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mercoledì 5 novembre 2025
martedì 4 novembre 2025
L'Uragano Mamdani sulla Grande Mela: Utopia Socialista o Illusione Post Moderna? - ecco cosa ne penso
Oggi New York non vota solo per un sindaco. Vota per decidere se la più iconica metropoli capitalista del mondo sia pronta a scommettere il proprio futuro su un manifesto socialista. L'epicentro di questo sisma politico, anzi, di questo "uragano" che da mesi sferza l'establishment, ha un nome e un cognome: Zohran Mamdani.
Non commettiamo l'errore di sottovalutarlo. Lo hanno già fatto i dinosauri del Partito Democratico durante le primarie, e si sono ritrovati spazzati via dalla tempesta perfetta di grassroots e social media orchestrata da questo trentaquattrenne di origine ugandese, discepolo di Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez.
Mamdani è un politico generazionale. Ha capito prima e meglio di tutti che il cuore del problema, in una città dove un affitto costa quanto lo stipendio di un operaio, non era la retorica anti-Trump, ma uno slogan molto più diretto: "New York è troppo cara".
Applausi. Analisi impeccabile. Ma è sulle ricette che l'utopia sbatte contro il muro della realtà.
L'agenda di Mamdani – autobus gratis per tutti, asili nido universali, blocco totale degli affitti – suona meravigliosa alle orecchie di una generazione che si sente tradita. È un sogno. Ma i sogni, a differenza dei bilanci comunali, sono gratis. Quando si chiede a Mamdani chi pagherà il conto di questa rivoluzione, la risposta è pronta, affilata come una ghigliottina fiscale: "L'1% più ricco".
Ed è qui che il giornalista professionista deve smettere di applaudire il fenomeno e iniziare a fare domande. Davvero si pensa di finanziare lo stato sociale di una metropoli da otto milioni di abitanti semplicemente tassando (ancora di più) chi ha già un piede fuori dalla porta, pronto a spostare residenza e capitali in Florida o New Jersey? Davvero si crede che le multinazionali che reggono l'economia cittadina resteranno a guardare mentre l'aliquota li equipara ai loro concorrenti, perdendo ogni vantaggio competitivo?
Il programma di Mamdani non è un piano di governo; è un atto di fede.
Ma il problema non è solo fiscale. È politico. Mamdani si è infilato da solo in vicoli ciechi che un politico navigato eviterebbe come la peste. La sua dichiarazione, poi rivelatasi falsa, sulla zia impaurita dopo l'11 Settembre, è stata una gaffe colossale in una città che su quella tragedia ha costruito la sua identità moderna. Una ferita ancora aperta, che l'aspirante sindaco ha grattato con insensibile superficialità ideologica. Le sue posizioni radicali sul Medio Oriente, come la promessa di "arrestare Netanyahu", possono eccitare la sua base, ma alienano l'elettorato moderato e la comunità ebraica, componenti essenziali di New York.
L'uragano, che oggi tocca terra, ha già vinto una battaglia: ha dimostrato che l'establishment è vulnerabile e che una nuova sinistra, giovane, multietnica e arrabbiata, esiste ed è pronta a prendersi tutto.
La domanda, mentre le urne si chiudono, non è se Mamdani vincerà. La domanda è cosa resterà di New York dopo che la tempesta sarà passata. Perché governare non è un video su TikTok. E una volta distrutto l'argine, l'acqua non chiede il permesso prima di inondare tutto (Stefano Donno)
Il silenzio dell'acqua di Antonino Genovese (Frilli)
In una Sicilia nera e sconvolgente, una serie di efferati delitti turba la città di Barcellona Pozzo di Gotto. Prima un rinomato ginecologo cade misteriosamente dal suo attico in centro, poi il nipote del boss della malavita locale viene ucciso sotto la sua abitazione da un sicario esperto. Cosa hanno a che fare gli omicidi con la scomparsa di Kira Smirnov, la giovane donna russa al nono mese di gravidanza, protetta dal centro antiviolenza Demetra, sparita senza lasciare traccia? Una lunga scia di sangue sconvolge la tranquilla e sonnolenta vita di provincia. La psicologa Agata Maltese e Isabella Alessi, un commissario dal passato crudele, avranno a che fare con una delle infamie più atroci. Un’indagine serrata che spingerà Agata Maltese in un abisso da cui dovrà districarsi con tutta se stessa per tornare alla luce del sole.
Antonino Genovese, classe ’84, vive di fronte alle isole Eolie. È Anestesista, Rianimatore e Algologo. È direttore artistico del Milazzo Crime Book Fest. Ha pubblicato: Scirocco e Zagara (Fratelli Frilli Editori 2020), Delitti e Maestrale (Fratelli Frilli Editori 2022), Il Volo della Civetta (Clown Bianco Editore 2023), Sola per me (Delos Digital 2024). Ha partecipato alle antologie di racconti: Mosche contro vento (Morellini 2019), L’Isola delle tenebre (Algra 2020), I luoghi del noir (Fratelli Frilli Editori 2020), Onda Variante (Golem 2020), Giallo Siciliano (Delos 2022), Accura (Mursia 2023). Due suoi racconti sono stati pubblicati su “La Sicilia” nella rassegna Giallo Estate 2023 e 2024. Tra i premi: secondo classificato (2019) al premio letterario “Tutti i sapori del giallo” in collaborazione con Il Giallo Mondadori. Primo classificato al concorso “GialloLuna NeroNotte” con il racconto La morte viaggia in cartolina, pubblicato sul Giallo Mondadori Giallo Oro n.36 di Luglio 2022. Primo classificato (2022) al concorso “GialloLuna NeroNotte” con il romanzo Il volo della civetta. Primo classificato premio “La Città sul ponte” con il romanzo Delitti e Maestrale (Fratelli Frilli Editori)
lunedì 3 novembre 2025
La "Guerriglia" Navale di Trump: In Venezuela la Diplomazia Affonda (e Maduro Resta) - ecco cosa ne penso
Dimenticate i comizi urlati in Florida e le minacce verbali ad uso interno. La pressione dell'amministrazione Trump sul Venezuela di Nicolás Maduro ha superato da tempo la linea della propaganda ed è sfociata in un'azione militare opaca, contestata e, a conti fatti, pericolosamente inefficace.
L'analisi dei fatti, come riportati anche da Il Post, è impietosa. Da mesi assistiamo a "contestati attacchi" statunitensi contro imbarcazioni in partenza dal Venezuela. Il bilancio è drammatico: decine di persone uccise. La giustificazione ufficiale? Narcotraffico. Le prove? Secondo molti esperti, nessuna.
Siamo di fronte a quella che assomiglia pericolosamente a una campagna di esecuzioni extragiudiziali in acque internazionali, mascherata da operazione di sicurezza. Molti giuristi la ritengono semplicemente illegale.
Ma la critica non deve essere solo legale o morale; deve essere, soprattutto, strategica. Qual è l'obiettivo di questa escalation muscolare? Se è il regime change – come Washington non smette di ripetere – la strategia è fallimentare.
L'illusione di poter rovesciare Maduro affondando qualche barca si scontra con una realtà che chiunque conosca il Venezuela ha chiara da anni: la struttura di potere a Caracas è un blocco monolitico. Come emerge dalle analisi, "la maggior parte degli imprenditori, dei politici e dei generali venezuelani è profondamente compromesso con il regime". Non è una struttura che si sgretola con qualche attacco navale. Serve una pressione interna, diplomatica ed economica (quella vera, non quella punitiva sulla popolazione) infinitamente più sofisticata.
Questi attacchi non solo non indeboliscono Maduro, ma lo rafforzano.
Ogni barca colpita è oro colato per la propaganda del regime. Permette a Maduro di stringere i ranghi, di giustificare la repressione interna e di gridare al mondo che l'imperialismo "Yankee" sta attuando una pirateria di stato. Trump, nel tentativo di apparire "forte" – forse anche in altri teatri, come dimostrano le minacce di intervento in Nigeria – sta fornendo al suo avversario la migliore giustificazione possibile per restare al potere.
Fortunatamente, un'invasione di terra su larga scala resta (per ora) "improbabile". Sarebbe un disastro strategico e umanitario. Ma questa guerra sporca a bassa intensità, condotta senza prove e fuori dalla legalità internazionale, è un vicolo cieco.
Non sta rovesciando Maduro. Sta erodendo la credibilità degli Stati Uniti. E sta uccidendo persone. È la politica estera ridotta a esibizione muscolare, priva di strategia, che confonde l'azione con i risultati. E mentre Washington gioca alla guerra navale, a Caracas il regime resta saldamente al timone. (Stefano Donno)
La canaria di Mara Fortuna (Les Flâneurs Edizioni)
Siamo a Napoli, negli anni Sessanta. L'anziana Ida, in stato confusionale, scaraventa in strada ogni oggetto che le capita a tiro. Da quel momento la sorella Gilda è costretta ad assisterla, anche se le due si detestano: il loro legame sororale si è temprato in una vicinanza insostenibile, ma necessaria a entrambe. Durante la notte insonne che trascorrono nello stesso letto, ma dandosi le spalle, le due si immergono nei ricordi del passato. Ida, affascinante e malinconica, ha sempre avuto una bellissima voce e un grande talento compositivo, ma ha dovuto sacrificarli sull'altare della serenità familiare. Gilda, ambiziosa e combattiva, desiderava fare l'attrice, ma i suoi sogni si sono rivelati illusioni. Attraverso la storia di due "sorelle geniali" vissute in un contesto storico in cui nascere donna era difficile e diventare una artista impossibile, Mara Fortuna conferma la sua abilità nell'indagare l'animo femminile
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