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giovedì 27 novembre 2025

Washington brucia, Trump incassa: il sangue sulla Guardia Nazionale è lo spot perfetto per il Presidente - ecco cosa ne penso

Mentre l'America si prepara al tacchino del Ringraziamento, a Washington si serve piombo. Due soldati feriti, un "alleato" afghano col grilletto facile e un Donald Trump che non aspettava altro per dire: "Ve l'avevo detto". La tragedia nella capitale non è solo cronaca nera, è l'atto finale del fallimento di due presidenze.

Non c'è immagine più americana, in questo autunno di tensione e paranoia, del sangue che macchia l'asfalto di Washington D.C. proprio alla vigilia del Thanksgiving. Mentre le famiglie imbandiscono le tavole per ringraziare il Signore, a pochi passi dalla Casa Bianca si spara. E non è il "solito" pazzo solitario a cui la lobby delle armi ha venduto un fucile d'assalto al supermercato. No, questa volta il copione è così perfetto che sembra scritto dallo staff elettorale di Donald Trump.

Due membri della Guardia Nazionale sono a terra, in condizioni critiche. A premere il grilletto è stato Rahmanullah Lakanwal, 29 anni, rifugiato afghano. Uno di quelli che Joe Biden ha fatto salire sugli aerei della speranza nel 2021, mentre Kabul cadeva e l'Occidente si voltava dall'altra parte.

Il regalo di Natale anticipato per The Donald

Siamo onesti: per Donald Trump, questa tragedia è benzina purissima. Da mesi il Presidente (o Presidente-eletto, a seconda di quale battaglia legale stiate seguendo) ha militarizzato la capitale, schierando migliaia di soldati in una "occupazione" che un giudice federale ha persino definito illegale. I democratici gridavano al colpo di stato, i residenti parlavano di stato di polizia. Ma ora? Ora Trump può salire sul pulpito, puntare il dito insanguinato verso i suoi detrattori e urlare il suo "I told you so".

La sua reazione non si è fatta attendere ed è stata, come prevedibile, un misto di furia biblica e calcolo politico. "Un atto di terrore", ha tuonato. E subito dopo, la mannaia: stop immediato a tutte le pratiche di immigrazione per i cittadini afghani. Tutti. Non importa se hai aiutato i Marines a non saltare sulle mine per vent'anni; se vieni da Kabul, per l'America di oggi sei un potenziale terrorista.

L'eredità avvelenata di Biden

Ma se Trump è lo sciacallo che sfrutta la carogna, Biden è colui che ha apparecchiato la tavola. L'attentatore è arrivato con l'operazione Allies Welcome. Il nome, oggi, suona come una beffa atroce. La disastrosa ritirata dall'Afghanistan continua a presentare il conto agli Stati Uniti, non più nelle valli dell'Helmand, ma all'incrocio tra la 17esima e la I Street. L'incapacità dell'amministrazione democratica di gestire i controlli di sicurezza ("vetting", come lo chiamano loro) ha fornito a Trump l'arma perfetta per smantellare quel poco che restava del sistema di accoglienza.

La spirale della paura

Il risultato? Altri 500 soldati inviati a Washington. Una città che dovrebbe essere il simbolo della democrazia è ormai un fortino assediato dai suoi stessi difensori. La narrazione è semplice e terrificante: il nemico è in casa, è stato invitato dai "buonisti" e ora vi vuole uccidere. In questo clima da Far West istituzionalizzato, la verità è la prima vittima. Non importa capire il movente reale di Lakanwal (disperazione? radicalizzazione? follia?); ciò che conta è che lui è il volto del "male" che giustifica il pugno di ferro.

L'America del 2025 non è un Paese per vecchi, e nemmeno per giovani sognatori. È un Paese dove la politica si fa con i blindati in strada e dove ogni tragedia è solo un altro sondaggio elettorale mascherato da lutto nazionale.

Buon Ringraziamento, America. Se riesci a trovare qualcosa per cui ringraziare.

Ecco un video che documenta la controversa militarizzazione di Washington voluta da Trump, contesto fondamentale per comprendere perché quei soldati fossero lì a fare da bersaglio:

LIVE: DC Lawsuit Challenges Trump's National Guard Deployment As A Forced 'Military Occupation'

Il video è rilevante perché mostra le tensioni legali e sociali preesistenti alla sparatoria, spiegando la massiccia e contestata presenza militare nella capitale che ha fatto da sfondo all'attacco. (Stefano Donno)




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