Immaginate un’epoca in cui il ronzio di un floppy disk che si caricava era il suono del futuro, e un monitor a fosfori verdi sembrava la porta d’accesso a un universo di possibilità. È il 1983, e tra i vicoli di Calabasas, vicino a Los Angeles, un gruppo di adolescenti armati di un Commodore 64 e di un’inesauribile curiosità dà vita a una serie che, pur non diventando un fenomeno di massa, ha lasciato un’impronta indelebile nell’immaginario degli anni ’80: I Ragazzi del Computer (in originale Whiz Kids). Come esperto di cinema e televisione, vi porto a riscoprire questa gemma dimenticata, un mix di avventura, tecnologia e quel pizzico di ingenuità che rende gli anni ’80 così irresistibilmente nostalgici.
Un’ode all’alba dell’informaticaI Ragazzi del Computer nasce in un momento in cui l’informatica personale stava muovendo i primi passi. I personal computer come il Commodore 64, l’Apple II e il Sinclair ZX-81 non erano solo strumenti, ma simboli di una rivoluzione tecnologica. La serie, creata da Philip DeGuere Jr. e trasmessa dalla CBS tra il 1983 e il 1984, cavalca l’onda del successo di Wargames (1983), il film che aveva trasformato l’hacker adolescente in un’icona culturale. Ma se Wargames era un thriller teso, I Ragazzi del Computer è un’avventura più leggera, quasi una versione teenager de La Signora in Giallo, con un computer al posto di Jessica Fletcher.Al centro della storia c’è Richie Adler, un giovane genio dell’informatica interpretato da Matthew Labyorteaux, che costruisce RALF, un computer “senziente” (o almeno così lo immaginavano negli anni ’80) usando pezzi di scarto forniti dal padre, un misterioso impiegato governativo. Insieme ai suoi amici Ham, Jeremy e Alice, Richie usa RALF per giocare a Frogger, fare i compiti e, inevitabilmente, risolvere crimini. Frodi bancarie, complotti internazionali, progetti segreti di aziende chimiche: nulla sfugge al gruppo, che collabora con il giornalista Llewellen Farley (Max Gail) e il tenente di polizia Neal Quinn (A. Martinez). Ogni episodio è un piccolo giallo tecnologico, condito da un’ingenuità che oggi ci fa sorridere, ma che all’epoca era pura magia.Perché ci ha conquistato (e perché no)Guardare I Ragazzi del Computer oggi è come aprire una capsula del tempo. La serie cattura perfettamente l’entusiasmo degli anni ’80 per l’informatica, quando un adolescente con un modem e un po’ di BASIC poteva sentirsi un supereroe. La sigla, accompagnata dall’ouverture de La Gazza Ladra di Rossini, è un’esplosione di energia, con immagini di floppy disk che girano e schermi che si illuminano. Gli episodi, pur semplici, sono ricchi di dettagli che fanno brillare gli occhi agli appassionati di retrocomputing: dal Commodore 64 al TRS-80, fino al robot giocattolo Hero 1 della Heathkit, la serie è un catalogo vivente della tecnologia dell’epoca.Eppure, I Ragazzi del Computer non è priva di difetti. Con soli 18 episodi, la serie non ha avuto il tempo di costruirsi un pubblico fedele, anche a causa di una programmazione erratica da parte della CBS, che spostava continuamente gli orari di messa in onda. Come ricorda un fan su IMDb, “ero un tredicenne che cercava disperatamente di guardarlo, ma la CBS lo rendeva impossibile!”. Inoltre, alcune trame soffrono di ingenuità tecniche: l’idea che RALF possa ingrandire una foto oltre la risoluzione dei pixel o risolvere crimini internazionali con pochi clic è adorabilmente anacronistica. Ma è proprio questo mix di ambizione e limiti a rendere la serie un documento storico, un riflesso di un’epoca in cui l’informatica era ancora un sogno a metà tra scienza e fantascienza.I momenti memorabiliTra i momenti più iconici, non si può non citare il crossover con Simon & Simon, una serie poliziesca dell’epoca. Nel terzo episodio, Deadly Access, appare A.J. Simon (Jameson Parker), e i ragazzi ricambiano la visita in un episodio di Simon & Simon intitolato Fly the Alibi Skies. Questo scambio era un trucco tipico degli anni ’80 per attirare spettatori, ma aggiunge un tocco di fascino al mito della serie. Un altro episodio memorabile è Amen to Amen-Re, dove Farley sembra vittima di una maledizione egizia, unendo mistero e un pizzico di soprannaturale che rende la serie imprevedibile.La vera star, però, è RALF. Con il suo sintetizzatore vocale e il braccio robotico che versa bibite, RALF è il precursore di assistenti virtuali come Siri o Alexa, ma con un’anima da anni ’80. È impossibile non sorridere quando Richie gli chiede di analizzare una foto o di hackerare un sistema, come se un Commodore 64 potesse davvero competere con i supercomputer del Pentagono.Un’eredità sottovalutataNonostante la sua breve durata, I Ragazzi del Computer ha avuto un impatto culturale significativo, specialmente in Italia, dove è stata trasmessa su Italia 1 dal 1985 al 1990 (anche se l’episodio 11 rimase inedito). Per molti adolescenti, la serie è stata un’ispirazione per avvicinarsi all’informatica. Un commento su un blog italiano ricorda: “Sull’onda del telefilm mi feci acquistare un adattatore telematico per il mio C64. Che delusione scoprire che non era così semplice diventare un hacker!”. La serie ha contribuito a rendere l’informatica accessibile, trasformando i computer da strumenti per nerd a simboli di avventura e possibilità.Vale la pena recuperarlo?Se sei un nostalgico degli anni ’80, un appassionato di retrocomputing o semplicemente curioso di vedere come il nostro rapporto con la tecnologia veniva immaginato 40 anni fa, I Ragazzi del Computer merita una chance. Non aspettarti la complessità di una serie moderna: le trame sono semplici, i dialoghi a volte ingenui, e la tecnologia datata può strappare una risata. Ma c’è una sincerità in questa serie che cattura il cuore. È il racconto di un’epoca in cui i computer erano sinonimo di speranza, e un gruppo di ragazzi poteva sognare di salvare il mondo con un floppy disk e un po’ di coraggio