Libro finalista del Premio Viareggio-Rèpaci 2023 - Saggistica
Dopo
essere entrato in quella di Dostoevskij, Nori entra in un'altra vita
incredibile , ma questa volta ci rendiamo conto che, nell'avvicinare
Anna a noi come siamo diventati, e noi alla Russia come è diventata, ci
troviamo di fronte a un'urgenza crudele, a una figura che ci guarda, ci
riguarda, e ci tocca più forte dove siamo ancora umane creature.
«Uno sguardo profondo su un sacco di sfaccettature, quello che è il nostro presente, la sua esperienza, la sua sensibilità e la vita di una donna straordinaria.» - Malika Ayane per Maremosso
«E noi, che cosa stiamo diventando? E io, cosa
sono diventato?» si chiede Paolo Nori. E la risposta viene da una
lontananza che in verità brucia distanze e porta con sé, come fosse
turbine di visioni, di fatti, di sentimenti, e naturalmente di poesia,
la vita di Anna Achmatova. «Vogliamo raccontare» dice Nori «la storia di
Anna Achmatova, una poetessa russa nata nei pressi di Odessa nel 1889 e
morta a Mosca nel 1966. Anche se Anna Achmatova voleva essere chiamata
poeta, non poetessa, e non si chiamava, in realtà, Achmatova, si
chiamava Gorenko; quando suo padre, un ufficiale della Marina russa,
seppe che la figlia scriveva delle poesie, le disse "Non mischiare il
nostro cognome con queste faccende disonorevoli". Allora lei, invece di
smettere di scrivere versi, pensò bene di cambiar cognome. E prese il
cognome di una sua antenata da parte di madre, una principessa tartara:
Achmatova.» Anna era una donna forte, una donna che, «con la sola
inclinazione del capo – come ebbe a dire Iosif Brodskij, suo amico e
futuro premio Nobel – ti trasformava in homo sapiens». "Suora e
prostituta" per i critici sovietici, esclusa dall'Unione degli
scrittori, privata degli affetti più cari, diventata, durante la Seconda
guerra mondiale, la voce più popolare della Russia sotto l'assedio
nazista, indi rimessa al bando, sorvegliata, senza mezzi. Ha profuso
ostinazione e fermezza. Ha patito come patiscono le anime che, anche
quando cedono, non cedono. Non ha smesso di scrivere, anche quando la
sua poesia si poteva soltanto passare di bocca in bocca. Ha saputo, alla
fine della sua vita, essere quel che voleva diventare: la più grande
poetessa, anzi, il più grande poeta russo dei suoi tempi. Dopo essere
entrato in quella di Dostoevskij, Nori entra in un'altra vita
incredibile , ma questa volta ci rendiamo conto che, nell'avvicinare
Anna a noi come siamo diventati, e noi alla Russia come è diventata, ci
troviamo di fronte a un'urgenza crudele, a una figura che ci guarda, ci
riguarda, e ci tocca più forte dove siamo ancora umane creature.
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