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mercoledì 26 marzo 2025

Champagne, per brindare a un incontro ...

Riandando con la mente a Champagne e quindi Peppino di Capri, mi sono fermato a pensare a Roberta Stoppa. Non solo la musa di una canzone che ancora in qualche modo canticchiamo, ma una donna che racconta un’Italia che non c’è più. Nata a Torino nel ’41, modella di quelle che negli anni ’60 incarnavano il sogno del boom economico, conosce Peppino a Ischia nel ’59 – lei, diciottenne, balla con William Holden, lui, ventenne, già incantato. Due anni dopo sono marito e moglie, e nel ’63 nasce Roberta, un inno d’amore che sa di vinile e serate sulla spiaggia.
Eppure, la loro storia è lo specchio di un’epoca: passione, crisi, riflettori puntati. Si separano nel ’69, quando lei è incinta di Igor, e poi arriva Giuliana. Roberta, però, resta e rimane in assoluto un simbolo: una ragazza che voleva brillare, che curava l’immagine di lui come una pioniera delle PR, in un’Italia che correva verso il lusso e l’apparenza. Mi colpisce quel dettaglio della fiction – la casa piena di sfarzo, quasi un set cinematografico – perché dice tanto di lei e di quegli anni.
Oggi, a guardarla con gli occhi di un comune mortale del 2025, mi chiedo: quanto di Roberta c’è ancora in noi? Quel bisogno di essere visti, di lasciare un segno, in un mondo che cambia troppo in fretta. Lei, forse, non lo sapeva, ma è stata più di una musa: è stata un riflesso di un Paese che sognava in grande, a volte troppo.
Riandando con la mente a Champagne e quindi Peppino di Capri, mi sono fermato a pensare a Roberta Stoppa. Non solo la musa di una canzone che ancora in qualche modo canticchiamo, ma una donna che racconta un’Italia che non c’è più. Nata a Torino nel ’41, modella di quelle che negli anni ’60 incarnavano il sogno del boom economico, conosce Peppino a Ischia nel ’59 – lei, diciottenne, balla con William Holden, lui, ventenne, già incantato. Due anni dopo sono marito e moglie, e nel ’63 nasce Roberta, un inno d’amore che sa di vinile e serate sulla spiaggia.
Eppure, la loro storia è lo specchio di un’epoca: passione, crisi, riflettori puntati. Si separano nel ’69, quando lei è incinta di Igor, e poi arriva Giuliana. Roberta, però, resta e rimane in assoluto un simbolo: una ragazza che voleva brillare, che curava l’immagine di lui come una pioniera delle PR, in un’Italia che correva verso il lusso e l’apparenza. Mi colpisce quel dettaglio della fiction – la casa piena di sfarzo, quasi un set cinematografico – perché dice tanto di lei e di quegli anni.
Oggi, a guardarla con gli occhi di un comune mortale del 2025, mi chiedo: quanto di Roberta c’è ancora in noi? Quel bisogno di essere visti, di lasciare un segno, in un mondo che cambia troppo in fretta. Lei, forse, non lo sapeva, ma è stata più di una musa: è stata un riflesso di un Paese che sognava in grande, a volte troppo.

Daltanious, il robot del futuro!

 Oggi vi parlo di un gioiellino che forse non tutti ricordano: Daltanious, il robot del futuro! Nato dalla mente creativa di Toei e Nippon Sunrise alla fine degli anni ‘70, questo anime è un mix irresistibile di mecha, spensieratezza e sorprese sci-fi che ti colpiscono quando meno te l’aspetti. Immaginatevi un Combattler V o un General Daimos, ma con un vibe più rilassato… almeno all’inizio!

La prima parte è un viaggio episodico che ti fa affezionare a ogni membro della squadra – da Kento, il classico eroe simpatico e giusto con un twist alieno, al suo inseparabile Dani – mentre la seconda stagione tira fuori una trama profonda e avvincente, con la stirpe di Kento al centro di tutto. Qui si passa dal puro divertimento a temi futuristici che, per l’epoca, erano una ventata d’aria fresca nel genere mecha.
Non fraintendetemi: Daltanious nasce per vendere giocattoli (e chi non voleva quel robottone da piccolo?), ma sa sorprendere con personaggi carismatici e colpi di scena che ti tengono incollato. Le animazioni? Quelle tipiche low-budget anni ‘70, ma con un fascino rétro che scalda il cuore. E vogliamo parlare della sigla italiana? Un cult assoluto, ancora oggi me la canticchio! Il doppiaggio poi è una perla, con voci come Massimo Rossi e Romano Malaspina (che qui fa il cattivo, e lo fa da dio!). (s.d.)

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