La politica, a volte, somiglia più a una scacchiera impazzita che a un gioco di logica. E la mossa che Matteo Salvini starebbe per compiere in Toscana, candidando il generale Roberto Vannacci alla presidenza della Regione, ha tutto il sapore di un all-in spericolato, un ultimo, disperato tentativo di ribaltare un tavolo dove si è già perso troppo. L'indiscrezione, che circola con insistenza nei corridoi del Transatlantico, non è solo una notizia: è una dichiarazione d'intenti. O, forse, di resa.
La Toscana, la "rossa" per antonomasia, la culla di un'identità culturale e politica antitetica a quella incarnata dal Carroccio, diventa il laboratorio di una destra che ha smarrito la sua bussola. Archiviata la parentesi moderata e governista, la Lega sembra voler tornare alle sue origini più incendiarie, scommettendo tutto sulla polarizzazione estrema. E chi meglio di Vannacci, l'uomo che con un libro ha diviso l'Italia, per interpretare questo ruolo?
La scelta è tanto tatticamente astuta quanto strategicamente suicida. Astuta, perché il Generale parla a una pancia del Paese che si sente inascoltata, orfana di certezze e sedotta da parole d'ordine semplici e brutali. È un voto di pura protesta, viscerale, che non cerca un programma ma un simbolo. Vannacci è quel simbolo. Garantisce visibilità mediatica, infiamma il dibattito e compatta un elettorato che altrimenti si disperderebbe nell'astensionismo o verso lidi ancora più a destra.
Ma è una strategia suicida perché trasforma una competizione elettorale in un referendum culturale. In una terra come la Toscana, moderata e storicamente refrattaria agli estremismi, una candidatura così divisiva rischia di produrre l'effetto opposto a quello sperato: compattare il fronte avversario. Il centrosinistra, spesso impantanato in liti correntizie e incapace di trovare una sintesi, riceverebbe in dono il miglior nemico possibile, un "mostro" da sbattere in prima pagina per risvegliare dal torpore anche l'elettore più disilluso.
Viene da chiedersi, allora, quale sia il vero obiettivo di Salvini. Vincere la Toscana? Improbabile. Più verosimilmente, si tratta di una battaglia interna al centrodestra. Con questa mossa, il leader della Lega lancia una sfida diretta a Giorgia Meloni e a Fratelli d'Italia: il monopolio della destra radicale è ancora mio. È un tentativo di recuperare terreno, di dimostrare che la Lega è ancora capace di dettare l'agenda e di interpretare i sentimenti più radicali della società, anche a costo di sacrificare una regione sull'altare della propria sopravvivenza politica.
L'operazione Vannacci, quindi, non parla tanto del futuro della Toscana, quanto del presente travagliato della Lega. È il sintomo di una crisi di identità, la febbre di un partito che, non sapendo più cosa dire al Paese, decide di urlare. Ma in politica, come nella vita, chi urla più forte non è detto che abbia ragione. Anzi, spesso sta solo cercando di nascondere la propria disperata debolezza. (Stefano Donno)





