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mercoledì 30 luglio 2025

I Ragazzi del Computer: Quando un Commodore 64 Sognava di Cambiare il Mondo

 Immaginate un’epoca in cui il ronzio di un floppy disk che si caricava era il suono del futuro, e un monitor a fosfori verdi sembrava la porta d’accesso a un universo di possibilità. È il 1983, e tra i vicoli di Calabasas, vicino a Los Angeles, un gruppo di adolescenti armati di un Commodore 64 e di un’inesauribile curiosità dà vita a una serie che, pur non diventando un fenomeno di massa, ha lasciato un’impronta indelebile nell’immaginario degli anni ’80: I Ragazzi del Computer (in originale Whiz Kids). Come esperto di cinema e televisione, vi porto a riscoprire questa gemma dimenticata, un mix di avventura, tecnologia e quel pizzico di ingenuità che rende gli anni ’80 così irresistibilmente nostalgici.

Un’ode all’alba dell’informaticaI Ragazzi del Computer nasce in un momento in cui l’informatica personale stava muovendo i primi passi. I personal computer come il Commodore 64, l’Apple II e il Sinclair ZX-81 non erano solo strumenti, ma simboli di una rivoluzione tecnologica. La serie, creata da Philip DeGuere Jr. e trasmessa dalla CBS tra il 1983 e il 1984, cavalca l’onda del successo di Wargames (1983), il film che aveva trasformato l’hacker adolescente in un’icona culturale. Ma se Wargames era un thriller teso, I Ragazzi del Computer è un’avventura più leggera, quasi una versione teenager de La Signora in Giallo, con un computer al posto di Jessica Fletcher.Al centro della storia c’è Richie Adler, un giovane genio dell’informatica interpretato da Matthew Labyorteaux, che costruisce RALF, un computer “senziente” (o almeno così lo immaginavano negli anni ’80) usando pezzi di scarto forniti dal padre, un misterioso impiegato governativo. Insieme ai suoi amici Ham, Jeremy e Alice, Richie usa RALF per giocare a Frogger, fare i compiti e, inevitabilmente, risolvere crimini. Frodi bancarie, complotti internazionali, progetti segreti di aziende chimiche: nulla sfugge al gruppo, che collabora con il giornalista Llewellen Farley (Max Gail) e il tenente di polizia Neal Quinn (A. Martinez). Ogni episodio è un piccolo giallo tecnologico, condito da un’ingenuità che oggi ci fa sorridere, ma che all’epoca era pura magia.Perché ci ha conquistato (e perché no)Guardare I Ragazzi del Computer oggi è come aprire una capsula del tempo. La serie cattura perfettamente l’entusiasmo degli anni ’80 per l’informatica, quando un adolescente con un modem e un po’ di BASIC poteva sentirsi un supereroe. La sigla, accompagnata dall’ouverture de La Gazza Ladra di Rossini, è un’esplosione di energia, con immagini di floppy disk che girano e schermi che si illuminano. Gli episodi, pur semplici, sono ricchi di dettagli che fanno brillare gli occhi agli appassionati di retrocomputing: dal Commodore 64 al TRS-80, fino al robot giocattolo Hero 1 della Heathkit, la serie è un catalogo vivente della tecnologia dell’epoca.Eppure, I Ragazzi del Computer non è priva di difetti. Con soli 18 episodi, la serie non ha avuto il tempo di costruirsi un pubblico fedele, anche a causa di una programmazione erratica da parte della CBS, che spostava continuamente gli orari di messa in onda. Come ricorda un fan su IMDb, “ero un tredicenne che cercava disperatamente di guardarlo, ma la CBS lo rendeva impossibile!”. Inoltre, alcune trame soffrono di ingenuità tecniche: l’idea che RALF possa ingrandire una foto oltre la risoluzione dei pixel o risolvere crimini internazionali con pochi clic è adorabilmente anacronistica. Ma è proprio questo mix di ambizione e limiti a rendere la serie un documento storico, un riflesso di un’epoca in cui l’informatica era ancora un sogno a metà tra scienza e fantascienza.I momenti memorabiliTra i momenti più iconici, non si può non citare il crossover con Simon & Simon, una serie poliziesca dell’epoca. Nel terzo episodio, Deadly Access, appare A.J. Simon (Jameson Parker), e i ragazzi ricambiano la visita in un episodio di Simon & Simon intitolato Fly the Alibi Skies. Questo scambio era un trucco tipico degli anni ’80 per attirare spettatori, ma aggiunge un tocco di fascino al mito della serie. Un altro episodio memorabile è Amen to Amen-Re, dove Farley sembra vittima di una maledizione egizia, unendo mistero e un pizzico di soprannaturale che rende la serie imprevedibile.La vera star, però, è RALF. Con il suo sintetizzatore vocale e il braccio robotico che versa bibite, RALF è il precursore di assistenti virtuali come Siri o Alexa, ma con un’anima da anni ’80. È impossibile non sorridere quando Richie gli chiede di analizzare una foto o di hackerare un sistema, come se un Commodore 64 potesse davvero competere con i supercomputer del Pentagono.Un’eredità sottovalutataNonostante la sua breve durata, I Ragazzi del Computer ha avuto un impatto culturale significativo, specialmente in Italia, dove è stata trasmessa su Italia 1 dal 1985 al 1990 (anche se l’episodio 11 rimase inedito). Per molti adolescenti, la serie è stata un’ispirazione per avvicinarsi all’informatica. Un commento su un blog italiano ricorda: “Sull’onda del telefilm mi feci acquistare un adattatore telematico per il mio C64. Che delusione scoprire che non era così semplice diventare un hacker!”. La serie ha contribuito a rendere l’informatica accessibile, trasformando i computer da strumenti per nerd a simboli di avventura e possibilità.Vale la pena recuperarlo?Se sei un nostalgico degli anni ’80, un appassionato di retrocomputing o semplicemente curioso di vedere come il nostro rapporto con la tecnologia veniva immaginato 40 anni fa, I Ragazzi del Computer merita una chance. Non aspettarti la complessità di una serie moderna: le trame sono semplici, i dialoghi a volte ingenui, e la tecnologia datata può strappare una risata. Ma c’è una sincerità in questa serie che cattura il cuore. È il racconto di un’epoca in cui i computer erano sinonimo di speranza, e un gruppo di ragazzi poteva sognare di salvare il mondo con un floppy disk e un po’ di coraggio



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martedì 29 luglio 2025

"Lottery!": Quando la Fortuna Porta Più Problemi che Gioia

 Negli anni '80, un periodo d’oro per le serie TV che celebravano il sogno americano con un pizzico di ottimismo e una spruzzata di dramma, Lottery! (1983-1984) si distinse come una gemma tanto affascinante quanto sottovalutata. Creata da Rick Rosner e trasmessa su ABC per una sola stagione di 17 episodi, questa serie antologica combinava commedia, dramma e un tocco di riflessione sociale, esplorando il sogno universale di vincere alla lotteria e le sue imprevedibili conseguenze. Con protagonisti Ben Murphy nei panni di Patrick Sean Flaherty e Marshall Colt in quelli di Eric Rush, Lottery! non era solo uno show sulla fortuna, ma una lente d’ingrandimento sulle complessità della natura umana quando si scontra con una ricchezza improvvisa.

Una Premessa Semplice, ma Ricca di SfumatureLa trama di Lottery! ruota attorno a una coppia di personaggi fissi: Patrick Sean Flaherty, un rappresentante della fittizia Intersweep Lottery, e Eric Rush, un agente dell’IRS (l’equivalente americano dell’Agenzia delle Entrate). Il loro compito? Rintracciare i vincitori della lotteria, verificare l’autenticità dei biglietti, consegnare un assegno milionario (insieme a una busta con 5.000 dollari in contanti) e, nel caso di Rush, assicurarsi che lo “Zio Sam” riceva la sua parte in tasse. Ogni episodio, ambientato in una diversa città degli Stati Uniti, presenta due o tre storie di vincitori, interpretati da guest star, le cui vite vengono stravolte dall’improvvisa ricchezza. Ma, come recita il disclaimer finale di ogni episodio, “la lotteria Intersweep è puramente fittizia” una precisazione necessaria in un’epoca in cui le lotterie non erano legali in tutti gli stati americani.Quello che rende Lottery! unico non è solo la premessa, vagamente ispirata a serie come The Millionaire (dove un misterioso benefattore regalava somme di denaro a sconosciuti), ma il modo in cui esplora le conseguenze emotive e sociali della vincita. La serie non si limita a celebrare la fortuna, ma si addentra in ciò che accade dopo: invidie, conflitti familiari, dilemmi morali e, spesso, guai inaspettati. Come suggerisce il testo di ispirazione, “i milioni provocano più preoccupazioni che felicità”, e Lottery! costruisce le sue storie su questa tensione, alternando momenti di leggerezza a riflessioni più profonde.I Protagonisti: Un Duo DinamicoPatrick Flaherty, interpretato da Ben Murphy (noto per Alias Smith and Jones), è il cuore pulsante dello show. È un personaggio empatico, un po’ idealista, che si avvicina ai vincitori con entusiasmo, ma anche con la consapevolezza che il suo ruolo non si limita a consegnare un assegno. Spesso si trova a fare da mediatore in dispute chi è il vero proprietario del biglietto vincente? o a offrire supporto quando la vincita scatena caos nelle vite dei fortunati. Murphy porta al personaggio un carisma naturale, rendendo Flaherty una figura che bilancia professionalità e umanità.Eric Rush, interpretato da Marshall Colt, è il contraltare pragmatico. Come agente dell’IRS, il suo compito è garantire che i vincitori adempiano ai loro obblighi fiscali. Ma Rush non è solo un freddo burocrate: spesso si lascia coinvolgere nelle vicende personali dei vincitori, mostrando un lato umano che arricchisce il dinamismo del duo. Colt, con il suo approccio sobrio ma non privo di ironia, rende Rush un personaggio complementare a Flaherty, creando una chimica che tiene insieme le storie disparate di ogni episodio.Perché Lottery! FunzionavaNonostante la sua breve durata, Lottery! aveva un fascino unico, radicato nella sua capacità di raccontare storie universali attraverso il prisma della ricchezza improvvisa. Ogni episodio era un piccolo viaggio nella psiche umana: come reagiresti se diventassi milionario da un giorno all’altro? La serie giocava con questa domanda, mostrando vincitori che spaziavano da umili lavoratori a sognatori incalliti, ognuno con un proprio bagaglio di speranze, paure e difetti. Le guest star, che cambiavano ogni settimana, portavano freschezza e varietà, mentre l’ambientazione itinerante da Chicago a Miami, da New York a Los Angeles dava alla serie un respiro nazionale, quasi a celebrare la diversità dell’America.Il tono di Lottery! era un equilibrio perfetto tra commedia e dramma. Alcuni episodi si concentravano su situazioni esilaranti, come vincitori che perdevano il biglietto o si trovavano in dispute comiche per dividerlo. Altri, invece, esploravano temi più seri: famiglie divise dal denaro, individui sopraffatti dalla pressione della nuova ricchezza o persino criminali che cercavano di approfittarsi dei vincitori. Questo mix di leggerezza e profondità, unito alla struttura antologica, rendeva ogni episodio una sorpresa, capace di catturare l’immaginazione dello spettatore.Un Prodotto del Suo TempoLottery! si inserisce perfettamente nel panorama televisivo degli anni '80, un’epoca in cui serie come Love Boat e Fantasy Island celebravano il sogno di una vita migliore attraverso storie autoconclusive e personaggi larger-than-life. Come nota MYmovies.it, la serie cavalca “il trionfo dell’ottimismo” tipico di quel periodo, ma con un tocco di realismo: la ricchezza non risolve tutto, e spesso porta con nuovi problemi. Questo approccio la rendeva più sofisticata di quanto potrebbe sembrare a prima vista, anticipando in qualche modo serie moderne che esplorano le complessità della ricchezza, come Windfall (2006) o persino certi reality show che seguono vincitori di lotterie reali.Un dettaglio curioso è l’attenzione al realismo nella produzione. Ad esempio, i 5.000 dollari in contanti consegnati ai vincitori erano rappresentati da vere banconote da 1.000 dollari, stampate appositamente dal Bureau of Printing and Engraving, poiché all’epoca non esistevano tagli superiori ai 100 dollari. Questo tocco di autenticità, unito alle scenografie high-tech dell’epoca (con computer e tabelloni elettronici che evocavano un’atmosfera da borsa valori), contribuiva a rendere Lottery! visivamente accattivante per il pubblico degli anni '80.Un Cult Dimenticato?Nonostante il suo potenziale, Lottery! non riuscì a conquistare il pubblico a sufficienza per ottenere una seconda stagione. Forse la sua formula antologica, che non permetteva di sviluppare un arco narrativo continuo per i protagonisti, ne limitò l’appeal in un’epoca in cui le serie serializzate iniziavano a prendere piede. Eppure, come ricorda un fan su IMDb, lo show ha lasciato un’impronta duratura su chi lo guardava, con il suo mix di umorismo, dramma e un concetto universale: il denaro cambia tutto, ma non sempre in meglio.Rivedere Lottery! oggi potrebbe essere un’esperienza nostalgica, ma anche sorprendentemente attuale. In un mondo ossessionato dai sogni di ricchezza facile dai biglietti della lotteria ai crypto-boom la serie ci ricorda che la fortuna è solo l’inizio della storia. Se mai qualcuno volesse rispolverare questo concept per un remake, basterebbe un pizzico di cinismo moderno e una narrazione più serializzata per trasformarlo in un successo contemporaneo. Immaginate Flaherty e Rush che navigano tra influencer, criptovalute e drammi social: il potenziale c’è



A proposito di Casanova di Miklós Szentkuthy (Adelphi)

  Miklós Szentkuthy, saggista, memorialista, romanziere – paragonato a Borges per l’erudizione e a Joyce (ne aveva tradotto l’ Ulisse ) per ...