio che rimbalza sui canali criptati e che il regime sventola ora come la prova regina del "complotto sionista".
Siamo onesti: per gli studenti che gridano "Né Gaza né Libano, la mia vita per l'Iran", l'endorsement dell'intelligence israeliana è un'arma a doppio taglio, se non un vero e proprio bacio della morte. Da un lato, conferma che Teheran è un gigante dai piedi d'argilla, vulnerabile e infiltrato. Dall'altro, regala su un piatto d'argento alla propaganda di regime l'alibi perfetto per la repressione. Il Procuratore Generale Mohammad Movahedi-Azad non aspettava altro per bollare ogni grido di fame come un "copione scritto all'estero" e scatenare la milizia.
La strategia di Israele è cinica ma chiara: soffiare sul fuoco per tenere il nemico impegnato a spegnere l'incendio in casa propria. Ma per il popolo iraniano, stretto tra la morsa di un regime cleptocrate incapace di garantire la sussistenza e l'abbraccio soffocante di chi li usa come pedine geopolitiche, la strada per la libertà si fa sempre più stretta e ripida.
Il regime vacilla, è vero. Ma un'opposizione legittimata dal "Nemico Sionismo" rischia di alienarsi quella parte di popolazione nazionalista che odia il turbante ma non ama la stella di David. La rivoluzione della fame è iniziata, ma se il suo sponsor più rumoroso diventa il Mossad, il rischio è che il sangue versato dagli studenti serva solo a ridisegnare le mappe del potere regionale, e non a riempire i piatti vuoti degli iraniani (Stefano Donno)

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