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sabato 8 novembre 2025
L'oscuro nemico di Lapo Ferrarese (Autore) Phasar Edizioni, 2025
Anno 2069. Per Daniel Kane, unico responsabile all’interno della stazione spaziale Mars I, primo avamposto umano su Marte, il dovere si esaurisce in apparenza nel monitorare quotidianamente le funzioni operative e vitali della base, raccogliendo e inviando sulla Terra i dati raccolti sul pianeta, individuato come meta di una futura colonia sotterranea. Una monotona e solitaria routine che si infrange una sera nel riverbero del tramonto marziano, quando dalla piattaforma di osservazione, in lontananza, Daniel intravede una figura umana che pare osservarlo. Una presenza che, tuttavia, non può esistere, essendo lui il solo essere umano sul pianeta. E allora, che cosa ha visto Daniel nel chiaroscuro crepuscolare di quel mondo alieno? E perché ha la strana sensazione che quella visione sia legata a un’oscura minaccia che sembra incombere sulla stessa base? Da queste domande inizia a dipanarsi un’intricata tela di ragno che porterà Daniel, gradualmente, a prendere coscienza dell’incredibile responsabilità che grava sulle sue spalle. Ma soprattutto del pericolo che lui e tutta l’umanità stanno correndo contro un nemico subdolo e potenzialmente invincibile
venerdì 7 novembre 2025
La Piazza Svuotata e il Palazzo Ironico: La Scommessa Persa dello Sciopero - ecco cosa ne penso
C'è un copione stanco che si ripete nel teatro della politica italiana, e la proclamazione dello sciopero generale della CGIL per il 12 dicembre ne è l'ultimo atto. Da un lato, Maurizio Landini che sventola la bandiera della "manovra ingiusta e sbagliata". Dall'altro, la premier Meloni che, anziché rispondere sul merito, impugna lo smartphone e affida ai social un'ironia tagliente sulla scelta del giorno: un venerdì.
In mezzo, c'è il Paese reale, quello che fatica ad arrivare a fine mese e che questo scontro, ormai più mediatico che sostanziale, rischia di lasciarlo solo.
Analizziamo i fatti. La CGIL ha ragioni da vendere, almeno sulla carta. Denuncia una legge di bilancio che non affronta l'emergenza numero uno: i salari. Mentre l'inflazione ha eroso il potere d'acquisto e il fiscal drag ha sottratto – secondo i calcoli del sindacato – 25 miliardi in tre anni dalle tasche di lavoratori e pensionati, il Governo risponde con misure insufficienti.
Non è solo Landini a dirlo. Le audizioni parlamentari, da Banca d'Italia all'Istat, hanno dipinto un quadro di crescita zero, se non di recessione tecnica, e hanno sollevato dubbi sulla capacità della manovra di ridurre le disuguaglianze. Anzi, secondo i critici, le accentua. La CGIL rincara la dose: "sei milioni di persone non riescono a curarsi" e le risorse, anziché andare a sanità e scuola, verrebbero dirottate altrove, persino verso il riarmo, come denuncia la sezione toscana del sindacato.
Questa è la piattaforma della protesta: salari, sanità, fisco equo. Temi concreti, che toccano la vita quotidiana.
E la risposta del Governo qual è? Non è un tavolo di crisi, non è una controproposta. È un tweet. "In quale giorno della settimana cadrà il 12 dicembre?", chiede ironica la Premier, alludendo al sospetto che lo sciopero sia solo un pretesto per allungare il weekend.
Questa strategia comunicativa è una lama a doppio taglio. Da un lato, è efficace: delegittima l'avversario, lo dipinge come parte di un'élite sindacale fuori dal tempo, più interessata alla "rivoluzione" da salotto che ai problemi reali, come già detto in passato dalla stessa Premier. Riduce una vertenza nazionale a una lamentela da "privilegiati".
Dall'altro lato, però, questa ironia è uno schiaffo a quella "maggioranza di questo Paese" che Landini cerca disperatamente di rappresentare. È la negazione stessa del problema. È dire, tra le righe, che chi protesta è un fannullone.
In questo scontro frontale, Landini vs. Meloni, entrambi rischiano di perdere. Landini rischia l'irrilevanza se lo sciopero (che, peraltro, non vede l'adesione unitaria di CISL e UIL) dovesse fallire, dimostrando che la cinghia di trasmissione tra sindacato e lavoratori si è rotta.
Ma il Governo rischia di più. Rischia di vincere una battaglia social perdendo il contatto con la realtà economica. L'ironia non accorcia le liste d'attesa e le battute sarcastiche non pagano le bollette. Il 12 dicembre, più che misurare la forza della CGIL, misurerà la profondità della frattura tra le promesse del Palazzo e le difficoltà della Piazza. E se la Piazza si sentirà non solo impoverita, ma anche derisa, l'inverno sociale sarà molto più rigido di quanto il Governo creda di poter gestire con un tweet.
(Stefano Donno)
Delitto in bianco di Valeria Corciolani (Rizzoli)
Tra antiche chiese, palazzi decadenti e santini trafitti, Edna dovrà farsi strada oltre scomode verità e ingiustizie sommerse, in una città che non dimentica - ma che sa perdonare.
giovedì 6 novembre 2025
La guerra dei 200 avvocati: la vera sfida di Mamdani non è Trump, è il suo stesso programma - ecco cosa ne penso
A New York lo scontro non
è più tra destra e sinistra, ma tra retorica e realtà. Il neo-sindaco Zohran
Mamdani prepara un arsenale legale contro la Casa Bianca, ma il vero nemico lo
attende in città: la fattibilità della sua stessa agenda.
New York ha un nuovo
sindaco, e la luna di miele, se mai c'è stata, è durata lo spazio di un
notiziario. Zohran Mamdani, 34enne ex semisconosciuto dell'assemblea statale e
primo sindaco musulmano della Grande Mela, non è un politico tradizionale. È un
attivista che ha conquistato il municipio. E come ogni attivista, ha bisogno di
un antagonista.
L'avversario gliel'ha
servito su un piatto d'argento Donald Trump, con le sue ormai rituali minacce
di tagliare i fondi federali alle città che non si piegano al suo volere. La
risposta di Mamdani è stata da manuale della nuova sinistra americana: teatrale,
diretta e mediatica. "So che ci guardi: alza il volume", ha
proclamato, trasformando un'insidia politica in un'opportunità per mobilitare
la sua base.
Ora, il sindaco annuncia
l'assunzione di 200 avvocati per "combattere l'amministrazione Trump in
tribunale". È una mossa strategica, senza dubbio. È "lawfare",
guerra legale, la risposta simmetrica alla "warfare" retorica del
Presidente. Ma da osservatori esperti, è doveroso chiedersi: stiamo assistendo
a una battaglia di sostanza o a una magnifica opera di teatro politico? La
critica qui non è all'audacia, ma alla messa a fuoco. L'articolo stesso ci
ricorda un dettaglio fondamentale, spesso dimenticato nelle arene urlate dei
social media: il potere di tagliare i fondi, in modo strutturale, non è nelle
mani del Presidente. È nelle mani del Congresso. L'arsenale legale di Mamdani,
quindi, rischia di essere un'imponente corazzata schierata per combattere una
flotta di barche di carta. Questa mossa, per quanto muscolare, serve più a
rassicurare i "lavoratori" e i "sostenitori" che
l'amministrazione comunale non indietreggerà, piuttosto che a prevenire un
taglio che, nei fatti, Trump non ha il potere assoluto di implementare. E qui
arriviamo al vero nodo gordiano. Mentre New York si prepara a una guerra legale
simbolica contro Washington, la vera sfida per Mamdani è molto più prosaica e
infinitamente più complessa: governare. Il neo-sindaco ha vinto promettendo una
rivoluzione dell'accessibilità: congelamento degli affitti, asili e bus gratis,
persino negozi di alimentari comunali per calmierare i prezzi. Queste non sono
schermaglie retoriche; sono promesse che costano miliardi. Promesse che devono
fare i conti con un bilancio cittadino, con la burocrazia, con gli interessi
costituiti e con una realtà economica post-pandemica che ha già messo in
ginocchio le classi meno abbienti. È facile essere l'anti-Trump. È un ruolo
che, politicamente, paga sempre, specialmente a New York. È infinitamente più
difficile essere il sindaco che trova i fondi per gli asili nido gratuiti senza
far collassare le casse della città.
Il rischio, per Mamdani,
è che la lotta contro il nemico esterno diventi una comoda distrazione dalla
trincea quotidiana del governo. I 200 avvocati sono un segnale potente, ma non
pagheranno gli autisti dei bus né costruiranno gli alimentari comunali. La vera
battaglia di Zohran Mamdani non si combatterà nei tribunali federali contro la
Casa Bianca, ma nelle aule del consiglio comunale e nei conti del bilancio
cittadino (Stefano Donno)
Qui tutti mentono di Shari Lapena (Bollati Boringhieri)
Entrato nella classifica dei bestseller del «New York Times» all’uscita, Qui tutti mentono è un thriller coinvolgente, inquietante, capace di alzare la temperatura della suspense domestica a livelli altissimi, per poi regalarci un finale mozzafiato.
«Incomincia con il botto e finisce con un sorprendente colpo di scena. E nel mezzo bugie, intrighi e personaggi molto ben ritratti capaci di cose del tutto inattese.» - The Globe and Mail
«Qui tutti mentono è un libro splendido: carico di tensione, raggelante, ingegnoso si districa tra segreti e manipolazioni, mettendo al centro una terribile domanda: puoi davvero credere alle persone che più ami? Lapena costruisce in maniera magistrale una trama piena di suspense che coinvolge gli ignari abitati di Connaught Street, e nessuna famiglia viene risparmiata. Preparatevi!» - Ashley Audrein
«Ho divorato Qui tutti mentono in meno di dieci ore. Da tempo non leggevo un libro così coinvolgente, inquietante e intelligente. Bellissimo.» - Lisa Jewell
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