WASHINGTON – C'è una scena nel "Padrino" in cui si decide il destino delle famiglie non a tavola, ma in una stanza chiusa, tra sussurri e accordi che non vedranno mai la luce del sole. Se la trascrizione della telefonata tra Steve Witkoff e Yuri Ushakov rivelata da Bloomberg è accurata, la politica estera americana è appena entrata in quella stanza. E ha chiuso la porta a chiave, lasciando l'Europa e l'Ucraina fuori nel corridoio.
Non siamo più nel campo della diplomazia tradizionale. Dimenticate i comunicati congiunti e i vertici G7. Quello che emerge dal colloquio del 14 ottobre scorso tra l'inviato speciale di Trump, Steve Witkoff – un magnate del real estate prestato alla geopolitica – e il consigliere di Putin, Ushakov, è il trionfo del "metodo aziendale" applicato alla guerra più sanguinosa d'Europa dal 1945.
Il "Coaching" del Cremlino
Il dettaglio più agghiacciante non è tanto la volontà di trattare, quanto il come. Witkoff non si è limitato a trasmettere un messaggio; ha fatto da coach al Cremlino. "Ditegli che è un uomo di pace", "Fategli i complimenti per l'accordo su Gaza", "Usate quello come punto d'ingresso". In pratica, un inviato americano ha spiegato a un funzionario russo quali tasti psicologici premere per manipolare il Presidente degli Stati Uniti. È la diplomazia ridotta a psicoanalisi transazionale: lusinga l'ego del capo e otterrai il via libera.
Donetsk in Cambio di una Stretta di Mano?
E cosa c'è sul piatto? Secondo i leak, Witkoff avrebbe servito a Mosca la regione di Donetsk su un vassoio d'argento, parlando apertamente di scambi territoriali come se stessimo parlando di air rights su un grattacielo di Manhattan. "So cosa serve per chiudere l'accordo", avrebbe detto. Una frase che fa tremare i polsi a Kyiv. Perché implica che la sovranità ucraina sia diventata una commodity, un asset tossico da liquidare per chiudere il bilancio in attivo e passare al prossimo progetto.
La Solitudine dell'Europa
Mentre Trump liquida tutto come "procedura standard di negoziazione" – la classica mossa del dealmaker che deve vendere il prodotto a entrambe le parti – il silenzio assordante è quello dell'Europa. Se le sorti del Donbass e la sicurezza della NATO vengono decise in una telefonata di cinque minuti tra un costruttore americano e un ex KGB, Bruxelles è non pervenuta. Non è Realpolitik. La Realpolitik, per quanto cinica, ha una visione strategica. Questo sembra piuttosto un "flip" immobiliare: comprare a poco (la pace immediata), ristrutturare la facciata (congratulazioni reciproche) e vendere subito, ignorando che le fondamenta della casa (il diritto internazionale) stanno crollando.
Se Witkoff andrà a Mosca la prossima settimana come previsto, non porterà con sé solo un piano di pace. Porterà la conferma che nel nuovo ordine mondiale, tutto è negoziabile. Anche la libertà di un popolo. E il prezzo, a quanto pare, è molto più basso di quanto pensassimo.
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Per comprendere meglio il contesto di queste proposte e la visione strategica (o la sua assenza) dietro i piani dell'amministrazione Trump per l'Ucraina, questo video offre un'analisi essenziale:
Il video è particolarmente rilevante perché disseziona i punti chiave della strategia di Trump e le implicazioni di un accordo che potrebbe congelare il conflitto alle condizioni del Cremlino, fornendo il background necessario per capire la logica dietro la telefonata Witkoff-Ushakov. (Stefano Donno)

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