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martedì 25 marzo 2025

L'Etica del viandante di Umberto Galimberti (Feltrinelli)

 Immaginate un mondo dove non c’è più una meta, un cartello con scritto 'arrivo', né un’app che ti dice 'gira a destra tra 300 metri'. Immaginate un tizio – o una tizia, eh, non discriminiamo – che cammina, semplicemente cammina, senza Google Maps, senza un ‘dove sto andando’ tatuato in testa. Questo è il viandante di Umberto Galimberti, e no, non è un hippie in crisi esistenziale con lo zaino in spalla. È la risposta a un mondo che abbiamo incasinato con la tecnica, l’atomica e pure con l’IA che sto usando per scrivere ‘sto post (sì, scherzo, sono umano... o forse no?).

In L’etica del viandante (Feltrinelli), Galimberti ci sbatte in faccia una verità che fa male: l’etica dell’Occidente, quella col manuale 'uomo al centro, tutto il resto è contorno', è implosa. La tecnica? Non le puoi dire 'fermati', perché lei risponde 'posso, quindi faccio'. E noi, da bravi moderni, ci siamo illusi che pensare bene portasse al bene. Poi è arrivato il nazismo, la Shoah, Oppenheimer che gioca a Prometeo con l’atomica, e ciao illusioni. Come dice il filosofo argentino Benasayag, citato nel libro: dopo la Seconda guerra mondiale, la frase 'chi pensa bene pensa il bene' è diventata una barzelletta tragica.
Allora Galimberti ci lancia un salvagente: il viandante. Non il viaggiatore con l’itinerario su TripAdvisor, ma uno che cammina senza possedere, senza meta, tipo un Ulisse dantesco che dice 'Itaca? Carina, ma ora vediamo cosa c’è dopo'. È un’etica biocentrica, dove al centro non c’è l’uomo (scusate, egocentrici) ma la vita – quella di tutti: umani, piante, animali. Addio Stati, confini, guerre tollerate oltre la frontiera. La terra è la nostra unica patria, e la fraternità – quella che la Rivoluzione francese ha lasciato in soffitta – diventa la chiave.
E qui arriva il colpo di genio: non si tratta di valori, perché i valori dividono (tipo 'la mia patria è meglio della tua'). Si tratta di interessi, perché sull’interesse si media. È un’evoluzione culturale, un salto dalla clava alla bomba atomica, ma al contrario: verso la fratellanza, coi diritti della natura inclusi. San Francesco approverebbe, con quel suo 'fratello sole, sorella luna'.

Il viandante di Galimberti non è un anarchico che vaga a caso. È uno che abita il mondo nella sua 'innocenza casuale', senza cercare un senso che la tecnica ha già polverizzato. Heidegger lo aveva capito: 'tutto funziona, ed è proprio questo l’inquietante'. La tecnica non salva, non redime, non dà verità. Funziona e basta. E noi? Siamo sradicati, come diceva lui guardando la Terra dalla Luna.

Quindi sì, leggete questo libro. È un pugno nello stomaco, ma anche un invito a non aver paura dell’insolito – che sia l’IA, i migranti o il clima che ci urla 'svegliatevi'. Il viandante non ha catene, solo orme. E forse, in un mondo senza senso, è l’unico modo per non perdersi del tutto. Nietzsche lo direbbe meglio: 'La costa è sparita, orsù, coraggio, vecchio cuore!' (s.d.)

Emergenza rifiuti a Poggiardo ...

Immaginate di vivere a 500 metri da un impianto di biostabilizzazione che da 28 anni vi soffoca con puzza irrespirabile, soprattutto d’estate, quando il turismo dovrebbe portare bellezza e non miasmi. Immaginate di aspettare il 2 giugno 2025 come una liberazione, la fine di un incubo, e poi scoprire che da Bari, con una delibera dell’11 febbraio, ti dicono: “No, cari cittadini di Poggiardo e Vaste, continuate a soffrire fino al 31 dicembre”. È assurdo, è ingiusto, è una vergogna!
La Regione Puglia, in vent’anni di governo di centrosinistra, ha fallito clamorosamente sul ciclo dei rifiuti. Non ha costruito impianti pubblici, non ha chiuso il cerchio, ha lasciato che il Salento diventasse la discarica di tutti, da Lecce a fuori provincia. L’impianto di Pastorizze, pensato per 129mila tonnellate l’anno, è stato costretto a ingoiare molto di più, trasformando un paese in un inferno olfattivo. E ora? Invece di ascoltare chi da decenni respira veleno, Emiliano e i suoi prorogano l’agonia.
Ma sapete qual è il vero scandalo? Che c’era un piano, quello del 2021, bocciato da chi aveva un briciolo di buonsenso, che prometteva discariche a Cerignola e Conversano. Risultato? Zero. Nada. Il Salento continua a tappare i buchi di una Regione incapace, mentre Poggiardo e Vaste gridano “Basta!”. Noi non ci stiamo: abbiamo portato la battaglia in Consiglio regionale con un’interrogazione urgente a Triggiani, una richiesta di audizione e una mozione chiara: il 2 giugno si chiude, punto. Niente proroghe, niente promesse vuote.
Questa non è solo la lotta di un paese, è la ribellione di un’intera comunità stanca di essere usata come pattumiera. La Regione deve smetterla di scaricare i suoi fallimenti sul Salento. Rivogliamo l’aria pulita, la dignità, il diritto di vivere senza tapparsi il naso. Il 2 giugno non è una data, è un ultimatum: la pazienza è finita, e la voce di Poggiardo deve diventare un ruggito che arrivi fino a Bari! (s.d.)

La Galleria Belle Arti Caiulo

Ci sono luoghi che non sono solo muri e vetrine, ma scrigni di sogni, di colori, di vite. La Galleria Belle Arti Caiulo, nel cuore barocco di Lecce, è uno di questi. Sessant’anni di storia, un riconoscimento come 'Negozio Storico' dalla Regione Puglia, e un’eredità che profuma di vernice e passione. Salvatore Caiulo, l’uomo dietro quel grembiule bianco, non era solo un commerciante d’arte: era un maestro silenzioso, un faro per chi, magari senza saperlo, custodiva dentro di sé un’anima creativa.
Da quella bottega in Via Ascanio Grandi, a due passi dalle pietre vive del centro storico, sono passati tutti: studenti dell’Accademia di Belle Arti con i loro primi bozzetti, ragazzi del Liceo Artistico con gli occhi pieni di speranze, artisti già affermati in cerca di una tela 'Leonardesca' o di un consiglio sincero. Salvatore ascoltava, intuiva, guidava. Con umiltà e un sorriso, trasformava idee in pennellate, dubbi in opere. E lo faceva in un Salento che, grazie a lui e a tanti altri, si è sempre confermato terra di bellezza e ingegno.
Oggi, pensando a lui, che ci ha lasciati quel 4 luglio, mi viene in mente il coraggio dei suoi inizi: un ragazzo che, contro il parere del padre e con l’ispirazione dello zio pittore Gabriele Caiulo, ha trasformato due locali malconci in un tempio dell’arte. Da lì sono nati incontri, mostre, momenti che hanno fatto storia: da Ercole Pignatelli a Michele Palumbo, da Edoardo De Candia a tanti altri che hanno dipinto l’anima della nostra terra.
La Galleria resta lì, come un battito che non si spegne. Ogni volta che qualcuno varcherà quella soglia, sentirà ancora l’eco di Salvatore, il suo lascito che vive in ogni sfumatura di colore. Grazie, Maestro, per averci insegnato che l’arte non è solo fuori di noi, ma è qualcosa che possiamo trovare, se qualcuno ci aiuta a cercarla.



Trump contro l'Europa: Un Isolazionismo Pericoloso o una Sveglia Necessaria? - ecco cosa ne penso

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