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venerdì 12 dicembre 2025

Il Grande Freddo dei Conti Correnti: Se Mosca presenta il conto (salato) all'Europa - ecco cosa ne penso

 C’era una volta l’inviolabilità della proprietà privata, quel pilastro sacro su cui l’Occidente ha costruito cattedrali finanziarie e imperi bancari. C’era, appunto. Perché a leggere le ultime dispacci da Mosca, sembra che quel pilastro sia stato definitivamente abbattuto a colpi di realpolitik e disperazione contabile.


La notizia di oggi non è tanto che il Cremlino minaccia ritorsioni. Quello è il copione standard di Maria Zakharova, ormai prevedibile come il ritardo dei treni pendolari. La vera notizia, quella che dovrebbe far tremare i polsi non ai generali ma ai governatori delle banche centrali, è la qualità della minaccia. Mosca ha smesso di abbaiare alla luna e ha tirato fuori la calcolatrice.

L’Occidente, nella sua infinita saggezza (o infinita ingenuità, ai posteri l’ardua sentenza), ha deciso che i circa 300 miliardi di dollari di asset russi congelati non debbano solo "dormire" nei forzieri di Euroclear in Belgio, ma debbano lavorare. Per chi? Per Kiev. "Riparazioni di guerra anticipate", le chiamano a Bruxelles con un eufemismo che farebbe impallidire Orwell. "Furto legalizzato", rispondono dal Cremlino.

E qui casca l'asino, e forse anche l’euro. La risposta russa annunciata oggi non è solo militare o diplomatica: è asimmetrica e finanziaria. Mosca ha messo sul piatto la nazionalizzazione forzata degli asset occidentali ancora presenti nella Federazione. Si parla di miliardi di euro di aziende europee che, nonostante le sanzioni, sono rimaste impantanate nel "l'importante è non perdere il mercato". Se noi prendiamo i loro rendimenti, loro si prendono il capitale dei nostri investitori. Uno scambio alla pari? Nemmeno per sogno. È un gioco a somma zero dove a perdere è la credibilità del sistema.

Ma il punto critico che la politica mainstream finge di ignorare è il messaggio che mandiamo al resto del mondo. Cosa penseranno i fondi sovrani sauditi, cinesi o indiani? Che l'Europa è una cassaforte sicura, o che è una trappola per topi dove il tuo denaro è tuo solo finché non diventi politicamente sgradito?

Stiamo giocando a poker con le fiches degli altri. E il problema, quando giochi contro un avversario che non ha più nulla da perdere e che controlla ancora i rubinetti energetici di mezza Asia, è che il bluff prima o poi viene visto. La minaccia di oggi è chiara: se si rompe il tabù degli asset sovrani, saltano le regole del gioco. E in un mondo senza regole finanziarie, l'Europa – povera di materie prime e ricca solo di servizi e regole – rischia di essere il vaso di coccio tra vasi di ferro.

Forse è il caso di chiedersi se per punire lo Zar non ci stiamo tagliando le mani da soli. Perché i russi sopravvivranno mangiando patate e orgoglio nazionalista, come hanno sempre fatto. Ma i nostri mercati, abituati al caviale della stabilità giuridica, potrebbero trovarsi molto presto a dieta.
(Stefano Donno)





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